do miracolosamente a contenersi e a non scadere nel kitch, anche laddove la tentazione e il rischio sembrano implacabili, a parte qualche trascurabile eccezione, Bertolucci ha l'aria di fare un po' più sul serio e di aver capito molte cose: come già ne La tragedia di un uomo ridicolo, l'autore di Io ballo da sola si defila dai massimi sistemi ma pur fingendo di raccontare in tono minore e poco pretenzioso una parabola di rniziazione sessuale di una diciannovenne, riesce ad essere concreto, misurato e preciso nell'individuare i suoi veri bersagli e a identificarsi prudentemente in un gruppo misto, di intellettuali e artisti in prevalenza anglofoni. Ha deciso di prendersi una vacanza in Italia, in campagna, da buon turista americano naturalizzato, e ha scelto di appartarsi in un invidia bile toscana rurale, ma senza la pretesa, per lui socialmente e politicamente inutile, di condividere e rappresentare l'epopea contadina, come sciaguratamente fece in Novecento. E, siccome parliamo di una vacanza da quella sopravvalutata "vacanza" che costituisce almeno l'ottanta per cento di tutta la sua filmografia, Io ballo da sola, anziché un prevedibile inno al disimpegno, risulta una parentesi di sana riflessione generazionale e anche un disinvolto compendio della situazione complessiva italiana. ♦ CINEMA La tribù di sinistra e la tribù di destra, in ferie, ad agosto PaoloVirzì a curadi Goffredo Fofi Chi è FrancescoBruni, che ha scritto con te la sceneggiatura di Ferie d'agosto? È il mio amico del liceo di Livorno, abbiamo cominciato la nostra "avventura artistica" insieme facendo teatro con una piccola compagnia amatoriale, una cosa scritta da me e diretta da lui. Avevamo in comune la passione dei narratori e drammaturghi inglesi e americani, che puzzavano più di vita dei nostri, per esempio Mamet, che ci piaceva moltissimo. Arrivai a Roma prima di lui, a fare il Centro sperimentale di cinematografia, mentre lui, più bravo ragazzo, si laureava. Lui era un ragazzo dell' Ardenza e io delle Sorgenti, e a Livorno Sorgenti significava quartieri operai e Ardenza villini della borghesia. Poi mi ha seguito e adesso lavoriamo insieme, ma scrive anche cose da solo, per esempio La seconda volta. Nel cinema toscano ci sono molti "doppi": due Veronesi, uno bravo uno no, due Benvenuti, uno bravo e uno no, perfino due Benigni, il primo bravo e il secondo no.... Spesso si precipita, nella cultura toscana di osgi, in un tipo di volgarità forse più profondo che in qualsiasi altra regione... È la regione che ha dato grossi nomi al fascismo, ma anche al comunismo ... C'è un tipo di toscanità antipatica, quella del compiacimento della propria paraculaggine, che ha efettivamente dato vita ad alcuni tremendi fenomeni com1c1. ... ma c'è anche una vena unj}o' crepuscolare che spesso ria Tiora.... ... una vena malinconicoimpressi o nis tica, da macchiaoli tristi ... Volevo azzardare un paragone tra il tuo film e l'ultimo romanzo di Sandro Veronesi, perché entrambi sono "commedie all'italiana", ma risentite e morali, prive di quel compiacimento che la commedia all'italiana ci offre da decenni, ribadito anche da film "di sinistra". Un dosaggio di crudeltà e di pietà vi distingue e vi accosta, mi pare, te e Veronesi. Forse perché siamo più dialettici, e dei personaggi vediamo anche la faccia nera, negativa .... Io e Veronesi siamo molti amici .... Siete disposti a mettere in discussione anche la sinistra, siete un po' "post-sinistra", e non avete il compiacimento di chi crede che la ragione sia sempre dalla sua parte ... A me della sinistra non piacciono certamente i piccoli guardiani del "politically correct", non mi piacciono i rivoluzionari da salotto, le isole alla Capalbio. Si può provare anche pietà per loro, ma così come la si prova anche per i piccoli bottegai innamorati del mio film. Dal tuo film mi pare che si rivavi un moto di simpatia maggiore, mi pare, per Fantastichini che per Orlando ... Questa è una novità. In qualche maniera l'ironia più o meno affettuosa verso le piccole e grandi stupidaggini di questa nostra misera élite culturale sono state già praticate, non so quanto bene o male, mentre non si è provato a mettere il naso dentro questa misteriosa sofferenza che c'è dentro persone dal corpo esuberante felice animalesco e dall'anima intirizzita. _Ho l'impressi~rne di essermi avventurato 111 un terreno misterioso e nuovo, ma senza affatto modificare il mio giudizio che resta di orrore, e rifiutando ogni identificazione. Lo sforzo è quello di entrare in quei personaggi con una sorta di empatia dolente. ARTEE PARTE
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