LIBRI Scrittori d'oggi: A.B. Yeoshua, israeliano Andrea Colombo Andrea Colombosi occupadi letteratura,scrivesu "ilmanifesto". ♦ Come quasi tutta la generazione di scrittori israeliani uscita allo scoperto fra gli anni Sessanta e i Settanta, Abraham B. Yeoshua intreccia impe~no letterario e attività sagg1stico-politica. È stato uno dei principali oppositori della linea dura del Likud sin da prima dell'invasione del Libano e poi, dall'inizio dell'Intifada, tra i più attivi nel denunciare l'inutile repressione nei territori occupati. Tuttavia, al contrario dei suoi colleghi, l'autore del Signor Mani e di Un divorzio tardivo, uscito questo nell'81 ma tradotto solo ora in italiano, è una figura assai roco amata dai gruppi pacifisti e di sinistra della diaspora. Non c'è da stupirsene, visto che lo scrittore per primo si definisce "il nemico della diaspora" e che buona parte della sua attività saggistica è dedicata proprio ad attaccare l'esistenza stessa delle comunità ebraiche al di fuori di Israele. La permanenza di una diaspora, infatti, è per lo scrittore uno dei principali elementi a cui addebitare la "anormalità" dello stato di Israele e l'impossibilità di risolvere la sua fondamentale ambiguità identitaria. Si assiste così al singolare fenomeno di un autore apprezzato per le sue opere e per l'impegno civile, ma avversato con egual forza per l'impianto teorico che sostiene sia le posizioni politiche che, a guardar bene, la produzione letteraria. Su Yeoshua e sugli altri scrittori israeliani contemporanei grava la responsabilità di trasformare la lingua ebraica, resuscitata dalle precedenti generazioni, in effettivo strumento connettivo per un paese che, almeno come nazione, è privo di radici unitarie. Che la creazione di una ARTE EPARTE lingua prof ria, in sé, si traduca solo ne possesso, necessario ma non sufficiente, di uno strumento, è certo. Adoperare quello strumento, usare la lingua per costruire non una letteratura nazionale ma un intero tessuto culturale che sappia dare al giovane paese fondamenta solide è il compito dell'onda di autori israeliani inaugurata negli anni Settanta dal precocemente scomparso Yaakov Shabtai, l'autore di Inventario (Theoria 1994), il vero fondatore della letteratura israeliana. Fra tutti, nessuno è tanto lucidamente cosciente della missione, della sua difficoltà e della sua urgenza, quanto Yeoshua, nato nel 1936 a Gerusalemme da una famiglia in Palestina già da cinque generazioni. E nessuno si è misurato altrettanto decisamente con ~li ostacoli quasi insuperabili che riposano alle radici stesse dello stato d'Israele, nell'enigma antico dell'identità ebraica. Israele non è solo un paese adolescente posto di fronte alla necessità di costruire a tappe forzate una cultura nazionale, in un territorio altrimenti vergine. Al contrario, deve la sua stessa esistenza alla presenza di radici tra le più solide e longeve, quelle dell_acultura ebraica, che tuttavia non possono identificarsi tout court con lo stato nazionale ebraico, pena la sua perenne indefinizione, la sopravvivenza di una minacciosa ambiguità tra stato laico e confessionale, e in definitiva una costituitiva "normalità" nella quale Yeoshua identifica il presagio di future catastrofi. Derivano di qui le due correnti intrecciate della sua produzione. La denuncia delle ambigu~tà non solo di Israele ma dell'intero ebraismo e in particolare della diaspora nei due volumi di saggi Elogio della normalità (1980) e Il muro e il monte (1989), il primo dei quali tradotto in italiano nel '91 da Giuntina. Il tentativo prima di tracciare una cartografia sociale e morale del paese, poi di individuarne una specifica genealogia, nei racconti e nei romanzi. In T talia questi ultimi sono stati tutti pubblicati da Einaudi: L'amante (1990), Cinque stagioni (1993), Il signor Mani (1994), Un divorzio tardivo (1996). Non ancora tradotto, invece, il romanzo di esordio All'inizio dell'estate, uscito in Israele nel '71. Due raccolte di racconti, I!&oeta continua a tacere e Di ronte al bosco, sono state e ice da Giuntina. Racconti e interviste sono apparsi sin dai suoi primi numeri su "Linea d'ombra". Mar Mani, l'ultimo romanzo pubblicato da Yeoshua, il più maturo e ambizioso, si pone in diretta continuità con i saggi teorici e non maschera l'intenzione di offrire una risposta agli interrogativi impliciti nei romanzi precedenti, soprattutto L 'amante e Un divorzio tardivo. Con le sue cinque storie a ritroso nel tempo, partendo dall'Israele del 1982 per arrivare alla Atene del 1848 - non a caso l'anno della grande esplosione dei nazionalismi in Europa - Yeoshua non ricostruisce solo la genealogia di una famiglia ebrea, i Mani, ma riscrive la vicenda stessa della diaspora facendone storia non più dell'esilio ma del ritorno. Un lungo ritorno la cui stella polare è nei secoli Gerusalemme e che va inteso prima di tutto come storia del risveglio di una identità sor.ita. Ebrei che non sanno più di essere ebrei, ebrei che cercano altri ebrei, non nelle sinagoghe della città santa ma nelle moschee e nelle chiese, fra i discendenti dei convertiti che sono anch'essi ebrei ma senza saperlo, ebrei che sostengono di poter cancellare la loro identità semplicemente "smettendo di essere ebrei". L'intero caleidoscopio di paradossi ed enigmi posto da un'identità situata al punto di snodo tra confessione, etnia e quasi una sorta di libera adesione, tanto che sino a un certo punto persino per la "legge del ritorno" israeliana, quella che conferisce automaticamente la cittadinanza a qualsiasi ebreo la richieda, è stata valida la formula per cui si considerava ebreo chiunque si dichiarasse tale.
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