La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 15 - maggio 1996

so all'infinito. Benché i modelli originali (Lucy e, prima di lei, sua madre) possano talvolta contaminare profondamente la sua vita, e invocarne un'autentica paternità, ben più impegnativa di quella che lo lega, narcisisticamente, alle sue o.pere, questi restano segreti rnconfessabili infatti la poetessa ha affidato al suo diario l'episodio del concepimento della figlia adoperando un linguaggio cifrato ed elusivo, così come la stessa Lucy acconsente a mantenere il riserbo assoluto sulla sua scoperta, anche perché legata a un'esigenza del tutto personale e intima. Senza rispolverare i tormentoni psicanalitici de La srategia del ragno e di La luna, Bertolucci fa in modo che la conoscenza del vero padre per Lucy serva soltanto a far chiarezza sulla propria identità e a chiudere la partita col passato, ma non _peripotecare il futuro; cresciuta, con ogni probabilità da sola, sviluppando una coscienza scritta di sé ancora frammentaria (come dimostrano le annotazioni sparse depositate a margine di pagine ogni volta strappate e gettate via), Lucy nutre invece una chiara visione "negativa", o comunque una sorta di diffidenza, verso la cultura della generazione dei padri e delle madri, cioè verso le sopravvivenze anacronistiche di quella "liberazione sessuale" che non ha reso felici gli ex contestatori ed è ormai appannaggio di individui prossimi alla morte (lo scrittore), incanagliti, aridi e solitari (lo scultore), amareggiati e carichi di rimorsi ("Già, devo essere stata giovane anch'io!", dice la padrona di casa). Il protratto rifiuto sessuale di Lucy nei confronti di partner inaffidab{li, siano essi il coetaneo Niccolò o lo yuppie sempre incollato al suo cellulare si riflette anche nell'imbarazzo-fastidio verso l'esibizione delle nudità (in particolare dei genitali maschili), sintomi tutti, non già di un rapporto disinvolto col corpo bensì di un esplicito restringimento e del riassorbimento della sessualità nell'ambito mercificato della pornogi:afia. Della perversione patologica e della volgarità fine a se stessa. Ed è sintomatico che l'individuo più "pornografico", vuoi a livello verbale che fisico, sia proprio lo yuppie in carriera che stravede per un seno scoperto di ARTEEPARTE Lucy, si scopre le parti basse di proposito, usa l'alibi della poesia o le tecniche dell' Actor's Studio (tout-court, almeno per lui l'arte) per concupire la ragazza. Ed è sempre questo rappresentante dell'edonismo e del benessere della generazione di mezzo a voler "possedere" Miranda la sua consenziente compagna, "sottomessa" contemporaneamente al suo denaro come al suo organo, e a ostentare un linguaggio non tanto disinvolto e libero quanto osceno e autoreferenziale (parla solo del suo "coso" come di un dono per la donna, attribuendo a quest'ultima che in realtà rappresenta l'esclusivo godimento fisico maschile). Ecco ripresentarsi in altra forma il tema della politica come sovrapposizione sorda di linguaggi violenti, come sopraffazione di ipotesi di confronto reciproco e, infine, come riduzione a puro scontro di poteri: è lo stesso potere che per dirla con Foucault (La volontà di sapere), assoggetta la sfera della "sessualità" e la costringe a una "istanza specifica e irriducibile", il "sesso", in cui riproduce la propria inclinazione al dominio. Lucy reagisce istintivamente a tutto questo, si scrolla di dosso le squallide profferte di amore, finge di "darsi" al primo venuto per appagare le curiosità represse e i desideri sepolti dei membri di questa specie di "comune" dorata, che meccanicamente ritrovano ispirazione e stimoli sessuali, ovviamente in una logica di replica o imitazione dell'atto sessuale simulato di Lucy. E anche stavolta i rapporti interpersonali e il "gioco delle parti" di ciascuno sono inequivocabili: lo yuppie pretende di copiare letteralmente la sodomia, mentre lo scultore è attratto da sua moglie dal momento in cui ella si sovrappone alla scultura di legno. L'esperienza sessuale di Lucy, concessa l'esibizione tanto attesa dagli altri, può così consumarsi lontano da occhi indiscreti, in una cornice, forse improbabile e inverosimile ma mai banale, di ritorno alla natura, all'ombra di un gigantesco albero. Sbarazzandosi delle attenzioni fisiche e delle ingerenze intellettuali e artistiche dei suoi "maturi" amici, Lucy gli corona i suoi ideali di natura, amore, fertilità e riproduzione. Senza mistificare il suo apologo, che potrebbe suggerire utopie sbagliate e pronte a rivelarsi daccapo fragili, nonché ad essere travisate, il ritratto che Bertolucci fa di Lucy è convincente perché l'approccio è indiretto: tanto il personaggio ,!'positivo" di Lucy, quanto l'analisi dissimulata dell'Italia di questi anni (con allusioni fugaci ma chiare all'imbarbarimento collettivo, al compimento della colonizzazione dell'etere con quell'antenna aggiunta persino nell'incontaminata campagna toscana, e ai segreti militari), nascono da un'autocritica verso i propri modelli culturali. Bertolucci non cerca di rae.presentare l'universo giovanili dall'interno, ma riesce ugualmente ad intuire qualcosa dietro la superficie dei figli perché sembra conoscere molto bene i padri. Quindi, nulla ha a che vedere con la moda di quei ritratti di giovani ( ha scelta: moralisti, sostenitori della castità, romantici, polemici o trogloditi), confezionati per i talk-show e sottoposti ai dibattiti "politicamente corretti dei soliti noti conduttori furbi, seri e semiseri, o dati in pasto al giudizio dei ~enitori benpensanti o dei figli dei benpensanti. Spettacoli per famiglie, realizzati in economia e pensati secondo formule di intrattenimento diretto, in cui si mescolano; questioni di etica con problemi di disagio sociale, con la nobile scusa di sensibilizzare, informare ed aggiornare. A tal riguardo, il personaggio di Noemi, la stupida giornalista "rosa" che tiene una rubrica sentimentale ed epistolare con i suoi lettori (e che a Stefania Sandrelli calza a pennello), la dice lunga sul tipo di "servizio" offerto da molti esponenti della categoria professionale più pettegola, frivola e parassitaria che ci sia in Italia. In questo contesto Io ballo da sola preso per il verso giusto, suscita motivi di interessi non secondari: Bernardo Bertolucci, tornato in Italia, ha davvero costruito un film equilibrato e poco saccente (a differenza delle tesi del sempre più datato Ultimo tango a Parigi ). lo ballo da sola è un'opera in apparenza più piccola, più intima e più leggera dei suoi ultimi successi euro-hollywoodiani, L 'ultimo imperatore, Il tè nel deserto e Il piccolo Buddha, superflui e ambiziosi kolossal con alibi intellettuali riuscen-

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