La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 15 - maggio 1996

PIANETA TERRA. MESSIC0-2 Federico Campbell Aura Marina Arriola Magdalena G6mez Alejandra Moreno Toscano John Berger TIPI AMERICANI: IL NARCOTRAFFICANTE FedericoCampbell (traduzione di Monica Campardo) Federico Campbell è narratore (i racconti raccolti in Pretex~a e Tijuanenses), giornalista (Mascara negra) e saggista (ha scritto tra l'altro un ampio studio •sull'opera di Sciascia). Questo articolo è tratto da "La ]ornada", n. 34, 29 ottobre 1995. ♦ Erosi dal tempo e dalla memoria collettiva i miti del successo e della violenza, come Robin Hood e il Llanero Solitario, si fondono solo parzialmente nel mito del narcotrafficante messicano: quest'ultimo non ne è né una trasposizione né una copia, perché la storia ha decantato quei miti mentre il trafficante che p~ssa per bandito sociale - protagonista anche d1 una protesta sotterranea - non si limita a soccorrere il prossimo, né a simulare una missione di redentore o buon samaritano. È un vincitore che sa maneggiare la violenza, un avventuriero che gioca con la sorte e divide la sua fortuna con gli amici e gli anziani del suo villaggio. Tutti lo rispettano perché ha le stesse aspirazioni dei politici, potere e denaro, ma senza discorsi di giustificazione; né alibi morali o ideologici. Il suo ruolo nella società è ambiguo; da un lato con la gente del suo quartiere, con i famili_arie gli amici (che lo vedono come un eroe) s1mostra generoso e protettivo, dall'altro è os- ~equioso per corrompere poliziotti e giudici o immettere i suoi guadagni nel circuito finanziario legale. Più che in attività altruistiche passa }a sua gio"'.entù a _divert_irsie a sperperare 1soldi, a godersi una vita facile che non disdegna lussi, a far baldoria con corridos (composizioni canore popolari a soggetto) e feste che gli fanno sopportare le tensioni e i pericoli della sua attività come se giocasse alla roulette rl!ssa. E così per la sua ambivalenza, per il suo distacco e la sua crudeltà, per la sua audacia e la sua cautela, come mito viene a colmare la ne~ess\tà popolare di dare un senso alla propna esistenza. PIANETATERRA Parte della leggenda e del mito del traffico di dro~a è che le sue radici storiche - spesso immagmarie, invenzioni che corrono di bocca in bocca, di generazione in sene 1 razione - affondano nel Messico nordonentale. Alcuni sost,engono che furono i cinesi all'inizio del secolo a importare la pianta maledetta quando vennero da Santa Rosalfa, Baja California Sur, fuggendo dall'infernale lavoro nelle miniere d~l Boleo e nei campi, per stabilirsi negli stati Smaloa, Sonora e nella valle di Mexicali. A quanto sembra portarono con sé il seme del papavero e lo coltivavano nel proprio orto per uso personale. Durante la seconda guerra mondiale, quando i soldati americani combattevano nel Pacifico contro i giapponesi e avevano bisogno di morfina, furono i cinesi a fornire ai contadini poveri sinaloensi delle zone montane tutte le nozioni necessarie per ricavare l'estratto. Non risulta che ci fosse un accordo ufficiale tra Messico e Stati Uniti, ma di fatto si tollerava la coltivazione del papavero, per esempio nelle vicinanze di Badiraguato, ed era noto che il microclima di Santiago de los Caballeros era perfetto per la pianta. La visione che hanno del narcotrafficante le classi medie e i politici non è la stessa che hanno gli strati più bassi della società, l'immaginario collettivo più recondito - ricchissimo di fantasia - dove il mito trionfa e si dissolve nella storia orale che raccontano gli anziani del villaggio e i compositori. Cineasti, narratori e compositori di corridos hanno ricreato il mito del traffico di stupefacenti. Vfctor Hugo Rasc6n con la sua opera teatrale Contrabando ci ha permesso di valutare gli effetti della cultura della droga in una comunità della Sierra Tarahumara. Elmer Mendoza, nato a Culiacan nel 1949, in Cada respiro que tomas è riuscito a esprimere in spagnolo sinaloense qual è l'impressione che hanno del potere le classi subalterne. "Il mito del narcotrafficante tende a rappresentare I'essenza stessa del modo di essere del sinaloense e dei suoi modelli, di ciò a cui può aspirare nella vita: essere una persona potente e molto ricca. Tutti inventano qualcosa sui narcos, immaginazione e voci che circolano: gli è capitato questo, gli è successo quello, ha aiutato tizio, ha salvato quella bambina, ha difeso quella donna", afferma Elmer Mendoza. L'idea diffusa è che il narcotrafficante - nella maggior parte dei casi del nord, di origini rurali - dia lavoro alle persone, le aiuti nelle difficoltà. Come ha detto una donna: "Come può non esserci crisi se non lasciano lavorare i narcos". Dai racconti del narratore di Culiacan si può

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