La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

'Di fronte a bisogni inevasi ed aspettative deluse, in una realtà densa di molteplici contraddizioni e rigidità, è naturale che non si attenui la forte attrazione esercitata dal mondo occidentale. Quest'ultimo, a giudicare dalle risposte date nei questionari, per i giovani non rappresenta tanto, come ci si sarebbe potuti attendere, il regno del consumo sfrenato, della soddisfazione dei bisogni materiali innanzitutto, quanto piuttosto della scelta, contrapposta ai tanti limiti, ostacoli e tabù che condizionano ancora la loro vita. Ogni anno, concluso l'iter scolastico, i ragazzi più capaci concorrono per l'attribuzione di una borsa di studio che possa consentir loro di accedere ad una università straniera. Chi può disporre di altri strumenti (mezzi economici maggiori, amici o parenti disposti a dar loro ospitalità durante gli studi) si adopera in maniera diversa per raggiungere una meta ugualmente sognata da giovani e genitori. Alla base di tale aspirazione c'è la volontà di conseguire una r.reparazione professionale migliore di quanto il sistema educativo albanese non consenta. Ma non solo questo. C'è anche il desiderio di uscire dal paese, di fare nuove esperienze, conoscere realtà diverse, avere accesso ad opportunità, rapporti e scambi - umani e culturali - che all'interno del paese sarebbero preclusi. Molti di loro, però, probabilmente dopo gli studi non torneranno in Albania ed andranno ad alimentare un fenomeno migratorio che ha assunto ormai dimensioni preoccupanti. Oggi gli Albanesi che vivono e lavorano all'estero sono più di 400.000, una cifra enorme se rapportata ad una popolazione di sole 3.300.000 persone. Hanno lasciato il paese durante gli ultimi cinque anni, in momenti successivi e spinti da motivazioni diverse. Alcuni sono fuggiti da un regime che all'inizio temevano non ancora distrutto. Altri sono stati spinti dalla povertà nella quale versavano le loro famiglie. Altri ancora attratti dalla prospettiva di potersi sentire finalmente, dopo d completo isolamento imposto da Enver Hoxa al paese, cittadini del mondo. La maggior parte è costituita da giovani. Molti anche gli intellettuali. L'Albania, infatti, è il paese dell'Europa orientale nel quale più massiccia è stata la cosiddetta fuga dei cervelli. Indubbiamente l'emigrazione ha rappresentato, in un contesto come quello delineato, una importante valvola di sfogo. Tuttavia continua a sottrarre energie essenziali per la ricostruzione del paese e le percentuali riportate sopra non lasciano pensare ad una inversione di tendenza per il futuro. Ripartire da qui è il titolo di un articolo scritto per una rivista italiana da una scrittrice albanese, una donna forte e un'amica che mi ha aiutato a conoscere l'Albania. Il Forum Indipendente delle Donne Albanesi da lei presieduto, nei suoi tre anni di vita, ha condotto una azione incisiva nel campo dei diritti umani e in particolare dei diritti delle donne. In tutto il paese svolge un'attività di sostegno ma anche di stimolo e sensibilizzazione affinché le donne prendano ad agire sulla propria realtà in maniera costruttiva piuttosto che subirla. Ebbene, ripartire da qui, nel senso di ricominciare a partire dalle proprie risorse, potrebbe essere lo slogan di una sfida che in Albania non può tardare ad essere posta in maniera chiara. Insieme al Forum delle donne, altre organizzazioni, molti soggetti sociali, tanti individui hanno, in realtà, compiuto questa scelta. Non lasciare il paese significa percorrere la strada più lunga e tortuosa, rinunciare ad investire esclusivamente sul proprio cammino individuale, come, comprensibilmente, si sarebbe portati a fare. Tuttavia, per il futuro del paese è indispensabile. Noi - gli italiani, cioè, e gli stranieri in genere - possiamo dare un contributo importante in vista dell'individuazione e del perseguimento di una tale alternativa. Possiamo, cioè, fornire un canale di comunicazione che rappresenti per loro un osservatorio sul mondo esterno e nello stesso tempo funga da stimolo per riflettere - e non più da soli - sul proprio contesto, sulla propria cultura, sul proprio passato anche. Lavorare in tal senso, aprirsi cioè ad un dialogo reciproco rappresenterebbe una sfida anche per noi. Significherebbe provare a rapportarsi in maniera nuova alle culture "altre"; imparare a conoscere le diversità, comunicare con esse piuttosto che respingerle con pregiudizi e sospetto. Nel mondo della cultura, negli ambienti scolastici ed accademici, a livello di enti locali questa comunicazione tra i nostri paesi non è completamente assente. Occorre però che venga ampliata e intensificata. Terreno ideale di incontro, interscambio culturale nonché maturazione di esperienze comuni potrebbe essere, senza dubbio, il mondo della scuola. Il tempo occorso alla realizzazione della ricerca ha offerto al Cric. preziosi contatti con questo settore della realtà albanese. Alla fine dello scorso anno scolastico (marzo-giugno 1995) abbiamo distribuito i nostri questionari nelle scuole di nove distretti del paese 3 Dopo qualche mese (ottobre-dicembre 1995) siamo ritornati negli stessi luoghi allo scopo di riflettere sui risultati dell'indagine insieme ai diretti interessati. Lungo tale percorso non ci siamo imbattuti soltanto in strutture fatiscenti che abbisognano di vetri alle finestre, banchi, sedie, libri, lavagne, caloriferi ma ,prima di ogni cosa in un realtà viva, che espnme un forte bisogno di cambiamento e chiede interlocutori insieme ai quali cominiciare a riflettere su se stessa. Lavorando nel settore dell'educazione allo sviluppo con gruppi di insegnanti e studenti delle province di Messina, Reggio Calabria e Cosenza, stiamo tentando adesso di costruire un ponte tra le istituzioni scolastiche al di qua e al di là dell'Adriatico, nella convinzione che qu~sto possa essere veicolo di arricchimento reciproco. E solo una delle possibili vie per le quali può incamminarsi chi voglia cominciare a rivolgere lo sguardo verso l'Albania. ♦ SUOLEDI VENTO

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