La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

dovrebbe pensare solo a coprire i buchi che un sistema economico basato sulla competizione totale provoca nella società, ma porsi come organizzazione globale, ispirata dal basso, diversa dalle altre, con proprie strutture regole aziende, banche, commerci, dirigenti. Gli esempi che giungono dagli Stati Uniti, a questo proposito, sono indicativi. Secondo alcune stime dell'Università di Milano il non profit in Italia vale un giro d'affari di 27.000 miliardi e mobilita circa 700.000 persone. Sono cifre importanti se considerate nell'ambito complessivo del volontariato, dell'assistenza, delle aziende senza scopo di lucro. Sono, invece, una goccia nel mare se paragonate all'intero sistema economico nazionale. Eppure esiste per il terzo settore un'enorme potenzialità d1 crescita e si prospetta, nel medio lungo periodo, la possibilità di assumere una rilevanza sociale, economica e, perché no?, anche politica-istituzionale di assoluta importanza. Anche se non si possono realizzare grandi salti in avanti, in un periodo limitato, potrebbe essere opportuno studiare e impegnarsi su alcune proposte di aiuto e di sviluppo del terzo settore. Perché se è vero che questo è un campo di attività non a fini di lucro, è altrettanto vero che la disponibilità di capitali, strutture, servizi è indispensabile per progredire. Gli operatori del non profit hanno già espresso e argomentato in molte occasioni le priorità e gli obiettivi da perseguire. Si possono sottolinea- /. .•, .. re, tuttavia, due punti capaci di dare una grossa mano al settore. Il primo aspetto riguarda la richiesta da avanzare al nuovo governo di una politica fiscale non penalizzante, e se possibile con qualche incentivo, del non profit. Se il ministro Tremonti, del governo Berlusconi, aveva garantito la detassazione degli utili reinvestiti alle imprese normali, è forse possibile sperare che un esecutivo di centro-sinistra possa garantire una neutralità fiscale e qualche utile incentivo senza danni per l'erario, per imprese sociali, non a fini di lucro. Il secondo punto è più ambizioso. Nel nostro paese esistono già delle grandi e ricche istituzioni non profit: sono le Fondazioni che controllano le banche pubbliche. Tali fondazioni hanno un patrimonio stimato in 50.000 miliardi di lire, che cresce anno dopo anno. Perché non mobilitare questo patrimonio per creare nuove occasioni di imprenditorialità giovanile, di occupazione, di cooperazione? Perché non liberare queste importanti risorse per chiari fini sociali, mentre oggi sono vincolate, spesso inutilizzate o destinate a scof i almeno discutibili? Sarebbe davvero un be passo avanti. ♦ I . .. , ···.· ., , ,, . .. ..· ,, ' ,_,\,·, ~I' . ;.;,, . ,. ,' r . ·:r-/.•' ,J ,.. ·,. RICCI/IEPOVERI ?. .-:~ ....... ~ .... ,., ..... "".'T"~w.,.,.,,· ~- ,\ \ -· /, ~ ,

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