La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

essere "all'altezza del loro odio", utilizzando la frase di Cioran. La metropolitana di Città del Messico e quella di Mosca hanno delle curiose somiglianze. Sono ricche di simboli di rivoluzioni fallite e assolvono alla chiara funzione compensatrice di "cielo sotterraneo". Forse non è casuale il fatto che siano state entrambe inaugurate un anno dopo aver sradicato movimenti critici (nel 1934 furono disciolte e raggruppate in un unico organismo statale le organizzazioni degli artisti e degli intellettuali dell'Unione Sovietica, la metropolitana fu inaugurata nel 1935; a Città del Messico invece, la metropolitana è stata la prima grande opera pubblica posteriore alla strage di Tlatelolco ). Lo stato monolitico apre una zona impossibile, atemporale, dopo aver eliminato il dialogo. Senza dubbio ciò che accomuna maggiormente le due metropolitane è l'uso del passato. La principale caratteristica distintiva della metropolitana messicana è il suo sistema di indicazioni. Nel 1969 gli stemmi della linea 1 - con un retorico sfondo "rosa messicano"- furono prospettati come un codice di orientamento, la prova che la cultura preispanica sopravvive e che molti dei suoi fruitori sono analfabeti. Il livello di rappresentazione dei disegni può essere più, o meno complesso (ili cannone rappresenta la cittadella nei pressi della stazione Balderas e, probabilmente, la Decade Tragica), ma aspira sempre al tipico, al "nostro". L'appropriazione del passato si evidenzia nei fregi e bassorilievi con motivi messicani precolombiani (la stazione Insurgentes è l' esempio monumentale), con la presenza di pezzi preispanici (la piramide in Pino Suarez, le stele in Belle Arti) e con i nomi delle stazioni (Tacuba, Mixcoac, Tezozomoc, Mixihuca, Iztapalapa). A Panteones, insieme ad una scultura azteca, una nota ricorda che la terra è "matrice e tomba", la grotta umida dell'origine e Mictlàn, il regno dei morti. Pilastro dell'economia sommersa, sede di esposizioni, concerti e fiere del libro, territorio di frontiera del suicidio o della nascita, la metropolitana è una città che si sposta. Come in Brazil o nei tunnel di Mosca, tutto contribuisce alla confusione temporale. I treni sembrano una mostra, ormai chiusa, della tecnologia di importazione (francese, in questo caso) e il disegno di alcune stazioni è così futurista che è stato utilizzato come scenario per le apocalissi della fantascienza. Il film Atto di forza è stato girato nelle stazioni di Insurgentes e Chabacano (dove il tetto ancora conserva tracce di "sangue" come ricordo del futuro). In quanto al passato, vi sono i fregi, i nomi, la scrittura pittografica. Siamo nella inconcepibile modernità preispanica. L'effetto ultimo della metropolitana tuttavia, non deriva dall'architettura bensì dagli uomini che viaggiano con volti inespressivi, come se fossero stati ipnotizzati per il trasferimento. Ben cinque milioni di persone si servono quotidianamente del Sistema di Trasporto Collettivo. Sebbene siano molti, sono stati selezionati. Scendere le scale mobili significa essere testimoni di una precisa se~regazione razziale. Coloro che popolano la cmà sotterranea sono - si scelga la forma oltraggiosa più favorita - i mori, i nacos, gli indios, i mexica. Hic sunt leones. Non a caso il leone rappresenta una delle fermate. Con una lettera - la U che in altre lingue simbolizza la metropolitana - non si intende utopia. Però è meglio così: stazione Etiopia, nostra opzione dell'Africa. Per i padroni della superficie la metropolitana è qualcosa che si usa a Parigi. In basso il popolo viaggia a velocità postmoderne. Sarebbe paranoico, e in qualche modo troppo generoso, supporre che l'utopia negativa - il controllo operativo della storia, la rotazione di miti a 80Km/h - risponda a una strategia deliberata. Le iniziative del governo non arrivano a tanto. Perché nessuno abbassa la maniglia rossa di emergenza? La rassegnazione ad un habitat avverso crea nuove forme di conformismo? Rimuovere le tragedie, supporre che l'ecatombe sia già passata, lascia forse senza energie per lamentarsi di altre cose? L'ecosistema postapocalittico ci converte forse in meri passeggeri? L'unica certezza è che sottoterra si incrociano due linee fondamentali della vita messicana: l'importanza retorica del passato e il razzismo funzionale. La metropolitana come modello di ingiustizia non disturba il sonno ai cittadini della capitale abituati alle bambine otomì che vendono gomme da masticare sui tetti delle macchine L'indifferenza in alto è superiore a quella della rassegnazione minerale in basso, almeno fintantoché le sovrapposizioni temporali non portino ad una confusione di luoghi: la stazione Chiapas, Distretto Federale. Il paesaggio, le insegne, i leoni, l'idea di postmodernità, viaggiano nella città in espansione. "Tutto ciò che sappiamo del futuro è che è diverso dal presente", scriveva Borges. Dove vanno i tempi della metropolitana, dove la sua massa intontita, robotica, silenziosa? Forse l'unica gratificazione nel mondo sotterraneo deriva dall'immaginare la superficie, e l'insegnamento dei tunnel consiste nel dare un altro valore alle strade, dimostrare, se~retamente, che la città è il cielo della metropolitana. "Assalto al cielo!", gridò uno smisurato fautore di utopie. Le orde avanzano nella falsa luce diurna dei vagoni. Da fuori, virtuale e poderosa, la città le osserva. ♦ PIANETA TERRA

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