La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

successivamente, "decenni di sviluppo" a livello planetario come speranza perpetua di benessere economico. Risultato: i vantaggi economici di questo sviluppo non hanno nemmeno sfiorato la maggior parte della popolazione di molti di questi paesi che hanno avuto il privilegio di chiamarsi "in via di sviluppo". Ma il problema fondamentale messo a fuoco dal seminario di Cartigny è "l'ostacoloall'evoluzione di alternative localiperché le societàpossanoautoesprimersieperseguireun progressoautentico". La maggior parte della popolazione venne classificata "povera" e quindi oggetto di compassione, interventi paternalistici e assistenziali. Molte di queste persone sotto la luce accecante delle attenzioni paternalistiche che veniva puntata su di loro, hanno interiorizzato questa immagine negativa di se stessi: sentendosi "inferiori" hanno cercato di farsi "sviluppare" da coloro che ritenevano "superiori", rinunciando ai propri valori, cultura e al proprio patrimonio d1 sapere e saggezza. Altri vi sono stati obbligati proprio dalla pura forza delle iniziative dello "sviluppo" che hanno contribuito esse stesse a concentrare potere, privilegi e ricchezze nelle mani di pochi che hanno avuto l'abilità di sottomettere e sfruttare le masse. Iniziative queste che spesso hanno sradicato grandi masse di popolazione dalla loro vita tradizionale per farli divenire cittadini di "seconda classe" in ambienti a loro estranei. In tale modo queste popolazioni hanno subito non solo un impoverimento materiale ma anche la perdita della propria identità e della capacità di svilupparsi in forme autonome e conforme alla loro cultura e potenzialità: uno stato di più profonda deprivazione umana che come economisti non eravamo preparati a riconoscere. Mi trovai decisamente d'accordo con questa critica allo sviluppo, ma rimasi colpito dall'accanimento con cui si criticava la nozione stessa di sviluppo. Si affermava che il concetto di sviluppo è un "oppio dei popoli" che legittima l'esercizio del potere da parte delle strutture dominanti, crea uno stato di dipendenza dei popoli e delle società da tali strutture e distrugge le condizioni indigene in cui il popolo potrebbe evolversi in modo naturale (con il termine "popolo" mi riferisco a quegli strati della popolazione che non possiedono uno status economico o sociale secondo gli standard delle strutture dominanti, quelli che Adam Smith definiva i lavoratori e "altri strati inferiori della popolazione"). Premesso ciò, io sostenni che si dovesse avere il diritto di esprimere e affermare il nostro concetto del termi~ ne "sviluppo". Io affermai che trovavo la parola "sviluppo" una forma molto efficace per esprimere la nozione di un progresso sociale inteso come affermazione della creatività popolare. Perché dovremmo smettere di usare termini efficaci solo perché vengono usati male? Che cosa dovremmo fare rispetto a parole come democrazia, cooperazione, socialismo che vengono tutte usate impropriamente? La discussione non raggiunse una conclusione. Tuttavia mi servì per capire che, almeno in alcune società, le forze a favore del popolo non considerano di avere il diritto di usare la parola "sviluppo" secondo le proprie finalità anche attraverso una sua ridefinizione. Forse questo non accade sempre e ovunque, ed è noto che esistono autentici movimenti popolari che usano questo termine nel significato che loro gli attribuiscono, come motivo ispiratore delle loro iniziative e delle loro battaglie. La sfida che viene lanciata a noi studiosi di scienze sociali è duplice: arrivare a comprendere e definire cosa può significare lo sviluppo per chi non ha perso il proprio senso d'identità e si esprime attraverso sforzi collettivi spontanei, e capire come tale senso di identità e di espressione collettiva possano essere recuperati da coloro che li hanno persi. In altre parole dovremmo formulare un paradigma di sviluppo alternativo nel quale l'evoluzione della vita del popolo non venga distorta e sfruttata da iniziative di "sviluppo" paternalistiche e principi estranei a quella società, ma possa invece essere stimolata e sostenuta per il raggiungimento della sua massima autoespressione che solo in questo modo può rendere una società fiera di se stessa. Iniziative popolari Nel novembre 1980, seguendo il programma di un'agenzia per lo sviluppo rurale, feci visita a molte organizzazioni di braccianti nel distretto di Sarai! (Bangladesh). Ogni volta che incontro organizzazioni del genere, nel Bangladesh o da qualsiasi altra parte, imparo molto. In particolare, in quell'occasione fu decisamente incoraggiante verificare le modalità di sviluppo che alcune di queste organizzazioni di classi economicamente disagiate hanno intrapreso. Innanzitutto le organizzazioni dei braccianti di Sarai! gestiscono dei programmi collettivi di risparmio-credito e i migliori di essi non hanno niente da invidiare a iniziative simili in altri paesi. In questi prosrammi si dà la priorità all'attivazione delle nsorse interne, piuttosto che al credito esterno. Il credito esterno viene concesso solo a fronte di un pari contributo proveniente dal fondo di risparmio dei gruppi base. I termini del rimborso vengono fissati in base al genere di attività per cui è richiesto il prestito e, a differenza di altri programmi di credito per i poveri nel paese, qui non esistono pregiudizi nei confronti di progetti che prevedono una restituzione a lunga scadenza, poiché il pasamento del rimborso inizia subito. Ogni richiesta di credito è sottoscritta da due membri dell'organizzazione che si impegnano a controllare le modalità di utilizzo del credito, le condizioni finanziarie generali del debitore e a informare l'organizzazione di qualsiasi imprevisto che possa causare dei ritardi nel pagamento. Il sruppo discute di tali evenienze con il beneficiario del prestito nel corso di incontri settimanali e lo aiuta cercando di risolvere le difficoltà, a volte concedendo una proroga al termine di pagamento se il problema è reale. Le operazioni di credito, quindi, vengono condotte secondo un approccio sociologico,umano e autoeducativo, diversamente dall'approccio di un istituto di credito con norme e procedure rigide e insensibili alle particolari esigenze degli individui. La supervisione interna, inoltre, riduce le spese di gestione. Tutto ciò, insieme a un record dei rimborsi che negli ultimi anni si è avvicinato al 99 per cento, è un chiaro esempio della capacità di autogestione dellapopolazione. Un altro aspetto sorprendente è che molte di queste organizzazioni si assumono la responsabilità dell'assistenza non solo dei propri membri, ma di tutti i "poveri" che vivono nei loro villaggi. I casi di particolari difficoltà finanziarie da parte di famiglie disagiate, apparJ.JillSJ1:il.

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