ce il fenomeno comincia ad avere una sua certa consistenza, e non soltanto tra i cinesi residenti in Toscana. "È il clima che si respira ad essere cambiato - suggerisce Marco Ye che gestisce un ristorante a Latina - nei primi anni Novanta tra i cinesi che incontravi in Italia si respirava un'aria di speranza, è dura ma ce la faremo, si dicevano l'un l'altro, oggi quel clima quasi euforico è scomparso". Marco Ye stesso d'altronde pianifica di lasciare al più presto l'Italia per tornare a Wenzhou. Xu, il giornalista, può scegliere, è a suo modo fortunato e intraprendente (progetta scambi di programmi radiofonici tra la potente televisione del Zhejiang e la piccola radio toscana); per quanto il numero degli intellettuali cinesi presenti in Italia resti contenuto sia in valori assoluti sia in confronto ad altri paesi europei di più antica presenza cinese, Xu può trovare tra i suoi connazionali residenti in Italia altre persone con una cultura del suo livello. Ci sono, nel nostro paese, pittori, scrittori, musicisti e studiosi cinesi che hanno scelto di vivere definitivamente in Italia e che, pur sparsi in città diverse, mantengono una qualche forma di contatto tra di loro. Persone che, come Xu, hanno per la maggior parte _potuto scegliere. Per molti altri cinesi residenti in Italia, meno fortunati in partenza, l'emigrazione è stata invece la speranza centrale. Provengono per lo più dalle zone più montagnose e povere della ricca provincia del Zhejiang, hanno una cultura di base molto più modesta e avevano scarse prospettive di arricchirsi restando lì dove sono nati. Per la maggior parte di loro non si pone il dilemma tra restare in Italia e tornare in Cina. Sono stati scelti dalla famiglia per l'avventura migratoria che doveva dare lustro e ricchezza anche a chi è rimasto, e se anche, ora che sono in Italia, alcuni di loro sentono l'impresa superiore alle loro forze e telefonano a casa piangendo che non ce la fanno, dall'altro capo del filo i parenti restano inflessibili e insistono: "altri ce l'hanno fatta, ce la farai anche tu". Sono principalmente i prestiti con interessi da usura contratti al momento di lasciare la Cina e non ancora estinti che in questi casi rendono impossibile l'abbandono del prosetto migratorio. La distinzione tra i due pnncipali gruppi di immigrati provenienti dalla provincia del Zhejiang - quelli che provengono dalla città di Wenzhou e quelli che vengono dalle zone più arretrate delle montagne circostanti - è netta e IMMIGRAV non andrebbe sottovalutata. Se nascono dei dissidi tra famiglie cinesi provenienti da località diverse (tra chi proviene dalla città di Wenzhou e chi viene dal distretto di Wencheng, ad esempio, o tra quelli dei distretti di Wencheng e di Qingtlau) è facile che i gruppi di appoggio che si schierano intorno alle due famiglie in rotta corrispondano alle rispettive aree di provenienza. L'identificazione con chi è nato nella stessa città, nello stesso villaggio, è un elemento che affiora facilmente in molti gruppi migranti; per i cinesi tuttavia l'appartenenza geografica, definita nel dettaglio, àssume una connotazione talmente forte che questo tipo di legame tende ad essere equiparato al legame di parentela e assume la valenza di un impegno reciproco equivalente a quello che esiste tra i membri della famiglia cinese allargata. In questa polarizzazione legata all'area di provenienza fioriscono i pregiudizi e i .distinguo reciproci: non è raro che i cinesi che provengono da Wenzhou definiscano "incolti", "contadini" quelli che vengono dalle aree più arretrate e che quest'ultimi, di rimando, li accusino di avere la puzza sotto il naso. Zhou Minyi, a Wenzhou, aveva avviato un'attività commerciale, sua moglie faceva l'insegnante; ora entrambi confezionano vestiti a Prato. La famiglia Zhou sta ora attraversando un momento difficile: è stata avviata una serie di ssomberi di quei laboratori dove intere famiglie cinesi lavorano e vivono, e i Zhou dovranno fare in fretta a produrre la documentazione che attesta che loro una casa ce l'hanno, fanno parte della ristretta schiera di cinesi che sono riusciti a comperarsi una casa in Italia, non vivono dove lavorano. Discutiamo insieme degli sgomberi, Zhou Minyi ritiene che la responsabilità del disagio che tante famiglie cinesi stanno vivendo vada divisa a metà tra l'amministrazione locale che emette ordinanze di sgombero e quei cinesi che vengono dalle aree più povere della sua stessa provincia: "quelli del Comune non capiscono che molti di noi vivono e lavorano nello stesso posto perché ai cinesi gli italiani affittano soltanto vecchi fondi in disuso, e a prezzi esorbitanti", protesta Zhou, "ma se per mandarci via dai magazzini in cui viviamo il Comune si giustifica con 'ragioni igieniche', allora la responsabilità è anche dei nostri 'contadini'. Quelli a casa loro, in Cina, non avevano nemmeno il pavimento in cemento, e qui non si preoccu-
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