Federico Patellani, Ballo, Palermo 1947. tografi della "'grande crisi" statunitense e del New Dea!, e si trasferisce all'Italia di Americana, l'antologia che Vittorini volle illustrare badando al "contenuto materiale" delle foto e volendo trovare "nuovi valori complessivi" nell'atto stesso di "annullare i valori singoli delle singole foto", come ebbe a scrivere in un articolo del '54 su "Cinema nuovo". In quegli anni operava anche Lattuada, con il gruppo dei milanesi (la sua matrice culturale è, più che americana, weiniariana) e, tra "Omnibus" e "Tempo", operavano dei "grandi eterodossi" come Longanesi e Barzacchi, mossi dalla curiosità e dal gusto del bizzarro, nelle perlustrazioni dei margini della realtà e dell'insolito quotidiano, preferibilmente nella sua parte più desueta; e operava Patellani, che è già un forte anello di congiunzione con il dopoguerra e cioè con il neorealismo. L'immediatezza fotografica di Rossellini contrasta in verità moltissimo, in cinema, con il nitore o la ricercatezza formale che è di De Sica, Lattuada e soprattutto Visconti. Questa ricercatezza attraversa anche la fotografia, che non può essere, quando d'autore, solo "immediata", istantanea, documento primo, alla cui freschezza Rossellini si abbandonava delegando fiducioso alla forza dei luoghi e delle facce quell'istanza epica che altri cercavano nella studiata composizione dell'immagine. Ma a me pare che molto presto la fotografia abbia riconquistato la sua autonomia e che le sue ARTEEPARTE affinità con il cinema (e soprattutto con la letteratura) si siano stemperate rapidamente già nel primo dopoguerra. Questa autonomia è anche "geografica" - come ricostruisce Taramelli vedendo in Un paese di Stqmd (le foto) e Zavattini (i testi) sul paese della Bassa padana Luzzara (1955) un riferimento e un modello, o una sorta di pietra miliare. Un paese è indubbiamente un grande risultato, e va detto che per fortuna fu Strand a dominare il rapporto e non Zavattini, la cui poetica scivolava spesso in un umanesimo superficiale, ma già prima di Strand molti dei grandi fotografi che Taramelli discute erano attivi su strade proprie, con una propria originalità. La Padania di Donzelli esplora la realtà in una sorta di aura contemplativa; Pasquali narra del Po preferibilmente il lavoro dell'uomo (e sa di tedesco e di russo più che di statunitense); il grande Giacomelli vira verso l'essenzialità di un lirismo straordinariamente intenso e narra la durata della terra e della vita; Pinna, tra Sardegna e Lucania, deriva da De Martino una propensione etnografica; la Sicilia di Sellerie afferma momenti di bizzarria e colore emblematici, mentre quella di Scianna sembra cercare nell'isola la costanza del mito. E forse solo la Trastevere di Bavagnoli figura debitrice del cinema e di Zavattini, anche nella sua simpatia. Tutte queste foto documentano un mondo che non c'è più, che il boom ha spazzato via: un'umanità legata al destino-condanna-forza-speranza di una condizione sociale che attendeva la sua liberazione e l'ha avuta per strade infinitamente diverse da quelle allora immaginate, sostanzialmente corruttrici e omologanti, disastranti il nucleo profondo di una cultura e di una definizione di classe che proponevano parzialità e diversità, ma anche una grande apertura. Non si tratta certo di sparger lacrime di coccodrillo su "come eravamo", com'è di moda tra i ~iornalisti dei best-seller naz10nali. Si tratta di ripercorrere un pezzo di storia nazionale, e un segmento importante della stona di un'arte. Gli autori antologizzati e raccontati da questo libro hanno fatto scuola e hanno avuto allievi. È con loro che si tratta ora di procedere nella ricerca di modi non alienati e alienanti di narrare il presente e le sue dilacerazioni e contraddizioni, in Italia e nel mondo. In questo senso, le scelte e le intuizioni dei grandi fotografi presenti in questo libro hanno da insegnare di più ai giovani fotografi di quanto i grandi registi dello spesso periodo, a parte Rossellini, abbiano da insegnare ai giovani registi. Il neorealismo (soprattutto forte nel cinema) è stato un fenomeno importante, ma confuso e transitorio. La realtà resta, e la ricerca dei modi di affrontarla, di leggerla, di dirla, di mostrarla esige sguardi nuovi e teorie nuove, "tesi" nuove di interpretazione cui corrispondano (o che nascano da) quei nuovi sguardi. ♦
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