La piccola borghesia arricchita figlia di plebe, è certamente orribile, ma è stata vista da molta commedia e opinione in modi spessorazzisti e molto classisti, con una supponenza che non rifletteva sul grado di complicità o di separatezza di chi giudicava e sulle fortissime responsabilità in quella storia e in questo degrado della cultura di sinistra. Ho sentito sempre molto disagio nel vedere come veniva in genere rappresentato il mondo popolare nel nostro cinema italiano, che negli ultimi anni ha voluto mostrarlo solo nel suo degrado, nei suoi casi estremi, quasi un ultimo grado della civiltà. Mentre spariva l'Italia comune; normale, nel bene e nel male. Pensa al modo in cui un film come La classe operaia va in paradiso si accaniva nel prendere per il sedere il modo di parlare e di vestire, il modo di arredare la casa degli operai che diceva di amare. In La bella vita abbiamo voluto mostrare operai che sono essere umani di cui ci interessa la dignità. Come se si trattasse del Principe di Homburg ... Al nostro cassintegrato facciamo patire pene d'amore che non ha parole per esprimere. Sente solo una specie di grande sgomento, e però c'è un estrema dignità nel suo dolore. E la scenografia ce la siamo portata da casa, è letteralmente la casa di mia madre. Un mondo che critico, verso il quale nutro pietà e anche affetto ... Per i Mazzalupi - la tribù destrorsa di Ferie d'agosto - la spinta non era di granARTE E PARTE de empatia: questo mondo mi fa orrore, ma alla fine soprattutto mi immalinconisce ... Pietà ne hai fin troppa per tutti, anche se poi il film ha le sue vittime, di per sé non simpatiche né belle: il ragazzo nero e la figlia brutta dei Mazzalupi. Sono loro gli sconfitti, quelli con meno difese. Ma la scena del film che mi è sembrata più rivelatrice è quella della notte di San Lorenzo, con i primi piani dei vari membri delle due tribù, mescolati, e la voce fuori campo dei loro desideri: una insoddisfazione generale, un disturbo generale dei ruoli, una infelicità di tutti, una frustrazione collettiva nonostante tutto ... Però tecnicamente non mi è parsa una grande scena. Doveva essere il clou del film e non riescead esserlo... Là mi sono imbattuto con la difficoltà o impossibilità di fare in Italia gli effetti speciali. Un disastro. Però l'infelicità è generale, essa si esprime un modi diversi. Da una parte c'è una grande scontentezza, più che -infelicità, nel mondo di consumatori di libri e giornali è una scontentezza molto verbalizzata, e le questioni riguardano problemi come l'affermazione personale all'interno del gruppo, eccetera. Dall'altra c'è invece un dolore senza nome, una difficoltà a verbalizzare il proprio dolore. Non hanno le parole, loro, mentre gli altri ne hanno troppe ... Il loro dolore è meno elaborato e forse più disperato. Da una parte ci sono dei nevrotici scontenti e dall'altra degli infelici disperati. Li accomuna un magone indeterminato, un senso di indeterminatezza. La differenza tra questo film e le commedie di una volta è che forse qui c'è qualcosa di più misterioso e di più innominabile. La disperazione del cassain te grato Nardelli non è per la moglie che gli fa le corna, è per la domanda "che senso ha la mia vita?". La tua scelta registica è di rivolgerti a un pubblico più popolare che intellettuale ... In Italia c'è una forte divaricazione tra cultura alta e cultura bassa, e quella alta, con i suoi guardiani e predicatori, lascia vuoto il territorio della cultura bassa, riempito solo dalla spazzatura. Ai miei amici di infanzia delle Sorgenti resta solo il karaoke, resta solo Castagna. La "cultura bassa" in Italia è stata abbandonata alla Fininvest e alla fiction di Raidue. I ragazzi delle periferie che hanno "Mortai combat" come modello sono lasciati da soli, nella loro palude. Correrò allora il rischio di fare qualche pasticcio, ma voglio anche provare nella mia "carriera", a occuparmi di questo buco ... Tu hai a'vuto da ridire sul titolo del film, ma io ho voluto coscientemente allettare un certo pubblico, attirarlo per mostrargli un film che potesse anche metterlo in imbarazzo, così come dovrebbe mettere in imbarazzo lo sf ettatore di un altro ceto. I mio sogno sarebbe di riuscire a raccontare cose che lo riguardano al pubblico che si è ritirato in casa dietro le telenovelas, e se esce è solo per vedere le schifezze natalizie. Dove nasce questa propensione per un cinema popolare? Non sono di formazione cinefila. Da ragazzino il cinema mi interessava solo come comunemente interessa un giovane spettatore italiano, senza pensieri intellettuali. Ai tempi dell'università ai cineclub di Pisa o Livorno vedevo le grandi retrospettive, ma senza quella passione che avevo invece per il romanzo, per esempio, in particolare, per certo romanzo italiano. Per di più apprezzavo autori che non erano certò sulla cresta dell'onda; nel periodo in cui andavano Bernhard o Cortazar i pilastri erano per
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