La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

di potere gerarchico contrario alla creazione o al mantenimento di autonomi legami di solidarietà tra le persone 11 • Così come la solidarietà, valore umano autentico, è stata disconosciuta nella scienza economica di ambedue i sistemi, capitalista e socialista, entrambi basati su rapporti sociali gerarchici, allo stesso modo anche noi ci siamo lasciati disgraziatamente ipnotizzare da una scienza economica che appoggia lo sfruttamento invece di fondare la nostra scienza economica sui valori autentici del nostro popolo. Il comportamento umano è guidato sia dal principio dell'interesse personale sia dal principio della solidarietà nei confronti, per così dire, dei "vicini sociali" - famiglie, gruppi simili, comunità, ecc. Questa solidarietà non è solo un mezzo per distribuire le risorse ma è essa stessa una risorsa che "aumenta" il patrimonio complessivo della comunità sia mettendo le capacità individuali - talento, idee - al servizio della collettività, sia stimolando sinergicamente il suo potenziale creativo. Se i gruppi popolari mostrano di possedere questo principio, allora spetta alla scienza economica ridefinirsi per riconoscerlo e servirlo. È evidente, inoltre, che la solidarietà può essere stimolata e rafforzata da politiche e azioni adeguate. Il rapporto tra interesse personale e solidarietà è dialettico, i due elementi si combinano in un'unità conflittuale, un'unità che in un certo contesto storico può mostrare più un lato anziché l'altro, e le politiche e le azioni possono e devono mirare a costruire una giusta sintesi sana tra entrambe le componenti (ciò è valido anche per i rapporti interetnici e intercomunitari). Nell'evoluzione culturale autoctona del popolo una simile sintesi è osservabile nel tessuto di reciproco sostegno caratteristico degli stili di vita tradizionali. La scienza economica capitalista e socialista ha negato e tentato di distruggere questa sintesi appoggiando la causa, rispettivamente, dell'avidità personale e del collettivismo burocratico. La scienza economica come studio della gestione delle risorse scarse ha il ruolo potenziale di sostegno alle aspirazioni umane, ma la sua pretesa di poter prescindere dal comportamento culturalmente determinato l'ha resa estranea agli sforzi popolari per lo sviluppo autentico. A questo proposito la scienza economica deve conoscere quali siano i principi di cui si serve il popolo per la gestione delle risorse scarse - in particolare quando si mobilita per affermare il proprio patrimonio di valori e prende iniziative collettive per promuoverli come parte integrante del proJ?rio concetto di sviluf po - e quali implicaziom abbia tutto ciò per i concetto stesso di risorse e per una stima delle stesse a disposizione della società. Infine, una scienza economica che chiede alle persone di abbandonare la propria autostima e mettersi in fila insieme agli altri "poveri" non ha certamente come scopo quello di aiutare le persone ma di dominarle. Come i tepitani, i popoli (e le nazioni) devono essere orgogliosi non poveri, devono considerarsi esseri umani che affrontano delle sfide, altrimenti non ci sarà mai sviluppo. Di conseguenza la scienza economica rilevante deve essere quella dell'orgoglio (creatività), non quella della povertà (consumo). Nel mio intervento alla Società Asiatica ho messo a confronto la visione creativa dello sviluppo con la visione consumistica. I due corrispondenti tipi di scienza economica sono radicalmente diversi. Secondo la visione creativa il calcolo dell'ottimizzazione sociale non consisterà nella massimizzazione del flusso temporale dei consumi ma della manodopera creativamente impiegata, ossia la "manodopera non aJienata" della filosofia marxiana, un concetto largamente abusato dal socialismo burocratico. Anche il concetto di occupazione varierà di conseguenza: per servire le strutture gerarchiche l'occupazione reprime la creatività e quindi viene ridotta al minimo. Risparmio e investimenti (in termini concreti costruire un attrezzo o una diga) non saranno considerati una limitazione del "consumo", ma una maniera positiva di incanalare la creatività con una realizzazione o una soddisfazione immediata in se stessa e di aprire traguardi per la creatività futura. Questa realizzazione è l'estremo atto di consumo, un altro concetto da rivedere. Costruire questa scienza economica della creatività, implicita in tante iniziative popolari per l'auto-sviluppo collettivo, è la sfida per gli economisti se vo$liono che la loro professione sia al servizio dei popoli e non delle strutture che li dominano. Conclusioni: il ruolo dello stato L'anno scorso a Dacca alcuni colleghi mi chiesero quali fossero le macroconseguenze di questa teoria, ossia il ruolo dello stato in questo paradigma. Risposi che avrebbero dovuto costituire un "gruppo di studio" e interagire su questa questione con forze popolari. A conclusione di questo intervento vorrei dire alcune cose su questa questione. La macchina dello stato si basa su strutture che hanno un enorme potere sul popolo, un potere che inevitabilmente attrae tentativi di impossessarsene o di controllarlo in un modo o nell'altro per pro·,nuovere interessi particolari. Ecco la lezione centrale delle sperimentazioni di governo sociale condotte in questo secolo utilizzando lo strumento degli stati nazionali: hanno sempre sminuito la capacità di autogoverno della gente e hanno sempre imposto strutture sociali - capitalistiche, "miste", socialiste - che hanno servito per lo più gli interessi di minoranze nella società. Si credeva che il "controllo" della società dall'alto potesse essere almeno una "garanzia per le generazioni future". Purtroppo gran parte dei governi non offrono granché alle generazioni future: una massiccia distruzione ambientale per soddisfare l'avidità presente, un'ipoteca sul futuro delle società ridotte alla mercé dei creditori stranieri, gravi disagi sociali e un ra~gelante senso di insicurezza fra i nostri figli riguardo il futuro. Il ruolo dello stato, quindi, deve essere ridefinito se il fine è quello di l?romuovere e coordinare le iniziative popolari e non di dominare il popolo. Tuttavia, il mio suggerimento è di non anteporre troppa teoria alla pratica, perché altrimenti, come nel caso della democrazia e del socialismo, la teoria risulterebbe troppo astratta e finirebbe per essere usata dalle forze di segno contrario come stratagemma per continuare a imporre il proJ?rio dominio. Attualmente la funzione delle scienze sociali è di lavorare con i movimenti popolari, di aiutarli ad esprimere il proprio punto di vista sociale e a tal fine di metterli in contatto l'un l'altro per creare dei terreni di confronto più ampi. La teoria politica, e una teoria su come bisogna procedere per ottenere la forma di goillJ..QJ:!.J.

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