La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

per educare i ragazzi a lavorare insieme. Le discipline vengono a perdere in questo modo la loro caratteristica di "scatole di sapere" essendo spesso richiesti, per portare avanti certi progetti, saperi e comeetenze che provengono da aree disciplinari diverse. Rispetto alle prove che il bambino deve fare singolarmente di fronte all'insegnante e al resto della classe, nel lavoro a piccolo gruppo il livello dell'ansia cade ed anche i più timidi riescono in genere ad esprimersi meglio. Se è vero che gli alunni cinesi sono poco propensi al lavoro di gruppo, perché nella scuola cinese non è utilizzato, è vero anche che talvolta solo nel piccolo gruppo si riesce a far esprimere i bambini cinesi più riservati. Grazie alla presenza degli alunni stranieri il metodo dei erogeni viene a caricarsi anche di un significato mterculturale: lavorando insieme i bambini si trovano di fronte a modi di pensare diversi, a comportamenti dei quali non riescono a darsi una spiegazione, si imbattono in rifiuti, in silenzi o in reazioni violente. Solo attraverso questo esercizio continuo al dialogo costruttivo, solo attraverso una riflessione e una rielaborazione razionale e cosciente del conflitto che la diversità provoca in ognuno di noi, si può arrivare alla costruzione di personalità aeerte e più libere da atteggiamenti stereotip a t1. L'educazione interculturale non ha quindi grandi contenuti da proporre: il centro dell'azione educativa deve essere costituito dagli interesse e dal vissuto quotidiano dei bambini. Occorre dunque lavorare su quella che effettivamente è la cultura dei bambini e che viene formata solo in piccola parte dai libri di scuola. È necessario dunque partire dal corpo, dallo spazio, dal cibo, dal gioco e dall'immaginario: sono infatti le esperienze connesse alla cura personale, allo scandire del tempo e alle paure, sono i racconti, i miti, le leggende e le fiabe che formano la cultura di un bambino. Mi sembra quindi che fare educazione interculturale parlando della cultura della Cina non colga nel segno l'obiettivo principale: si rischia infatti di dare un' immag,ine lontana e stereotipata di un popolo con il quale invece ci ritroviamo a interagire giorno per giorno e che sfugge a quelle che sono le categorie mentali preconfezionate che ognuno di noi possiede. D'altra parte è necessario però uscire dai contenuti etnocentrici che i nostri programmi ci propongono: non è possibile insegnare ad una classe multiculturale parlando solo dello "splendore dell'impero romano" o dei movimenti patriottici italiani dell'ottocento. I nostri libri d1 testo inoltre sono veicoli di immagini distorte dei popoli diversi dal nostro: l'immagine degli arabi è spesso ricondotta allo stereotipo del fanatismo religioso e della crudeltà nella guerra; gli africani sono invece rappresentati sempre in condizioni di arretratezza e di miseria, mentre gli asiatici sono spesso dipinti come un popolo saggio e laborioso, ma anche severo e crudele nell'applicazione delle leggi. I materiali utilizzati in classi che accolgono bambini cinesi sono dunque costruiti e attentamente scelti dagli insegnanti, spesso utilizzando la consulenza di una esperta sinologa la quale presta servizio come operatore esterno nel III Circolo. Grazie alla presenza di questa esperta è stato possible organizzare dei corsi di recupero e sviluppo della lingua cinese nazionale: i corsi sono rivolti ai bambini cinesi e si svolgono per due ore settimanali all'interno dell'orario scolastico. Altri corsi di lingua e cultura cinese per bambini sono stati organizzati dal comune e vengono tenuti nei mesi estivi. La presenza della sinologa ha dato modo inoltre di programmare alcuni interventi nelle classi che avevano come obiettivo un primo approccio intuivo e pratico alla cultura cinese attraverso là costruz10ne di maschere, aquiloni o attraverso semplici osservazioni sulla lingua cinese e sulla sua evoluzione dalla scrittura pittografica alla logografica. Queste iniziative sono da considerare come interventi specialistici che sicuramente non esauriscono l'educazione interculturale, ma la completano; sono però molto importanti per i bambini cinesi e per le loro famiglie perché vedono in questo modo riconosciuta e valorizzata la propria lingua e la propria cultura originaria. In effetti, da quando la sinologa è stata presente si è registrato un aumento della partecipazione dei genitori, i quali, non conoscendo la lingua o conoscendola in maniera insufficiente, non riuscivano a seguire i propri figli a scuola e non intervenivano alle riunioni a causa proprio delle barriere linguistiche. Se è vero che la non partecipazione dei genitori cinesi alla scuola è legata a fattori culturali (in Cina non è richiesto il parere dei genitori ed è inopportuno voler intervenire sul lavoro dell'insegnante) ed anche agli incalzanti impegni di lavoro, è vero anche che se trovano nella scuola una persona capace di capirli, di mediare le due diverse culture, di aiutarli a risolvere certi piccoli problemi, i genitori partecipano molto di più alla vita della scuola. Conclusioni Vorrei riprendere in conclusione alcune affermazioni fatte in precedenza per trarre una massima generale, a dir la verità ormai piuttosto sfruttata a livello teorico, ma ancora poco applicata a livello pratico. La scuola e i singoli insegnanti devono imparare a vedere la presenza degli alunni stranieri come fonte d1 arricchimento e di crescita culturale e linguistica per tutti. Direi di più. La presenza dei bambini immigrati rappresenta una grossa occasione per democratizzare il sistema educativo italiano, il quale ha da sempre marginalizzato, in nome di una fittizia uguaglianza e omogeneneità nazionale, coloro che presentavano differenze di sesso, religione, di estrazione sociale e culturale. Lo stesso principio deve valere a livello sociale: gli immigrati hanno messo in evidenza l'inefficienza di uno stato sociale il quale non ha mai garantito i diritti minimi essenziali a tutti i cittadini. È assurdo quindi voler chiudere le porte e lasciare che tutto continui come prima: chiedere i diritti per gli immigrati è chiedere i diritti per tutti. La scuola occupa un posto centrale in questo processo di cambiamento, ma non può essere lasciata da sola. È indispensabile che ogni bambino e ogni ragazzo avverta una certa continuità fra i principi appresi fra le mura scolastiche e quelli che egli percepisce come dominanti nella società esterna. Uno degli obiettivi dell'educazione interculturale è educare al dialogo e alla convivenza democratica, ma quale dialogo e che tipo di convivenza può sorgere fra persone che ancora sentono di non aver ancora garantiti i fondamentali diritti ali' educazione, alla salute e al lavoro? ♦ IMMIGRAV

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