La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

persone portatrici di handicap, non costituiscono solamente una dimostrazione visibile delle grandi potenzialità che questo ordine sociale nega e reprime, ma, nel trentennale di questo movimento, possiamo ben dire che esso ha influito non poco sui valori e comportamenti dei cittadini, sulla legislazione a vari livelli, sull'insieme della società italiana nel suo complesso. Le comunità di Capodarco, pur sperimentando percorsi autonomi e restando fortemente radicati alla loro matrice iniziale, non hanno cercato la fuga dal mondo, l'isola felice su cui dimenticare le ingiustizie e non farsi contaminare dal male, ma hanno fortemente agito, lottato, e pressato sul legislatore quanto sull'opinione pubblica perché cambiassero le condizioni di vita di tutti gli svantaggiati, deboli, discriminati. Ed il livello internazionale oggi raggiunto, la capacità di proiettarsi al di là dei confini nazionali, di promuovere progetti di solidarietà internazionale, è consequenziale ad una scelta politica alta che non si racchiude nell'autogratificazione, che corre, fino in fondo, i rischi dell'apertura all'esterno. Giudicare le attività produttive, le imprese sociali che sono nate da queste comunità con la sola lente dell'analisi costi-benefici, competitività/ efficacia, vuol dire, a nostro avviso, fare una classica operazione ideologica riduzionistica, che non cerca di capire, ma di catalogare, al'interno di un universo controllabile. Un'altra esperienza, questa volta europea, che ci sembra metta seriamente in discussione gli approcci tradizionali alle organizzazioni non-profit che sono collegate al circuito dell'Efta 8 . Si chiamano botte$he del terzo mondo: vi lavorano centinaia d1 rersone, coinvolgono migliaia di volontari e riescono a fatturare complessivamente oltre 1000 miliardi di lire. Un dato fantastico e si pensa che una gran parte di questo fatturato riguarda prodotti dove le multinazionali fanno il bello ed il cattivo tempo, settori per i quali si ritiene che il meccanismo del mercato sia l'unico che possa garantire una razionale ricompensa dei fattori produttivi. Il movimento del "commercio equo" sembra smentire proprio questa impostazione (che vorrebbe relegare il non-profit ai servizi sociali!) in quanto dimostra come sia possibile offrire ai produttori del sud del mondo un prezzo "equo", che garantisca la dignità della persona, nettamente superiore ai razionali prezzi di mercato che uccidono, per miseria e fame, milioni di lavoratori in tutto il mondo. Ma, la forza e la grande valenza del movimento del "commercio equo" è quella di aver tentato, nell'ultimo decennio, di regolare dal basso alcuni segmenti del mercato mondiale arrivando a offrire ad alcune grandi imprese un marchio di fair trade come contraccambio di reali e verificabii cambiamenti nel modo di produrre, nel rispetto dei diritti di lavoratori e nella salvaguardia ambientale. È una esperienza che sta crescendo anche ad altri livelli, e che purtroppo non possiamo qui approfondire, che ci insegna una cosa importante: nell'era della crisi verticale dello Stato, della sua capacità di regolazione economica e sociale è inutile piangere sui bei tempi che furono (quando il welfare funzionava, per altro solo per il nord ricco ed affluente), ma invece è fondamentale inventarsi quelle forme che, nel\' era del mercato globale, possano contrattare nuove regole del gioco economico, nuove garanzie sociali che nascono, appunto, dal basso, da piccole esperienze che riuscendo a collegarsi tra loro diventano una forza incredibile che può veramente cambiare il mondo e renderlo più vivibile. Note 1 Per una panoramica del terzo Settore negli U.s.a. vedi G.P. Barbetta, Il terzo settore negli Stati Uniti, in Bassanini e Ranci (a cura di), Non fer profitto, Fondazione A.Olivetti, Roma 1990. Su piano terorico la più importante raccolta di saggi è quella curata da S.Rose-Ackerman, The economics of Nonprofit Institutions. Studies in Structure and Policy, Oxford Univ. Press 1986. 2 È questa la conclusione a cui arriva, con un'articolata ricerca sulle esperienze fatte in Africa, A. Fowler, Non-governamental Organizations in Africa: Achieving Comparative Advantage in Relief and Micro-development, Ids Discussion Paper, 249, N.Y. 1988.Per un'analisi più approfindita sul ruolo delle Ong di sviluppo, vedi T. Perna, su questa stessa rivista, N. 2, marzo 1995. 3 Per questo tipo di approccio nel nostro paese vedi i contributi raccolti nell'antologia curata da C.BOrzaga, G. Fiorentini e A.Matacena, Non-profit e sistemi di Welfare, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1996. 4 cfr. J.Rifkin, The end of Work, trad.it., La fine del lavoro, Baldini & Castoldi 1995. 5 ibid., p. 394 6 ibid., p. 395 7 È sempre importante ribadire il concetto, caro a Polanyi, che il mercato è un'istituzione sociale e non un dato di natura, come il vento o la pioggia. Di K. Polanyi vedi fra l'altro La grande trasformazione e La sussistenza dell'uomo, entrambi pubblicati nelle ed. Einaudi. 8 Sulla presenza delle associazioni collegate all'EFTA e sulla sua strategia vedi il n. di maggio 1995 Fair Trade in Europe, Utrecht, Olanda. Per informazione e maggiore approfondimenti rivolgersi alla CTM di Bolzano che cura per l'Italia la distribuzione dei prodotti del 'commercio equo e solidale'. Su questa ed altre organizzazioni del commercio equo, vedi Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Lettera ad un consumatore del nord, EMI, Bologna 1995. ♦ RICCHI E POVERI

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