re le sfide dei cambiamenti in atto. In poche parole, è necessario iniziare a pensare seriamente a una società radicalmente diversa nel contesto di un'economia mondiale sempre più automatizzata. In passato, quando le nuove tecnologie portarono ad un notevole incremento della produzione, i lavoratori degli Stati Uniti volevano beneficiare dell'incremento di produttività, si univano in organizzazioni sindacali per chiedere la riduzione dell'orario di lavoro, l'aumento del salario e delle indennità. Oggi, invece di ridurre l'orario di lavoro, le imprese riducono la forza lavoro. Le nuove tecnologie dell'Era dell'Informazione, che portano ad un risparmio del lavoro, dovrebbero portare a liberare il nostro tempo e non al lavoro sottopagato e alla crescente sottoccupazione. Gli imprenditori sostengono, com'è ovvio, che la riduzione dell'orario di lavoro e la redistribuzione dell'incremento di produttività ai lavoratori risulterebbe troppo onerosa e minerebbe la competitività dell'impresa sia nel mercato interno che all'estero. Ciò non è necessariamente vero, poiché società come la Hewlett-Packard in Francia e la Bmw in Germania hanno ridotto l'orario di lavoro settimanale da trentasette a trentuno ore, continuando a pagare gli operai come prima. In cambio, gli operai hanno accettato di lavorare in turni. L'industria ha calcolato che utilizzando i nuovi impianti ad alta tecnologia per tutto l'arco delle 24 ore, potevano raddoppiare o triplicare la produzione e quindi permettersi di pagare gli operai di più per lavorare di meno. In Francia il governo sta considerando la possibilità di un'abolizione delle imposte per gli imprenditori che attuano un programma di riduzione dell'orario di lavoro nella gestione dell'impresa. Gli economisti sostengono che quello che lo Stato perde nell'entrata delle imposte, rientrerebbe in un'altra maniera. La riduzione dell'orario di lavoro, infatti, porterebbe ad una maggior occupazione e quindi ad una riduzione della spesa per l'indennità di disoccupazione. Inoltre vi sarebbero più lavoratori che comprano beni di consumo e che pagano le tasse, tutto ciò andrebbe a vantaggio dell'impresa, dell'economia e dello Stato. Negli Stati Uniti, il governo federale dovrebbe prendere in considerazione l'applicazione di agevolazioni fiscali alle imprese che vogliano realizzare tre cose: un programma di riduzione dell'orario di lavoro; l'attuazione di un piano di redistribuzione degli utili affinché i dipendenti traggano vantaggio dagli incrementi di produttività; la creazione di una formula di compensazione per cui i dividendi deg_liimprendito~i e qu~lli degli_ azioni_s~i non siano sproporzionati rispetto ai benefiél concessi al resto della forza lavoro dell'impresa. Con tale incentivo gli imprenditori sarebbero più propensi a compiere questo passo, specialmente se ciò costituisse un elemento di vantaggio rispetto alla concorrenza. Vi sono due fattori determinanti che spingono verso una trasformazione del rapporto tra imprenditori e forza l~voro negli Stati Uniti. Mentre la riduzione della manodopera nel processo di produzione spesso si traduce in un profitto a breve termine per la singola impresa, per i lavoratori significa una riduzione del loro potere d'acquisto. Il numero sempre maggiore di lavoratori precari, assunti con contratti a termine, a part-time o per prestazioni saltuarie, determina una diminuzione del reddito e quindi una riduzione del potere d'acquisto. Persino i lavoratori con un impiego fisso assistono ad una contrazione del loro salario. La ristrutturazione delle imprese, la disoccupazitrne tecnologica e il calo dei guadagni si ripercuotono nel ristagno delle giacenze e nel rallentamento della crescita economica, che a sua volta generano una nuova spirale di ristrutturazione, disoccupazione tecnologica e tagli ai salari, alimentando ulteriormente l'impulso negativo nei consumi. Con l'avvento dell'Era dell'Informazione, un altro tallone d'Achille per gli imprenditori - di cui si parla poco - è l'effetto sull'accumulazione del capitale quando un gran numero di lavoratori viene assunto con contratti temporanei, a part-time o addirittura licenziati in blocco. L'impresa evita di pagare i contributi - in particolare il fondo pensioni. Sta di fatto che i fondi pensioni, attualmente stimati più di cinquemila miliardi di dollari solo negli Stati Uniti, da più di quarant'anni costituiscono un fondo di risparmio obbligatorio con il quale vengono finanziati gli investimenti. Nel 1992, il fondo pensioni ammontava al 74% dei risparmi individuali al netto, più di un terzo del totale delle azioni societarie e quasi il 40% delle obbligazioni. Il patrimonio delle pensioni supera quello delle banche commerciali e costituisce quasi un terzo del totale dei patrimoni finanziari del sistema economico degli Stati Uniti. Nel 1993 vi furono nuovi investimenti dei fondi pensioni tra i mille e i mille e cinquecento miliardi di dollari. Se le imprese continuano a marginalizzare la propria forza lavoro, estromettendo un gran numero di dipendenti, si arriverà ad un lento crollo del sistema capitalistico a causa riduzione dei fondi pensioni necessari per i nuovi investimenti. La perdita costante di f otere d'acquisto e la riduzione del capitale de fondo pens10ni dei lavoratori potranno avere sulla salute dell'economia a lungo termine ripercussioni ben più gravi del tanto sbandierato problema del debito nazionale o del deficit di bilancio. D'altronde, è difficile che dirigenti, per quanto "illuminati", prendano in considerazione questi segnali d'allarme senza che vi sia una pressione sia interna che esterna all'impresa. La settimana di trenta ore dovrebbe diventare una parola d'ordine per milioni di lavoratori statunitensi. La riduz10ne dell'orario di lavoro e una migliore retribuzione costituivano, nel secolo scorso, i parametri di riferimento per misurare il successo dell'Era Industriale. Non possiamo pensare di ottenere di meno dall'Era dell'Informazione per il secolo a venire. Anche con la riduzione dell'orario di lavoro, gli Stati Uniti, così come qualsiasi altro paese, dovranno comunque porsi il problema di trovare forme alternative di lavoro per i milioni di persone non più necessarie per la produzione di beni e di servizi a causa della sempre maggiore automazione dell'economia di mercato. Finora, per risolvere crisi economiche, ci si è rivolti quasi esclusivamente al mercato e allo Stato. Oggi, con un'economia di mercato che non è più in grado di garantire posti di lavoro stabili e con uno Stato che sta perdendo il suo ruolo tradizionale di datore di lavoro, la società civile potrebbe risultare la migliore speranza per l'assorbimento di milioni di disoccupati. I politici tendono a dividere gli Stati Uniti RICCHIE POVERI
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==