La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 15 - maggio 1996

ceano indiano. È stato l'esodo dei coolies, l'ultima grande ondata dello schiavismo occidentale. Quando gli europei se ne sono andati, i coolies sono rimasti. Si sono integrati nelle società ospitanti e oggi costituiscono quella "rete di bambù" che è l'anello di ferro dei rapporti politici ed economici fra la Repubblica Popolare Cinese ed i paesi insulari. I coolies si sono riscattati dal lavoro coatto, si sono fatti imprenditori, commercianti, finanzieri. Sono arrivati ai vertici dei sistemi economici di guasi tutti i paesi compresi nell'Arcipelago Indonesiano. Tralasciando ex-colonie come Singapore o Hong Kong dove la maggior parte della popolazione è sempre stata cinese, possiamo dire che in Indonesia i cinesi costituiscono solo il 4% della popolazione, ma controllano il 50% dell'econo mi a locale. Lo stesso discorso vale per la Malesia dove i cinesi sono il 32% e controllano il 60% dell'economia, per la Tailandia in cui il 10% della popolazione è cinese e controlla il 50% dell'economia e per le Filippine dove 1'1 % di cinesi ha un gettito d'affari equivalente al 40% dell'economia locale. I 51 milioni di cinesi d'oltremare gestiscono un sistema economico valutato intorno ai 700 miliardi di dollari americani e detengono un insieme di capitali liquidi (oro, valuta, azioni) superiore ai 2.500 miliardi di dollari. Ci sono almeno 12 famiglie cinesi che valgono ognuna più di 5 miliardi di dollari (in America, secondo la rivista Forbes, se ne contano solo 1O). La famiglia è l'elemento essenziale sul quale sorgono tutte le grande aziende cinesi sparse nel mondo. I rapporti fra famiglie, il, senso d1 una comune appartenenza culturale e la politica delle guanxi, delle relazioni, rendono la rete di bambù uno strumento invincibile. Divisa al suo interno da competizione economica e spesso da differente appartenenza etnica (alcune famiglie cinesi d'oltremare sono Han altre sono Hakka), la rete di bambù ritrova compattezza e coordinamento quando si trova a trattare con non-cines i. I settori di interesse di queste famiglie cinesi sono innumerevoli. La mancanza di moderne infrastrutture nei paesi ospitanti rende difficile una specializzazione dei mercati locali ed i tycoons cinesi investono a tutto campo, nel1' industria automobilistica come nelle televisioni. La famiglia Chearavanont, attiva in Tailandia, si occupa di speculazione immobiliare, di banche, di prodotti alimentari, di telecomunicazioni, di distillazione di birra, di agricoltura. Robert Kuok controlla diversi giornali di Hong Kong (fra cui il prestigioso South China Morning Post), una catena di hotels in Malesia e, sempre in Malesia, la produzione dello zucchero e diverse industrie alimentari. Il nuovo elemento catalizzatore delle scelte politiche ed econo miche d1 questi antichi coolies è oggi, di nuovo, la Cina. La Cina che ha aperto le sue porte al figliol prodigo che torna a casa e che investe tai:it\ miliardi nel suo paese di ongme. Muoveilnero:d7d6.Ilpedone della Regina europea avanza Nel basso livello di conoscenza e di interesse generalmente dimostrato dall'Europa nei passati quarant'anni per quel che concerneva l'Asia orientale, all'Italia spetta a pieno diritto il titolo di campione di disinteresse. Nel 1989 a Pechino la comunità italiana era composta per la maggior parte da funzionari d'ambasciata, qualche rappresentante di istituti bancari, molti studenti e alcuni "managers" di aziende italiane che avevano interessi in Cina. Osservando questi ultimi era facile rendersi conto che la filosofia che ispirava queste aziende era quella del mordi e fuggi. Comprare o vendere in Cina per poi riportare tutto in Italia. Tappeti, bulloni, vermi da pesca, cotone, tutto andava bene; l'importante era chiudere in fretta l'affare e riportare i soldi a casa. Negli stessi anni la Volvo (una delle prime aziende europee ad aver capito che le rotte mondiali stavano cambiando direzione) stipulava un contratto con la municipalità di Pechino per la produzione di latte pastorizzato. Nel 1989 a Pechino si beveva solo latte marca Volvo. Ai grandi livelli, quelli del kig business, l'u'nica realtà italiana che cercava di inserirsi in Cina era l' Agip, detentrice dal 1983 di un contratto di sfruttamento di giacimenti di petrolio offshore e di un appalto di esplorazione nel Xinjiang che la Rpc non era in grado di gestire da sola. Gli anni '80 sono stati gli anni dell'apogeo della mentalità craxiana in fatto di politica commerciale: essere presenti ovunque, ma grattare in fretta e fare jugassa. Gianni de Michelis è ancora oggi un onorato rappresentante di questa filosofia. Di tanto in tanto si reca in Cina come portavoce di una serie di piccole aziende del Veneto interessate a fare "mercato" con la Cina. Gli anni '90 non hanno portato grandi cambiamenti nella mentalità italiana. Fino al 1995 in Cina i protagonisti dell'economia italiana erano ancora gli stessi ed agivano ancora con la stessa filosofia. In Italia leggevamo della Cina sui giornali solo in occasione di qualche esplosione in una sperduta fabbrica di fuochi d'artificio che avesse l?rovocato almeno 100 morti (al di sotto di questa cifra non c'era la notizia), o in occasione di qualche evento che suscitasse raccapriccio nelle nostre coscienze (esecuzioni di massa, orfanotrofi). Oltre a ciò, la Cina, l'Asia, sono sempre state per un italiano solo un punto sulla carta geografica o un luogo esotico in cui trascorrere la luna di miele. Per rendere meglio l'idea di quale sia il livello delle informazioni che l'Italia si dà sulla Cina, vale la pena ricordare che ancora oggi, nel 1996 abbiamo un solo corrispondente: quello dell'Ansa. L'Austria ha sei giornalisti, di diverse testate, accreditati nella sola Pechino. Muove il bianco: d2d4. Il pedone di Regina invade il centro della scacchiera e affianca il pedone del Re orientale Il sorgere dell'astro cinese nello scacchiere asiatico sta cambiando radicalmente la configurazione politica della zona. Con il metodo del bastone e della carota, e con l'aiuto essenziale della rete di bambù, Pechino sta assumendo sempre di più il ruolo di poliziotto della regione; aiutata in questo anche dall'allontanamento della presenza militare americana dovuta al costo eccessivo del mantenimento di una forza di controllo che i democratici oggi al governo hanno deciso di eliminare. Qualche esempio. Nel marzo 1993 la Corea del Nord si ritirò dal Trattato di

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