vo diverso e più ambizioso. Quando vaneggia sul "comunismo" o sulla terza fase, Bihr ha soltanto l'ingenuità di dire molto apertamente quello che Revelli, lngrao, Rossanda (sul "manifesto"), Burgio, Bellofiore, Mazzetti (sull"'Indice") più astutamente lasciano intuire. Il passag$io per il "fuori mercato" ha senso solo se garantirà uno strappo più audace e un salto più lungo. Fuori dal capitalismo. Fuori da questa (sporca) faccenda in cui siamo invischiati. Cerchiamo di capirci. Non amo il capitalismo. Il capitalismo è ingiusto e noioso. Trovo semplicemente inutile e sbagliata questa propensione mentale a valutare tutto in termini di Storia; questa abitudine a comprimere sempre dentro le linee di tendenza di una dinamica (o di una guerra di posizione) "a lieto fine", le infinite esperienze marginali, gli sforzi (ambigui) di immaginazione, i contromodelli di socialità che si sprigionano da quella strana parte della società che vede nel volontariato, nella costruzione di esperienze (anche economiche) davvero "alternative", in un impegno oscuro e poco gratificante, un'occasione decisiva per fare cose nuove, diverse e più giuste. Ecco: fare "cose diverse". Non basta, dicono i nostri critici della società. Non può bastare. La severa dialettica, la logica ferrea e accuminata, il realismo di questi sacrestani della rivoluzione non tollerano il moralismo, il volontarismo, l'improvvisazione. La sanno lunga. Bellofiore puntualizza che il terzo settore è "indirettamente funzionale all'accumulazione capitalistica"; Bihr teme che possa trasformarsi nel possibile puntello di un "compromesso neosocialdemocratico"; Burgio esorcizza l'anarchia; Revelli continua a ripetere la litania delle "due destre". Non deve stupire. Ognuno ha le ossessioni che si merita. L'unico pensiero dei nemici del Pensiero Unico naturalmente è il corso della storia; il suo senso, la sua direzione. Dove va il mondo; dove dovrebbe andare? A cosa serve quello che facciamo? Anche stavolta - temo - la morale è ovvia. La filosofia della storia è il peccato originale degli "intellettuali di sinistra". Possiamo guardare il mondo in un altro modo? Ormai parecchi anni fa Paul Goodman raccomandava alle persone di sinistra, ai movimenti, ai libertari mteressati al cambiamento, ai critici della società di non farsi incantare dalla medusa del futuro e li invitava a restare sempre nel presente: per "aggiungere valore nelle facende quotidiane", per inventare se possibile gualcosa di nuovo. Credo che la sinistra, oggi, in questa fase di perplessità, di aspettative, di ragionevoli preoccupazioni, potrebbe trarre un buon insegnamento da quella lezione. Nessuno sa do~e andrà la storia. Poco male. Con pragmatismo, con intransigenza, con curiosità forse varrebbe comunque la pena di valorizzare, le esperienze, le iniziative, la fantasia, la vitalità di un "settore" della società che senza cercare mai di scalare il cielo prova lo stesso ad agire e a pensare e a vivere meglio. Con la "segreta convizione" - con la speranza - che qualcosa possa cambiare davvero. Prima o poi. ♦ RICCHIEPOVERI
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