sia l'abilità che una domanda di questo tipo può misurare (in modo "scientifico", naturalmente). Il fascicolo si conclude con le istruzioni per l'insegnante che deve sottoporre il test ai ragazzi (o i ra~azzi al test). Vi si legge tra l'altro che che ogm prova deve durare novanta minuti e che l'iniz10 dovrà essere dato da un segnale, «per esempio: Via!», e la fine da un altro segnale, «per esempio: Alt!». L'intonazione tra ginnica e militaresca im_plicitain queste istruzioni è rafforzata dal ritorno ossessivo (una decina di volte in due scarne cartelle) del verbo «somministrare», che funge da parola-chiave dell'intero testo. Ma che cosa vuol dire "somministrare"? Il dizionario propone tre significati possibili. - «Fornire svolgendo una prestazione (es.: somministrare viveri ai poveri, medicine agli ammalati, sacramenti ai moribondi)». Direi che non è il nostro caso. «Fornire periodicamente prestazioni di cose dietro pagamento». Neppure questa è la definizione che ci riguarda. - Poi c'è un terzo sisnificato: «Affibbiare, appioppare (es.: somministrare schiaffoni)». Giurerei che se interrosassimo le ragazze e i ragazzi che, dopo i "corsi d'accoglienza" (persino l'accoglienza è diventata un corso!), vengono sottoposti al progetto "Prometeo",,ci risponderebbero che quest'ultimo è il significato giusto. Questo lessico bellicoso investe di sé tutto il gergo della valutazione e della programmazione. Pensate a termini come "obiettivo" («Zona verso cui è diretta un'operazione militare per conquistarla; ciò che si vuole colpire con l'artiglieria, con fucili, con bombe e simili»; nel documento di accompagnamento all'ultima scheda di valutazione per la scuola media si parla addirittura di «marcia verso gli obiettivi»), "unità didattica", "batteria di test"; ai quali si possono accostare le parole di matrice economicistica ed aziendalistica: "produttività", "contratto formativo", "indicatore", e via dicendo. Persino le bambine e i bambini non sono più "persone" ma " . ,, (" . risorse umane risorse" = «i mezzi di cui si dispone e che possono costituire sorgente di guadagno o di ricchezza». Membri del consorzio umano ridotti a mezzi: che cosa ne penserebbe il vecchio Immanuel Kant?). Inutile dire che qus te parole non sono neutre. Le parole sono pietre. Il lessico che usiamo tutti i ~iorni plasma i nostri atteggiamenti rispetto alle cose che facciamo e alle persone con cui ci ra_pportiamo. l_2ual è il denominatore comune che lega il progetto "Prome- ~ teo" con i documenti di valutazione delle elementari e delle medie? Credo che sia l'ideologia del controllo. Ci si aspetta che l'insegnante controlli ogni fase del processo di insegnamento-apprendimento, dall'inizio alla fine (il Ql, il Q3 e il Q4 delle schede in uso nelle scuole efementari e medie). Secondo questa visione l'insegnante si deve comportare come un operatore-osservatore esterno al sistemaclasse, che inserisce degli input, valuta gli otput in uscita, e sulla base del rapporto fra gli input e gli output regola, come un termostato, i tempi e i modi del percorso didattico. Il presupposto su cui si basa guesto modello è un'idea rigorosamente unidirezionale dell'insegnamento come trasmissione di un sapere dato: c'è un repertorio di discipline predefinite da far entrare in dosi crescenti nella testa dei ragazzi; si tratta di scandirle in abilità, che siano traducibili in obiettivi, riscontrabili attraverso indicatori e descrittori; compito dell'insegnante è verificare passo per passo quanto sapere è entrato nella testa dei ragazzi, correndo tempestivamente ai ripari se il percorso non si svolge secondo la tabella di marcia. In un modello di questo tipo non c'è posto per l'imprevisto. L'imprevisto deve essere eliminato, o quanto meno ridotto ai minimi termini. Ma noi che insegnamo sappiamo che l'imprevisto è un ingrediente fondamentale del nostro mestiere. Noi non ci limitiamo ad introdurre degli input e a valutare degli output; gli studenti ci mandano continuamente prepotenti o sommessi segnali che spesso sono del tutto fuori dai nostri progetti e dalle nostre cornici mentali. Da questo punto di vista l'imprevisto non è un incidente di percorso ma una risorsa fondamentale del nostro mestiere. È l'imprevisto che crea un rapporto bidirezionale fra noi e le persone che abbiamo di fronte, determinando una relazione che non si basa sul controllo unilaterale ma sullo scambio e sulla reciprocità. Non si tratta tanto di trasmettere un sapere dato, quanto di costruire un sapere nuovo, che nasce dall'incontro fra le npstre nozioni, i nostri valori e modelli di mondo, e le nozioni, i valori, i modelli di mondo dei ragazzi e delle ra~azze che abbiamo d1fronte. Credo che questo sia un punto importante anche perché oggi la scuola è l'unico luogo in cui i bambini e le bambine, i ragazzi le ragazze, incontrano adulti che non siano i loro genitori. Mi sembra di poter dire, per mia esperienza, che questo incontro avviene, da parte dei ragazzi, sotto il segno di un'iniziale fiducia e curiosita: vorrebbero parlare con noi, sape-
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