La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

pano certo di rendere più abitabile il posto do- . " ve vivono . Ma Hu, che viene dalle aree più arretrate e che la lingua nazionale cinese, il putonghua, l'ha imparata solo dopo aver lasciato la Cina, non si sente da meno dei cittadini di Wenzhou e difende la sua dignità: "per forza non sono intelligente, non ho potuto studiare, facevo il mandriano, e lo stesso lavoro faceva mio padre prima di me". Hu è minuto, due peli d1 barbetta rada su una faccia da bambino. Vive nella Prato del futuro dove, come raccontano le riviste specializzate, "il concetto di impresa-rete è sià stato abbondantemente superato, sostituito dall'impresa vin.uale", ma ha il portamento, i lineamenti s1.nza tempo dei cinesi ritratti nelle lastre di padre Leone Nani nella Cina dei primi anni ,Jel secolo. Per l'amico che gli sta accanto, Hu traduce nel dialetto del Zhejiang quello che ci siamo detti in cinese. Poi, a me racconta che lui il putonghua l'ha imparato per rabbia. Lavorava in Francia presso un datore di lavoro vietnamita, e quello, che parlava cinese, prendeva in giro Hu e i suoi com.l?agni che parlavano solo il dialetto del ZheJiang: "voi cinesi, andate in giro per il mondo e non sapete nemmeno la vostra lingua". Hu ha deciso che non si sarebbe lasciato umiliare più a lungo, il putonghua l'ha imparato col video-registratore e un pacco di cassette che si è fatto mandare dalla Cina. I diversi gruppi cinesi insediati in Toscana - geograficamente distribuiti soprattutto lungo la direttrice Firenze-Prato-Pistoia con una concentrazione massima nella periferia di Firenze, nei comuni limitrofi e nell'area pratese - sono dunque percorsi da dinamiche socialì che si fanno sempre più marcate e che vengono rafforzate dall'alto livello di competitività interna per un mercato sempre più affollato. Per questo, parlare dei cinesi presenti nella regione come di un'unica comunità, rischia di essere riduttivo e fuorviante. Ma se le sfumature e le stratificazioni sociali legate all'area di provenienza, e anche quelle che subentrano una volta che le singole famiglie si sono attestate su un determinato livello di arricchimento, scompaiono di fronte alla linea - di gran lunga più discriminante sul piano personale, sociale e giuridico - che divide i cinesi presenti in Italia regolarmente, non importa se di origini urbane o rurali, da quelli che vivono clandestinamente nel nostro paese. Fioriscono bizzarre teorie sui clandestini presenti in Italia, soprattutto se questi clandestini sono cinesi, e quindi per definizione caricati della reputazione di grandi lavoratori e grandi affaristi che li accompagna in tutto il mondo. Chi accusa gli artigiani cinesi che operano in Italia di "concorrenza sleale" spesso si costruisce una strana equazione secondo cui queste persone preferirebbero vivere nella clandestinità perché questa condizione permetterebbe loro di lavorare "in nero" e quindi favorirebbe i loro affari. Evasione fiscale e volontà di viver.e nella clandestinità vengono quindi confuse e sovrapposte. In realtà è evidente che il passaggio da clandestino a regolare non è affare che possa essere deciso dagli immigrati. La sanatoria della legge Martelli ha regolarizzato la presenza dei clandestini già presenti sul territorio nazionale prima del 1990, ma per chi è arrivato dopo non c'è soluzione. Piuttosto, sono parecchi i cinesi che, pur regolarmente presenti in Italia, vivono in una situazione di irregolarità marginale: sono titolari di piccole imprese artigiane pur avendo un permesso di sogsiorno per lavoro subordinato e l'interpretazione restrittiva della legge Martelli data da una parte delle questure italia .. tte impedisce loro di ottenere un permesso da lavoratore autonomo per regolarizzare pienamente la loro situazione ed essere guindi irreprensibili nella loro attività produttiva. Quello che è meno evidente, invece, è che per i cinesi presenti clandestinamente in Italia - in Toscana due terzi dei circa 20.000 presenti, secondo le stime delle questure e per stessa ammissione dei cinesi - la condizione di clandestino equivale ad una perdita di dignità e ad un ulteriore indebolimento dell'identità. Wuming, senza nome, è così che i clandestini si autodefiniscon0 e vengono definiti dagli altri membri della comunità. Senza nome cioè senza diritto ad esistere. È ovvio che ognuno di loro farebbe qualsiasi cosa pur di uscire dalla condizione di clandestinità. Spesso all'interno delle famiglie cinesi ad essere clandestino è uno dei due coniugi. I figli sono presenti regolarmente in Italia, spesso addirittura nati nel nostro paese, e sarebbe possibile regolarizzare la presenza del genitore clandestino grazie al ricongiungimento familiare. Ma il ricongiungimento è difficile da ottenere anche per quelle famiglie cinesi che hanno un reddito decente. Cinzia Liao ha diciotto anni e, dal momento che è l'unica in casa a parlare l'italiano, sestisce i rapporti con il mondo esterno della piccola impresa artigiana di famiglia. Racconta i suoi due anni di tentativi a vuoto per regolarizzare la presenza della madre in Italia: "noi un po' di soldi ce li abbiamo, il problema è che non ci riesce di trovare una casa in affitto, nemmeno a prezzi leggermente superiori a quelli di mercato. E visto che nessuno ci affitta una casa perché siamo cinesi, non ci riesce di separare l'abitazione dal laboratorio e l'ipotesi di regolarizzare la presenza di mia madre resta un sogno. Anzi, dopo due anni è ormai un incubo". Se la maggior parte delle famiglie cinesi si tengono i loro élandestini, sperando che prima o poi saranno in grado di ridare un nome e una legittimità sociale e giuridica ai loro parenti, tra le famiglie insediate da maggior tempo in Toscana in questi ultimi tempi cominciano ad affiorare i primi malumori verso la presenza di questi wumingi che finiscono per essere ingombranti. "Non c'è verso di regolarizzare la loro presenza qui, e poi rovinano la sià traballante immagine dei cinesi in Italia", taglia corto Xu, il giornalista radiofonico. Tra i veterani cinesi c'è anche chi arriva a temere che i servizi forniti ai residenti cinesi dà organismi istituiti dagli enti locali toscani quali il Centro di ricercae servizi per la comunità cinese di Prato o il camper itinerante Di piazza in piazza che opera nell'area fiorentina possano in qualche modo favorire i clandestini e quindi richiamare altri cinesi, cioè altri potenziali concorrenti, nella zona dove loro sono insediati. "C'è un modo di dire che viene dalla tradizione cinese e che descrive bene questo comportamento, - scherza Marco Y e - 'tagliare le corde che reggono il ponte sul fiume dopo averlo attraversato': è quello che vorrebbero fare queste persone, non vogliono rischiare di dover dividere con altri quello che si sono guadagnati a fati- ,, ca . ♦ IMMIGRATI

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