La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 15 - maggio 1996

in questo senso "tagli" che Bertolucci ha apportato al film per ricondurlo a una durata media sono tanto più significativi quanto più operati su quello che una volta era il suo stesso cinema, quando era "vivo". Io Ballo da sola - che non a caso viene dopo Il piccolo Buddha, è un film di rigenerazione, di reincarnazione, di illuminazione - evidentemente si rifà alla Regola del gioco di Jean Renoir, che annunciava in un balletto tragicomico la seconda guerra mondiale. Ma anche; ci sembra, al Grande Freddo, che è il film modello del day after per la generazione del '68 (Sinead Cusack, bravissima, ricorda addirittura Glenn Cose). E con un occhio a entrambi, Bertolucci, che è l'unico regista al mondo a poter incrociare il cine di Renoir e quello di Kasdan senza cadere nel ridicolo, dimostra perfettamente come oggi non è più tempo né per l'uno né per l'altro: ci vorrebbe una nuova "nouvelle vague" (non sappiamo come altro chiamarla), ci vuole una Lucy capace di attraversare ciò che è stato e ciò che è diventato, capace di ritrovare suo padre e di perdere la verginità, capace di ributtarsi nel mondo in compagnia dell'unico individuo. simile a lei. È dal loro incontro notturno nei campi toscani, illuminati da un falò che brucia le vanità circostanti, che può nascere qualcosa di nuovo? E, visto che i due ragazzi andranno insieme in America, è dall'America - da Berkeley ad esempio, dal Sessantotto della mamma poeta di Lucy - che il regista partirà per raccontare "Novecento atto terzo"? Aspettiamo di vedere. Certo è che, con l'apparizione di Lucy e con l'accettazione della propria maturità, anche Bertolucci è ritornato "giovane". ♦ CINEMA "lo ballo da sola": un paese visto da lontano Anton Giulio Mancino Anton Giulio Mancino, barese, scrive su "Cineforum" e "La gazzetta del Mezzogiorno", e ha pubblicato Angeli selvaggi, un saggio sul cinema di Scorsese e Demme (Metis 1l95). La politica italiana? Nel film di Bertolucci Io ballo da sola di questo non si parla. Come dell'amore, l'amore vero, quel misto di ideali, sentimenti e sensualità vagheggiato da Lucy, una ragazza americana d1 diciannove anni giunta in Italia in cerca di risposte e del ragazzo giusto che la liberi dall'ingombrante fardello della verginità, che le procura solo imbarazzo, curiosità e desideri convulsi da parte dei membri della comunità di artisti e yuppies in cui si è rifugiata. L'accostamento amore-politica, lungi da ogni equivoco psicanalitico, individua un tratto comune ai due temi attorno ai quali ruota la parabola dell'ultimo film di Bertolucci: considerati alla stregua di argomenti di conversazione screditati, di vaga importanza e di ancor più precaria esistenza, la politica (italiana) e l'amore vengono, durante un dopocena, discussi e liquidati dai protagonisti del film in un paio di battute. Nel dibattito politico italiano tutti brigano per parlarsi addosso ma nessuno è disposto ad ascoltare, sentenzia l'inviato televisivo di guerra Carlo Lisca (affidato alla sobria e straniante caratterizzazione di Carlo Cecchi): un personaggio, come vedremo, emblematico. Ha ragione, perché quel che sopravvive nel vuoto ideologico degli schieramenti politici sono semmai la tracotanza verbale di stampo paratelevisivo o il buonismo moderato e parrocchiale, comunque tradotti in astratte e inquietanti formule di comunicazione unilaterale. Né è un caso che Lisca consideri contemporaneamente la sua "una critica e un'autocritica": si riconosce nella sua stessa diagnosi, non solo in quanto italiano, ma anche in qualità di professionista delle immagini m video. Non dimentichiamo che è proprio lui il primo ad interessarsi morbosamente a Lucy e a tentare di appropriarsi dell'anima e del corpo della ragazza, filmandola segretamente con una videocamera portatile, lungo tutto il viaggio che conduce la ragazza m Italia. Essendo il punto di vista di Carlo Lisca ad inaugurare il film, è facile intendere che Bertolucci abbia voluto indicare in lui il suo perfetto alter ego. Cosa può aver spinto l'autore a proiettarsi in questo individuo ambiguo e imprevedibile, la cui condizione culturale e psicologica e significativamente quella di un italiano alienato, un osservatore internazionale che in Italia ci vive da straniero in patria, con la mente chissà dove, probabilmente ancorata a Saigon? Più che un bisogno,,si direbbe che sia un istintivo disagio tutto italiano a suggerirgli di guardare al proprio paese da lontano. Questa prospettiva è dunque una clausola preliminare: il resto ne consegue, in via subordinata. L'identificazione del padre e l'iniziazione sessuale, in quest'ordine propedeutico, sono gli obbiettivi del viaggio "educativo" in Italia di Lucy. S\a l'agnizione che la deflorazione sono rappresentate come fasi transitorie, vissute senza traumi né resistenze: episodi delicati, teneri, senza cadute nel patetico o nel cattivo gusto, ma soprattutto accettati come necessari. Il padre si scopre essere il candidato cinquantenne più insospettabile, lo scultore e padrone del casale, che modella i ceppi d'albero (la natura) e forgia i simulacri umani, ne circonda la sua dimora, ma non fa che riprodurre se stesARTE E PARTE

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