Per la Repubblica: il volontariato e il sogno politico Vinicio Albanesi La situazione del Paese ci chiede impegno. Lo stesso impegno che coinvolge tutti i cittadini e le cittadine italiane. È una situazione seria, come seria è la vita della collettività, sempre e comunque, la nostra come quella di mille altre collettività del mondo. Siamo impegnati prima di tutto come singoli soggetti. È dovere di ognuno interessarsi alle cose comuni, per il proprio e l'altrui benessere. Ogni forma di democrazia chiede la partecipazione di tutti: per questo ci impegnamo per le vicende economiche, sociali, politiche e morali, della nostra Italia. Ci impegnamo anche come persone associate. Riunirsi per motivi nobili è certamente vantaggioso per sé e per gli altri: si scambiano opinioni, si offrono azioni gratuite, si partecipa alle risposte possibili. Ci impegnamo come associ azioni del sociale, in quanto direttamente coinvolti nelle risposte al disagio e alle sofferenze. Siamo coinvolti, perché questa è la nostra storia: una storia bella, senza alcun nostro merito. Avere sensibilità alla sofferenza, avere tempo e intelligenza per le ris_poste, fa del volontariato sociale una forma alta di partecipazione democratica. Il nostro impegno è per la repubblica: non amiamo la distinzione tra Prima e Seconda repubblica. Lasciamo ad altri colpe da farsi perdonare e meriti da farsi riconoscere. La repubblica che conosciamo è certamente solid al e e nobile; fondata su principi di uguaglianza, di rappresentanza e di solidarietà: ancora da realizzare nella sua completezza; da aggiornare per le situazioni cambiate, ma lasciata al contributo' di tutti perché garantisca pace, benessere e sicurezza. La partecipazione Il nostro impegno è simile a quello di molti altri cittadini e cittadine che sentono la necessità della vita democratica, con impegno più prolungato e consistente della semplice espressione del consenso, espresso con il voto. La nostra partecipazione vuole essere simile e 9uindi considerata alla pan di quella di quanti esprimono rappresentanza. Non da oggi siamo impegnati sul versante del sociale e da esso troviamo motivazioni profonde per contribuire al benessere di ciascuno. Ciò che ci offende è il considerarci una specie di "buoni a tutto", dediti alla fraternità, ma senza idee; capaci di impegno etico, ma senza proposte politiche. Abbiamo invece compreso e non da oggi che la risposta ai bisogni è efficace in proporzione di come la rete dei sistemi di convivenza di una nazione, in tutta la loro complessità, ris_ponde ai bisogni della collemvità. La tutela di tutti L'unica cosa che ci distingue da altre organizzazioni e altri volontariati è che parliamo a nome di altri più sfortunati. A nome nostro perché anche i più fortunati tra noi hanno paure, insicurezze, bisogni per i quali sono necessarie risposte. A nome di altri perché molti non parlerebbero, perché non sanno parlare, perché non possono parlare: non sono in grado di esigere risposte necessarie, della stessa necessità di chi ne riceve. Pur nel progresso civile e morale della nostra Italia sono molte, anzi troppe, le persone non in grado di far valere i propri diritti, o almeno tutti i propri diritti. L'obbiettivo che ci prefiggiamo con la nostra azione non è, come spesso ci viene attribuito, la tutela di alcuni a svantaggio di altri, ma semplicemente la tutela di tutti. La salute, l'istruzione, l'occupazione, la comunicazione, la mobilità sono beni universali. La distinzione tra diritti fruibili e diritti negati non è accettabile in una società civile. Insopportabili disuguaglianze Per non dire cose generiche e inutili, dall'osservatorio che ci è l?roprio, denunciamo la forte, msopJ?Ortabile, disuguaglianza tra I cittadini e cittadine del nostro Paese. Le chiavi di lettura _per leggere questa disuguaglianza sono molto numerose: etiche, econo miche, sociali, culturali, territoriali. Due dati soltanto. Il primo riguarda le povertà. La Banca d'Italia dice che il 30% della popolazione italiana, soprattutto collocata al Sud, "non consuma", non può permettersi cioè alcuna spesa che non sia destinata alla sopravvivenza. In questo trenta per cento, dicono altri c'è da annoverare 1 milione di anziani poveri e 1 milione di bambini poveri. Il secondo dato: la distanza tra retribuzioni da lavoro dipendente più basse e quelle più alte è di 1 a 12 milioni; per le pensioni di 1 a 6. Non occorre molta intelligenza per capire che questi divari non sono "giustificabili" da nessuna legge di mercato e da nessuna storia legata ai meriti. Sono i privilegi di alcuni, costruiti su ingiustizie per altri. Artefici del proprio benessere Il mito che "ciascuno è artefice del proprio benessere" non esiste. È stato inventato dai ricchi i quali sono diventati tali per loro merito e per i vantaggi che altri non ricchi hanno loro concesso. Una persona intelligente, laboriosa, onesta, in tutta la propria vita non può che costruirsi una casa e mettere da parte qualche risparmio. Il di più è garantito da una rete di protezione inventata con il mito "fai da te" e strappata ad altri: clienti, consumatori, lavoratori, istituzioni. Inseguire questo mito è pericoloso e ingannevole. Sono di esperienza comune gli esempi di improvvise povertà in persone e famiglie che pure vivevano discretamente, ma che d'un tratto si sono ritrovate in gravi difficoltà _per una crisi di settore. Un rnganno subìto,
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