La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

SAN VITTORE, APPENA FUORI Andrea Beretta "Visto che avete pochi clienti, ve ne ho portato uno io!" Sergio fa sempre il brillante. Quarant'anni, alto, capelli scuri tirati indietro con la brillantina; cappotto blu, sciarpa bianca, anello d'oro con brillanti al dito indice. È uscito dal carcere da una "mesata", come dice lui. Ci siamo conosciuti dentro. Ogni volta che c'era un incontro (un'attività), lui arrivava, stava in silenzio per un po' e poi interveniva, cercando in tutti i modi di svalutare il lavoro fatto e di accattivarsi la simpatia del gruppo. E mai una volta che dopo aver parlato si fermasse ad ascoltare le opinioni degli altri. . La prima volta che è venuto al Crocevia (un servizio gestito dal progetto Ekoto_nos, che svolge attività all'interno del carcere d1 San Vittore dal 1992 con l'obiettivo di sostenere le persone che escono dal carcere nella fase del reinserimento) ha esordito così: "Eccomi qui! Come vi avevo promesso, sono venuto a trovarvi. Fate voi, adesso: io penso di potervi essere utile in vari campi, se avete bisogno chiamatemi. Sapete dove trovarmi!". Da allora, un giorno sì e uno no, si fa vedere o sentire: per chiacchierare, per fumare una si~aretta in c?mpagnia,_per chiedere un co!1sigl10 su quest10n! che gli stanno a cuor~. ~ mevitabilmente, pnma che tu possa commc1are a parlare: "Basta, per favore, basta! Ho già il mal di testa." Oggi Sergio è arrivato più tardi del solito, senza avvisare e stranamente in compagnia. "Ti ho portato un cliente, è Vittorio; guarda che è un cliente particolare. È un amico d'infanzia, siamo venuti su insieme." Mi presento. Per togliere Vittorio dall'evidente imbarazzo, faccio due battute: "Piantala, Sergio ... proprio tu parli di cliente particolare!" "Lascia stare. Questa qui è una cosa diversa." Sergio ha cambiato tono, d'un tratto è diventato serio. Vittorio non parla. Fissa il pavimento, ogni tanto alza la t~sta ma_subi~o la riabbassa. Muove le gambe m contmuaz10ne, appoggia la destra sulla sinistra, la sinistra sulla destra, senza fermarsi; sembra molto teso, agitato. "È tanto che sei fuori?" " ...Una ventina di giorni." "Hai finito la pena o ..." "No no: mi hanno dato l'incompatibilità col carcere per motivi di salute, ho circa 100 T4 ... " Tira il fiato, alza la testa e ricomil'lcia guardandomi dritto negli occhi: "Sono senza casa, senza lavoro, senza residenza. Ufficialmente un 'senza fissa dimora'. Ho il blocco anagrafico, la carta d'identità scaduta e settemila lire in tasca! Quando ero dentro avevo SUOLEDIVENTO preso contatti ~on una comunità: erano 1isp_o: sti a ospitarm1. Sono stato da loro qumd1c1 giorni poi sono venuto via. Ho le valige nella macchina di Sergio, non so più cosa fare." Né io né Sergio possiamo intervenire. "Lo so, ho fatto una cazzata, lo so! Sono stato impulsivo, non ho riflettuto. È che ... sono uscito dal carcere pieno di speranze: la cooperativa per cui lavoravo dentro mi aveva detto che forse fuori mi avrebbe assunto. Mi ero già fatto il mio bel castello; invece puf... lavoro niente! E quindi: niente soldi, niente casa, niente di niente. Autonomia non se ne parla neanche. E allora ho mollato tutto: la comunità, i sogni, le speranze. Sto, male ... mi piacerebbe. almeno morire fuori ... magari non su una panchina". Vittorio ha finito di parlare. Di nuovo abbassa la testa e fissa il pavimento. Sono attonito imbambolato davanti a lui: vorrei chiedergli perché ha mollato la comunità, vorrei domandargli tante altre cose. Non c'è t~mpo ~er capire. Non sa dove andare a mangiare ne a dormire. Comincio il solito giro disperato di telefonate. Dopo un'oretta lo lascio nelle mani di Sergio: ha l'indirizzo di un dormitorio dove può restare a dormire per un mese e quello di una mensa di frati dove per qualche tempo può andare a mangiare. . "Dove gli hai trovato un posto? Al dormitorio della protezione civile? Ma dai, sono lì anch'io! Non te l'avevo detto? Sono lì da due mesi. I miei suoceri mi hanno scaricata., dai miei non se ne parla e così sono finita al dormitorio. Non è un brutto posto. Oddio, non è un residence, ma non si sta male". Gianna ha trent'anni. In carcere abbiamo lavorato parecchio insieme: nella sezione femminile era una delle più attive. Era almeno un mese che non si faceva- viva. Oggi è in gran forma: truccata, ben vestita, curata come da tempo non le succedeva. Le stavo parlando di Vittorio, le ho chiesto se per caso lo conosceva. "No, non mi sembra di conoscerlo. Si vede che non è delle mie parti. E poi lo hai risentito? Sta cercando lavoro adesso?" "No ... che lavoro. Non sta più al dormitorio: ha detto che era sporco, che faceva schifo, che c'era un odore terribile: passava le notti al cesso, a vomitare. Ed era pieno di brutta gente, mi ha detto: barboni, marocchini, poveracci. L'ho sentito al telefono: adesso dorme in una macchina ..." "Strano! non so come si sta dagli uomini. Il femminile non è brutto, è abbastanza pulito. Certo che dipende anche da te. lo ci sto bene, non mi lamento ... figurati che con altre ragaz~ ze stiamo raccogliendo le firme per chiedere che stia aperto un mese in più. Perché è vero che l'inverno è quasi finito, è vero che non fa freddo come prima; però non è che adesso a stare in giro a dormire, siccome è primavera, è una favola!" È inesauribile Gianna! Due mesi fa era a pezzi e per la strada. Ha tenuto duro, ha continuato a lavorare; e adesso riesce anche a mobilitare le ospiti del dormitorio per chiedere che ne prolunghino l'apertura! "E Luca? dove è andato a finire?" "Lascia stare, Luca è in palla totale. È dall'avvocato, oggi. Tra due giorni ha la camera ?i consiglio. Sai, era fuori in sospensione pena m attesa della camera di consiglio: devono deci-

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