La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

meno schizofrenica la quotidianità nelle società avanzate (chi ha troppo tempo e chi non ne ha affatto). Su questo insiste Lunghini: non si tratta di ridurre l'orario per aumentare la popolazione attiva impiegata nella produzione di merci, ma di liberare tempo e impiegarlo in quelli che chiama i lavori concreti. Non redistribuzione del "monte ore lavorabili" a disposizione quindi ma redistribuzione, in termini di qualità della vita, dei profitti accumulati grazie all'aumento della produttività che le tecnologie hanno permesso.In un'ottica simile, alcuni limiti della società contemporanea potrebbero rivelarsi come pregi in un mondo che opera un salto di paradigma verso una nuova concezione della realtà che lo circonda. L'abitudine dei giovani dell'Occidente a lavori part-time, irregolari, il ritardo sempre maggiore con cui questi si inseriscono nel mercato del lavoro, genera sia depressione e marginalità, a causa di una idea della vita per tappe determinate che conclude la prima fase con l'accoppiata matrimonio-impiego fisso ancora diffusa, ma aspettative, bisogni, concezione del tempo e delle sue fasi che non trovano ancora una risposta. La liberazione del tempo permette quindi a una nuova domanda di svilupparsi e a una nuova offerta di crescere. A questo punto è inevitabile la domanda: quale terzo settore? Tutti gli spazi che si stanno aprendo, il probabile sviluppo futuro di questa particolare forma di economia mista, presentano difficoltà giuridiche non da poco. Essere beneficiari di crediti, incentivi fiscali, finanziamenti a fondo perduto, o quant'altro fa gola a ciascun imprenditore, così come vedersi riconosciuto un ruolo pubblico è strumento di legittimazione per molte organizzazioni. Ecco che non basta pensare a strumenti lesislativi atti a incentivare lo sviluppo delle attività dell'economia sociale ma anche riuscire a delimitare il campo e selezionare gli attori sociali. Se pensiamo ad esempio alle ronde notturne di quartiere, ai 'guardian angels', ai circoli di cacciatori con bar annesso, le riconosciamo come organizzazioni che non hanno come fine ultimo quello del profitto, ma questo non significa che la funzione culturale e sociale di questo tipo di aggregazioni, come delle fondazioni Agnelli o Berlusconi, sia davvero uno stimolo. Si pensi che negli Stati Uniti sette persone su dieci sono membri di una qualche milizia di contea, chiesa, setta o associazione per il tacchi no del ringraziamento, tutte realtà che, quando hanno un ruolo, alimentano la segmentazione come disgregazione, l'individualismo del gruppuscolo. La questione di quale terzo settore resta quindi in gran parte irrisolta: quale rapporto con il mercato e in che mercato ci si colloca. Le differenze che esistono all'interno di chi si definisce terzo settore e di chi ne fa parte senza saperlo rendono molto difficile circoscriverne i limiti. Non solo, a diversi modi di relazionarsi con mercato e istituzioni che le imprese non-profit hanno, corrispondono sbocchi diversi di riorganizzazione del mercato. Se, come accennato, il terzo settore diverrà uno in più tra i partner dello Stato, ritaglierà il suo spazio, otterrà le sue leggi e avrà i suoi parlamentari, questo diventerà semplicemente un gruppo di eressione in più, una lobby di "inclusi" che s1 aggiunge alle altre, non strumento di trasformazione di un'organizzazione RICCNIE POVERI dell'economia poco libera ed escludente. Questo significherebbe, parliamo dell'Italia e anche dell'Europa, negare l'ispirazione originaria di una miriade di realtà che nascono e sono nate in questi anni. Le organizzazioni pacifiste che mandano gli aiuti nei paesi in guerra, quelle per il commercio equo e solidale, i centri sociali, i gruppi di ecologisti, le cooperative sociali ecc. non nascono con lo scopo di codeterminare, partono da un'analisi della realtà, ne prendono atto e si impegnano per modificarla dal basso. Il discorso non mi pare essere diverso nemmeno per quel che riguarda la gran parte del mondo cattolico attivo nel terzo settore. Le dame di carità sono altro da quello che ispira una comunità di recupero che non incatena al letto i suoi ospiti. A tutte queste domande verrà data una risposta con la ricerca e con lo sviluppo per tentativi delle attività del terzo settore, non prima. Rar,porti con le istituzioni, capacità di imporre il riconoscimento del propno ruolo, evitare che un'apertura di credito si trasformi nell'abbandono da parte del pubblico di funzioni essenziali; queste alcune delle battaglie che si pongono al terzo settore (o alla parte di esso che sente di doverle combattere). Oltre a queste tutte quelle relative alle attività svolte dai soggetti che operano al suo interno. Diritti, tutela dell'ambiente, sviluppo e coope-, razione, pace, promozione e produzione culturale, sono il territorio di un'attività che potrebbe contribuire a portare dei segmenti del1' economia e della società ai confini dell'economia di mercato e a incentivare un'idea diversa dei rapporti sociali esistenti. L'ordine mondiale si muove nella direzione tutt'affatto opposta, quella di negare la possibilità di andare verso un'organizzazione societaria più equa e sostenibile dal punto di vista ambientale. La questione centrale che si pone al terzo settore è proprio quella di avere la capacità di individuare il nesso che c'è tra la proeria esistenza dal punto di vista della produz10ne di occupazione e reddito e la necessità di incentivare la partecipazione in favore di una società mondiale più democratica e meno diseguale. La scelta di ritagliare il proprio spazio, svolgere e fa crescere la propria attività, senza stabilire questo nesso significherebbe abdicare alla propria specificità e trasformarsi in un soggetto economico paragonabile agli altri. Cni svolge attività d1cool?erazione allo sviluppo, chi combatte quotidianamente contro le pastoie burocratiche del sistema nazionale, chi vede diminuire l'attenzione e i finanziamenti alla cultura e l'impegno per la protezione dell'ambiente non può pensare che queste siano tutte questioni slegate tra loro, dovrebbe impegnarsi perché, con il riconoscimento del terzo settore come fattore determinante dal punto di vista economico e occupazionale vengano riconosciuti i valori dei quali questo si fa portatore. ♦

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==