Il L'INVASIONE CHE NON C'E' Luigi Di Liegro Il Luigi Di Liegro è direttore della Caritas diocesana di Roma. Questo testo· è tratto da "Aspe", n. 9 marzo 1996. ♦ Secondo i dati forniti dal ministero degli Interni, nel corso del 1995 i cittadini stranieri in Italia sono aumentati di 68.713 unità (7,44%) raggiungendo quota 991.419 all'inizio del 1996. Di essi, 164.003 giungono dai Paesi dell'Unione Europea (16,54%), 101.594 da altri paesi a sviluppo avanzato (10,25%), come ad esempio il Canada, gli Stati Uniti e il Giappone, mentre sono 725.822 le persone provenienti dai Paesi in via di sviluppo e dall'Est Europeo (73,21%). Fanno parte del gruppo di Paesi più ricchi 16 tra le prime 60 comunità ai cittadini stranieri: quella statunitense (60.067 unità) è la seconda in graduatoria dopo quella marocchina (94.237 unità); quella tedesca è la sesta (39.372), quelle britannica (27.694) e francese (27.273) sono rispettivamente l'ottava e la nona. La percentuale di cittadini stranieri in Italia è di circa 1'1,7% della popolazione totale. Si leggano le percentuali di altri Paesi del'Unione (Lussemburgo 29,8%, Belgio 9,1%; Francia 5,3%, Olanda 5,2%) per capire la vera entità del fenomeno in Italia. Esaminando i dati del ministero, elaborati dall'équipe del "Dossier statistico sull'immigrazione", è possibile osservare le tendenze in atto del fenomeno immigrazione nel nostro Paese. Innanzitutto si può dire che, così come nell'ultimo anno, neppure negli anni passati si sono registrate invasioni di sorta. Dal 1991 al 1995 il tasso complessivo di aumento della popolazione straniera è stato del 14,88%, che denota un andamento assolutamente fisiolo~ico. L'aumento medio annuale dei Paesi in via di sviluppo è del 7,77%, e la perlormance più vistosa riguarda i Paesi dell'Est, tutti - eccetto la Jugoslavia e la Slovenia - al di sopra del tasso medio di crescita. L'Africa, nonostante la sua esplosione demografica e la prossimità geografica, conosce una lieve crescita tra 1'1% e il 3% (Marocco, Etiopia, Mauritius, Nigeria, Algeria) quando non ,addirittura una lieve flessione (Tunisia, Senegal, Ghana). I paesi asiatici del subcontinente indiano e dell'estremo oriente, per la vivacità dell'aumento, veµgono subito dopo quelli dell'Est, con percentuali pari o quasi alla media. Rispetto all'aumento dell'America del Nord (Usa 6,86% e Canada 4,01%), solo alcuni paesi dell'America Latina conoscono una crescita notevolmente più alta (Repubblica Dominicana 10,24%, Messico 11,58%, Brasile 12,58%, Colombia 16,64%). Il Nord (51,22% delle presenze) si conferma come area di definitivo inserimento, mentre il Centro (32,36%) riJ?rende dinamismo come area di prima accoglienza; oltre la metà dei 68.713 permessi in più registrati alla fine del 1995 è stato rilasciato nel Lazio. Il Sud (9,95%) e le Isole (6,75%) conoscono una leggera flessione, da riferire alle loro più gravi carenze occupazionali rispetto alle altre aree. A livello nazionale l'incidenza dell'immigrazione regolare è passata dall'l,61 % di fine 94 all'l,73% di fine '95, e ~uesto dimostra quanto sfa infondato parlare di invasione di extracomunitari. Infatti, se dalla presenza complessiva scorporiamo i dati relativi ai cittadini comunitari, l'incidenza degli extracomunitari, che era dell'l,36% nel '94, è attualmente dell'l,44%. Se invece teniamo conto solo de&li extracomunitari che provengono dai Paesi m via di sviluppo, l'incidenza sulla popolazione residente scende all'l,26%. Il motivo prevalente è il lavoro. Tra lavoratori dipendenti (518.395), lavoratori autonomi (38.341) e altre persone autorizzate per motivi professionali (11.145), si arriva al 57,28%. È un tasso molto alto di popolazione attiva, che non è dato riscontrare nei Paesi Europei di più vecchia immigrazione e che anche in Italia è destinato ad abbassarsi man mano che si incrementeranno i ricongiungimenti familiari, che peraltro hanno già conosciuto un significativo aumento del 12%. È positivo riscontrare che il numero degli stranieri che restano disoccupati, anche se resta alto (108.373), è diminuito di circa tremila unità. Secondo pregiudizi molto diffusi, gli stranieri dimostrerebbero un tasso di criminalità più accentuato rispetto agli italiani. Il "dossier statistico" ha continuamente richiamato l'attenzione sugli elementi che dissuadono da una lettura allarmistica dei dati: infatti per i cittadini stranieri sussistono più ricorrenti occasioni di essere denunciati (infrazioni alla normativa sul sog&iorno), maggiori possibilità di essere carcerati (essendo per loro meno praticabili le misure alternative) e di essere condannati . Venendo poi ali'andamento delle regolarizzazioni, si constata che, dal 19 novembre '95 a metà marzo '96, sono state presentate circa 130.000 istanze, delle quali il 95% per instaurare un rapporto di lavoro e le restanti per il ricongiungimento familiare (6.000 circa). Il risultato è tutt'altro che disprezzabile, tuttavia l'emersione dall'irresolarità non riguarderà tutti i potenziali beneficiari, a meno che la normativa non venga modificata e resa più agevole. A non emergere saranno i lavoratori più precari e gli autonomi. Sarebbe necessario consentire agli immigrati, dopo un certo numero di anni di residenza, di intraprendere il lavoro autonomo anche a prescindere dagli accordi di reciprocità con i paesi di origine, altrimenti questo settore continuerà a essere una fabbrica di irregolarità e di evasione contributiva. I dati attestano, quindi, che l'immigrazione in Italia ha preso radici ed è andata gradualmente consolidandosi, anche se non si è verificata alcuna invasione. Rispetto a questa realtà, la società italiana ha manifestato una sorta di strabismo, perché si è continuata a considerare l'immigrazione una sorta di emergenza e non un fenomeno duraturo dettato da cause strutturali. La Caritas, la Fondazione Migrantes e il Centro studi emi~razione, con l'iniziativa di una corretta diffusione dei dati statistici, auspicano che venga preso in grande considerazione questo importante fenomeno sociale e occupazionale. È una ~uestione di umanità, di solidarietà, di sensibilità politica e operativa che deve interessare l'intera società e tutti gli schieramenti politici, senza strumentalizzare gli immigrat~p~r le proprie fortune elettorali o gli interessi di parte. IJUONIECATTIVI
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