ragazzi e nelle rasazze, che sono stati sottoposti a continue verifiche delle più disparate; nelle famiglie perché questo tipo di linguaggio è in realtà un'ulteriore barriera che allontana le famiglie per il suo tecnicismo. Chi è a scuola ogni anno di più ha la sensazione che manchi il tempo, mentre io riflettevo, anche rispetto alla mia esperienza di studentessa, che in realtà in questi decenni il tempo-scuola si è dilatato e continua a dilatarsi. Quando io ero una ragazzetta, si diceva "rimandare a ottobre", perché effettivamente gli esami di riparazione erano a ottobre; le scuole cominciavano dopo gli esami, quindi a metà ottobre; c'erano le festività cosiddette soppresse; non c'erano rientri pomeridiani, cioè era un'orsanizzazione in realtà più snella, sia come matene sia come orari della scuola. E og~i, con il tempo scuola così dilatato, noi continuiamo a sentire invece il problema della mancanza del tempo, dell'essere all'inseguimento delle cose, dell'essere all'inseguimento dei programmi. Allora qual è il tempo che ci viene sottratto, il tempo che manca? Il problema su cui dobbiamo confrontarci, e che fa parte proprio del fare scuola, è che ci manca il tempo del conoscersi, del conoscere, dell'essere in relazione, del parlarsi. È questo il tempo che non c'è nella scuola. Per esempio, il primo contatto si dà per scontato: si entra il primo giorno di scuola in una classe, si dà per scontato, non so, che abbiano il diario o il quaderno, o che siano r,ronti e pronte per imparare qualcosa. Manca 11 tempo del primo contatto, il tempo del capire io chi sono, tu chi sei, di avvicinarsi, dell'attesa che nasca una scintilla, dello stupore e della sorpresa davanti a un sapere che prima non si sapeva; dell'avere delle difese - perché non possiamo dirci che alcuni ragazzini o alcune ragazzine non ci facciano scattare delle difese -, quindi del tener conto e superare le difese nostre e loro, dell'andarsi incontro, del ritirarsi, dei conflitti inevitabili che nascono, del fare aggiustamenti su quello che pensavamo di fare, del cambiare strada. Questo tempo, che è poi pro_prio il tempo che trasforma la scuola da una noia insopportabile, per noi e per loro, in una possibilità invece di pensare la conoscenza come un'avventura, perché nell'imprevisto ci si sioca di persona, si fa insieme; si costruisce cultura, questo tempo è un tempo che non sopporta sistemi tecnicistici e burocrat1zzant1. Il problema è che l'incuria di questo tempo, aumenta l'alienaz10ne per chi vive nella scuola, che siano studenti e studentesse, che siano insegnanti, che siano genitori. In questa ripresa di anno scolastico io l'ho visto bene: ci sono ragazzini e ragazzine che al secondo giorno di scuola già hanno chiuso porte e finestre della mente, non ne vogliono più sapere per tutto l'anno; ci sono insegnanti che già progettano di iscriversi, per esempio, a corsi di danza per compensare in qualche modo la fatica, la noia dello stare a scuola; ci sono genitori che in un tempo breve diventano nemici della scuola, madri e padri con cui non si riesce più ad avere rapporti e parlare. Il confronto di oggi serve anche a dirci come tenere conto di questo tempo essenziale, come darcelo, come riaprire la scuola a delle forme di insegnamento m cui ci si parli, a forme di scambio con i genitori, a forme valutative, e qui entriamo in argomento, che siano ragionevoli. Noi le abbiamo definite: ragionevoli, amichevoli, comprensibili. Con questi tre aggettivi vogliamo proprio ridare senso a quello che stiamo facendo. Vogliamo, in sintesi, vedere come valorizzare tutto quello che nella nostra pratica quotidiana a scuola facciamo, perché è come se la realtà stessa ce lo chiedesse, ma che non trova mai modo di diventare parola, modo di diventare una teoria, un sapere comunicabile che sia il sapere della scuola. La seconda questione che volevo sollevare è quella della SC1entificità.Rivedendo la storia della valutazione ufficiale, e la mia esperienza - io in realtà sono ormai una vecchia insegnante-, mi sembra che tutti i sistemi valutativi che si sono alternati in Italia si possano leggere anche come un modo di arginare o anche di aggirare il potere e l'arbitrarietà dell'insegnante. Armellini entrerà nel merito del rapporto coi cosiddetti e le cosiddette esperte, però mi sembra che il loro intento sia stato questo, cioè trovare un argine all'arbitrio, non è tanto lontano Don Milani da non ricordarci le battaglie contro il potere dell'insegnante. Soprattutto questo ultimo sistema, quello introdotto l'anno scorso, voleva essere la sintesi migliore di tutti i sistemi valutativi del nostro paese, perché intendeva superare i voti che, ormai si sa, non sono comparabili, superare le misurazioni solo oggettive, superare quindi dei sistemi troppo tecnici, e coinvolgere genitori e studenti nella valutazione. Solo che questo primo anno di a_pplicazione dice ch1aramen te che questo nuovo sistema valutativo non funziona. Lo stesso ministro Lombardi ha fatto autocritica e marcia indietro per la scheda delle elementari, il problema è cercare di chiarire perché non funziona. Per quello che capisco io, non funziona perché cerca di arginare l'arbitrio e il potere dell'insegnante adottando una procedura scientifica di tipo classificatorio e, secondo me, bisogna cominciare a dire chiaramente che il metro classificatorio applicato a esseri viventi è un metodo inadatto. In questa stessa uni-
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