La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

sa. Le cool?erative sociali che svolgono mansioni di assistenza sono invece formate da persone che quel lavoro scelgono di fare, che si aggiornano su nuove tecniche, che riescono ad instaurare un rapporto con l'assistito. La motivazione, la capacità e la voglia di comunicare sono importanti almeno tanto quanto preparare del cibo o far fare ginnastica. Delle istituzioni che svolgessero un attento monitoraggio e controllo sulla qualità dei servizi appaltati, ma si tenessero fuori dalla gestione diretta di questi, otterrebbero insieme un miglioramento della qualità dell'assistenza e la riduzione dei costi che vanno cercando cancellando diritti. La società che cambia, i tempi che si modificano, il ruolo attivo che le donne vanno assumendo e altro ancora, fanno inoltre presagire la necessità di sviluppare forme di welfare che a tutt'oggi non sono sentite come necessarie. Esempi banali di servizi da approntare o potenziare, ~ià abbondantemente esistenti in molti l?aesi europei, sono quelli delle attività pomeridiane per i bambini o l'offerta di asili nido. Altrimenti le discussioni sull'estinzione degli italiani e lo sgomento per l'assenza di figli nella culla del cattolicesimo resteranno chiacchiere inutili. Il grande pericolo che sta dietro allo sviluppo del terzo settore in chiave assistenziale è la progressiva scomparsa dello Stato come garante di alcuni diritti. Non si tratta di far fare ai volontari il lavoro che non fanno gli infermieri, né di incentivare l'utilizzo di cooperative sociali perché queste costano meno e i loro associati sono disposti a un più alto grado di autosfruttamento pur di tenere in piedi la propria impresa. Questo sarebbe in contraddizione con tutto ciò che si è detto fino a questo punto su una società nella quale tutti dovremmo lavorare meno e dedicarci di più ad attività diverse. Altri pericoli vengono dalla possibile precarizzazione dei lavoratori del RICCHI E POVERI terzo settore, o da appalti dalla breve durata e condizioni di lavoro che magari necessitano di investimenti non ammortizzabili in poco tempo, o ancora dagli scandalosi ritardi con cui le istituzioni tendono a pagare ciò che devono. Per continuare sul terreno dei rischi possiamo citare quello di un mancato intervento statale per quel che riguarda il controllo dei servizi e l'erosazione di fondi. Si conoscono troppi casi di cliniche convenzionate o case di cura per lungodegenti private ma mantenute con soldi pubblici che non garantiscono affatto ciò per cui lo Stato le finanzia per stare totalmente tranquilli in questo senso. Il terzo settore è già ad un bivio: diventare elemento costituente di un sistema globale lontano dai bisogni sociali o rendersi, assieme ad altri soggetti, motore e traino del cambiamento. Affrontiamo adesso il tema dell'organizzazione e della produzione culturale, che mostra una domanda potenziale davvero variegata a cui le grandi imprese mondiali non sanno dare una risposta, rendendolo terreno possibile di attività per imprese non-profit . Di fronte a bisogni culturali che si vanno differenziando e che aumentano quantitativamente (più tempo a disposizione), la capacità di offrire un servizio culturale di massa adeguato è bassissima; molti sono i segnali che ci indicano come iniziative che si collocano sul terreno della proposta culturale originale, spesso autofinanziata o promossa in relazione con le amministrazioni locali, stiano conquistando un ascolto molto più vasto di quello che ci si potrebbe aspettare se ci si basasse sulla quantità di soldi (non energie e tempo) investiti, sullo spazio dedicato a questi eventi sui mass-media o sulla quantità di promozione fatta. Rasse~ne di film impossibili da vedere nelle sale dei magnati della distribuzione o associazioni culturali che hanno ormai una programmazione quotidiana, concerti, spettacoli

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