La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 15 - maggio 1996

sabilità individuale. In realtà lo scoutismo si è evoluto negli anni liberandosi dei suoi caratteri più antiquati o addirittura militar-coloniali proprio grazie al prevalere della pratica, del fare, dell'educazione sperimentata a diretto contatto con i giovani, sulla teoria pedagogica che, fin dal libro di Baden-Powell Scoutismo per ragazzi (1908), altro non era che il risultato di un'esperienza concreta, vissuta in prima persona da un uomo che aveva una particolare inclinazione per l'educazione dei giovani. Tuttavia con questo porre troppo l'accento sullo svecchiamento - innegabile - del metodo e delle pratiche pedagogiche dello scoutismo si corre il rischio di trascurare il fascino di un linguaggio e di un sistema di valori che, proprio perché insoliti e antiguati, assumono per i giovani la forza della novità e della scelta controcorrente. Ciò che subito, di primo acchito, identifica uno scout - che sia un lupetto di otto anni o un vecchio e navigato capo - è il senso di appartenenza. Del resto, fin dal primo in~resso nell'associazione, funziona una serie di nti e di P.ratiche simboliche che sottolineano proprio 11 significato del diventare scout. Chi aderisce a un gruppo, dopo un periodo di "rodaggio", si impegna ufficialmente e solennemente recitando una promessa: "Con l'aiuto di Dio prometto sul mio onore di fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso il _mio Pa~se, per ai':1ta_reil mio prossimo m ogm circostanza e per osservare la legge scout". Già in queste frasi che, insieme alla consegna del fazzolettone, segnano l'investitura dello scout, sono _presenti alcune parole considerate oggi impronunciabili e improponibili soprattutto negli ambienti giovanili: "onore", "dovere", "Dio", "Paese" inteso come nazione (ma sostituito in alcuni gruppi con "umanità"), "legge". Quest'ultima è costituita da un decalogo che, in linea con l'austera solennità della "promessa", più che prescrivere questo o quel comportamento pone l'accento sulla capacità di rispondere a un modello umano di altruismo, operosità e umiltà nel riconoscere l'autorità dell'educatore. Ecco il testo che ogni scout dovrebbe conoscere a memoria: La guida e lo scout: 1) pongono il loro onore nel meritare fiducia; 2) sono leali; 3) si rendono utili e aiutano gli altri; 4) sono amici di tutti e fratelli di ogni altra guida e scout; 5) sono cortesi; 6) amano e rispettano la natura; 7) sanno obbedire; 8) sorridono e cantano anche nelle difficoltà; 9) sono laboriosi ed ec~m~mi; 10) sono puri di parole, pensieri ed az1on1. Saper ubbidire a, saper meritare la fiducia di, essere leali: la Legge pone il ragazzo in una condizione di rispetto nei confronti dell'autorevolezza dei "capi", punti di riferimento e talvolta vere figure carismatiche capaci di esercitare sul gruppo di cui sono alla guida una notevole influenza. Accanto ai capi ci sono i "fratelli" scout, con i quali si condividono tempo libero, amicizie, discorsi, valori, scelte e, non ultimi, il saluto e l'uniforme che rendono lo scout immediatamente identificabile. Sembrerebbe il ritratto di un gruppo tenuto insieme dal conformismo e dall'autoritarismo. Nei casi peggiori, quelli in cui il metodo di Baden-Powell mostra tutti i suoi limiti, forse può anche accadere qualcosa di simile, ma di solito avviene piuttosto un processo inverso: tutto il corredo simbolico che accompagna lo scout dall'inizio alla fine del percorso educativo crea, proprio g~azie_aun _forte sens? di appartenenza, quegli anticorpi necessan per compiere scelte autonome dalla famiglia, dagli amici di scuola o di discoteca. Il gruppo scout diventa un'autorità alternativa, un luogo dove si propongono valori e stili di vita diversi, attraverso un linguaggio sconosciuto al di fuori e un modo di trascorrere il tempo libero considerato dai più addirittura ridicolo. Vecchio contenitore, nuovi contenuti Chi er:tra in un gruppo scout intraprende - seppure rnconsapevolmente - un percorso educativo che dovrebbe farlo approdare non ad un arrivo ma alla "partenza", quel solenne momento in cui il ragazzo lascia l'associazione per "guidare da solo la propria canoa", ovvero, traducendo il linguaggio avventuroso dello SUOLE DI VENTO

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