La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

scuole organizzano gli interventi in funzione P:oprio dei bisogn~, :eali o presunti, d~i ba~- bim e per questo e interessante esaminare il rapporto esistente fra la percezione dei bisogni e la messa a punto di strategie scolastiche. Io credo che il problema della comunicazione in generale, e linguistico in particolare, sia il centro principale verso il quale si dirigono le maggiori energie degli insegnanti. L'apprendimento della lingua italiana è visto come una delle condizioni fondamentali per il regolare svolgimento di un percorso scolastico ed è per questo che le prime iniziative messe a punto per gli alunni immigrati SORO state quelle di sostegno linguistico. La padronanza dell'italiano non è comunque sufficiente a garantire di per sé una buona riuscita scolastica. Altri ostacoli, oltre quello linguistico, si frappongono ad una buona scolarizzazione dell'alunno straniero. Alcuni di questi sono, come ho già detto, di carattere comunicativo: difficoltà reciproche ad interpretare la gestualità, la mimica e le espressioni, difficoltà legate ad una diversità di regole pragmatiche culturalmente determinate. Per questo tipo di problemi, di più recente consapevolezza, sono state messe a punto attività laboratoriali basate su linguaggi non verbali che dovrebbero costituire una occasione per apprendere ad esprimersi senza far ricorso alla lingua orale e scritta. Questi laboratori sono inoltre sorti per rispondere ad un altro tipo di problema: quello della socializzazione dei bambini cinesi i quali vengono spesso definiti dagli insegnanti chiusi e riservat1. Penso, come ho già detto prima, che questi problemi evidenzino bene sia le difficoltà della scuola ad adeguarsi ai nuovi bisogni, che la lentezza con la quale permeano le innovazioni metodologiche e didattiche. Mentre, infatti, la scuola italiana ha continuato a fornire un servizio calibrato alle esigenze formative di una determinata utenza, appartenente ad un certo livello sociale e culturale, alcuni pedagogisti e alcuni educatori, già dalla fine della seconda guerra mondiale, hanno lavorato per costruire una scuola organizzata per offrire le stesse opportunità educative a tutti. Pensiamo, tanto per fare alcuni nomi, a Lamberto Borghi, Bruno Ciari, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Don Milani. Da una parte, dunque, vi è una scuola dove ancora scarseggia un certo tipo di docente dotato di una buona professionalità, capace di fornire un servizio qualificato e attento ai diversi bisogni dell'utenza, dall'altra parte, però, c'è un contesto sociale spesso intollerante ed emarginante, una politica verso gli immigrati più poliziesca che garante dei fondamentali diritti umani. Penso che una buona parte dei problemi riscontrabili nella scuola abbiano una propria base nelle condizioni sociali degli immigrati. Quando un bambino subisce ed assiste continuamente ad arresti, ai controlli, agli sgomberi, quando vive in una situazione di precarietà continua, in condizioni igienicoabitative disastrose, io credo che qualsiasi tecnica didattica poco può fare per alleviare il continuo disagio nel quale vivono una parte di questi bambini. Cerchiamo allora, anche parlando dei problemi sociali, di guardare con coraggio anche l'altra faccia della luna: costituiscono davvero i cinesi una "comunità incapsulata" come ancora sostiene qualche sociologo, oppure è la società italiana incapace di trovare punti di integrazione con questa comunità? Flessibilità organizzativa e ottimizzazione delle risorse professionali Dopo aver dato un quadro abbastanza generale dell'inserimento nelle scuole fiorentme dei bambini cinesi, questo paragrafo verrà dedicato ad una rifless10ne sulla organizzazione scolastica riferendomi in particolare al III Circolo di Campi Bisenzio. Nonostante esista una diversificazione delle modalità di intervento, nel tentativo di aderire il più possibile alle realtà che i singoli plessi presentano, si possono ravvisare una serie di principi organizzativi i quali rendono la scuola più flessibile e ,quindi _piùefficace nel rispondere alle diverse necessità. Le classi ad esempio sono concepite come strutture aperte, aperte alle altre classi, _parallelee non, ma anche al territorio e agli stimoli che provengono. dall'ambiente esterno. Questa organizzazione permette di predisporre progetti intorno a dei centri di interesse, i quali meglio si prestano per favorire il processo di apprendimento e di integrazione sociale dei bambini. In effetti il metodo dei progetti è abbastanza consolidato in queste zone: l'unica novità è che grazie alla P.resenza dei bambini cinesi si sta cercando di utilizzare questa metodologia anche per attività a carattere interculturale o che abbiano come finalità l'apprendimento e lo sviluppo dell'italiano come L2. Comunque l'organizzazione più diffusa in presenza di alunni stranieri è il "laboratorio": il laboratorio è in genere affidato ad insegnanti distaccati in base all'art. 14, 6° comma della legge 270/82. Sotto l'etichetta "laboratorio" si trovano in effetti metodologie e finalità diverse. Generalmente il termine laboratorio richiama alla mente un luogo nel quale si può sperimentare nuove sostanze e nuovi prodotti, un luogo dove l'agire è disciplinato ctal pensiero attraverso procedimenti di riflessione, ipotesi, attuazione, verifica e valutazione. In effetti non tutti i laboratori messi in atto nel III Circolo corrispondono a questa definizione. Il laboratorio Iìnguistico, nella sua vecchia concezione, assomigliava veramente poco al "laboratorio": esso si rivolgeva ai bambini stranieri divisi in gruppi di live1lo per svolgere esercitazioni in lingua italiana prevalentemente con un a_pproccio grammaticale. Oggi il laboratorio linguistico è invece preferibilmente rivolto alle classi intere per attività di riflessione linguistica, poesia, lettura in modo tale che l'apprendimento dell'italiano non sia fine a se stesso, ma diventi il mezzo per raggiungere risultati gratificanti (una rappresentazione teatrale, una filastrocca, un testo di una canzone ...). Altri laboratori cercano di coniugare l'acquisizione di specifiche competenze con la socializzazione dei bambini e lo sviluppo di linguaggi specifici anche alternativi all'italiano orale e scritto. I laboratori di educazione musicale e di educazione motoria, ad esempio, si sono rivelati ottimi strumenti per favorire l'integrazione dei bambini stranieri e per sviluppare l'italiano L2 anche nel caso di bambini stranieri nuovi arrivati. Il laboratorio di scienze ha ra_ppresentato invece una ulteriore opportunità di sperimentare P.raticamente le elementari leggi di fisica, di sviluppare gradualmente un linguaggio specifico e di acquisire un modo di pensare che imposti correttamente, attraverso un procedimento di ipotesi, verifica e valutazione, la risoluzione di situazioni problematiche. Anche questo laboratorio è strutturato in maniera tale da coinvolgere tutti i bambini di una classe divisi in gruppi eterogenei per etnia e rendimento scolastico. Per mettere in atto una organizzazione così IMMIGRATI

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==