La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

PIANETA TERRA L'Europa tra Torino e Firenze Giulio Marcon La Conferenza lHtergovernativa (Cig) dei -1uindici paesi dell'Unione Europea che si è riunita recertemente a Torino (29-30 marzo) è stata l'avvio ufficiale del processo di revisione del Trattato di Maastricht, cioè dell'architettura della costruzione europea dei prossimi anni. Per il Trattato di Maastricht si è usata spesso la sentenza di fallimento. E, per certi versi, lo è. Ma bisogna ricordare che Maastricht era stato pensato prima dell'Ottantanove. Lo sconvolgimento dell'Europa dell'est aveva cambiato i termini di quel progetto di unificazione, che invece è rimasto immutato nelle sue caratteristiche fondamentali originarie. L'accento sui parametri monetari e finanziari (prima che economici) e le misure intraprese si sono dimostrati inefficaci nel costruire un vero processo di unità: anzi, questo ha rischiato di produrre anche effetti negativi sul cammino di unificazione. Oggi solo sei paesi (Finlandia, Danimarca, Irlanda, Olanda, Germania e Gran Bretagna) su quindici sono dentro i parametri consentiti del 3% d1 deficit pubblico sul Pii (Prodotto Interno Lordo), necessario per dar vita all'Unione Monetaria Europea. L'assioma molto tradizionale che il processo di unificazione economica avrebbe trascinato quello istituzionale e quello sociale si è dimostrato non veritiero. In realtà nemmeno di un processo di unificazione economica si è trattato, ma di convergenze di carattere monetario e finanziario che hanno palesato tutta la loro fragilità e irrealizzabilità. Queste hanno tra l'altro costretto i teorici più "dogmatici" del processo di unificazione a ipotizzare tre-quattro Europe diverse nell'Unione, secondo il grado di compatibilità monetaria e finanziaria. Qualcuno ha anche coniato un'immaginosa area geopolitica, la Framania, come il nocciolo duro dell'Unione Europea, ossia l'asse francotedesco. Tra l'altro la Francia è oltre quei parametri (ha il 3,4% di deficit pubblico sul Pii) e ha avuto violente reazioni contro Maastricht (il No al referendum sul Trattato sfiorò la maggioranza) e contro gli effetti sociali che questo ha imJ?licato (si ricordino le manifestazioni che hanno riempito le piazze per le ultime proteste sociali). Chirac, sperando di avere la coleadership del processo di unificazione, ha messo sul piatto della bilancia l'atomica, con irresponsabile e velleitaria grandeur. Ma, forse, non basterà. Dai parametri finanziari a quelli economico-sociali Il processo di unificazione economica - attualmente - non è molto al di sopra di un perfezionamento dell'area del libero scambio. I sindacati - in occasione della Conferenza di Torino - hanno proposto di aggiungere ai l?arametri monetari e finanziari quelli sociali, per esempio il tasso di occupazione, come elemento di compatibilità per l'entrata in Europa. Le associazioni di volontariato, il Terzo Settore, hanno chiesto di incorporare nel Trattato il "Protocollo sociale" e anche una "Carta dei diritti sociali fondamentali". Hanno prop'òsto di allargare la stessa proposta del sindacato introducendo dei parametri di "convergenza sociale", quali, oltre il tasso di occupazione, il livello di protezione sociale, il tasso di scolarizzazione, il tasso di attiyità ecc. Chi voglia stare in Europa non. deve solo rispettare la percentuale di deficit pubblico, ma anche i tassi di civiltà sociale e umana. Si scontrano due visioni diverse: l'Europa dei mercati e quella sociale e fondata sulla cittadinanza.· Sulla prima puntano ancora le leaderships economico- finanziarie transnazionali, sulla seconda avrebbe interesse di scommettitore una società civile europea organizzata e le rappresentanze democratiche e istituzionali. Già il Libro bianco di Delors aveva individuato alcune direttrici di intervento per favorire l'occupazione (1 disoccupati in Europa sono oltre venti milioni) e, come diceva il titolo del paragrafo del Libro bianco, "tradurre la crescita in posti di lavoro", visto che in Europa - come nelle aree industrializzate e sviluppate - la crescita economica si è finora tradotta in maggiori profitti e competitività e in perdita dei posti di lavoro. Si tratta di non affidare al solo mercato il problema della lotta alla disoccupazione: qui, è la politica che deve guidare l'economia. Lo sviluppo del Terzo Settore, dell'economia sociale e non profit, l'intervento misto pubblico-sociale possono essere una delle strade da seguire di fronte alla crisi strutturale del lavoro: puntando sulla formazione (si veda in questo senso il progetto Cresson di un Servizio Volontario Europeo per i giovani), sull'utilizzo in modo diverso dei fondi strutturali non solo per le compensazioni della Pac (Politica Agricola Comunitaria) e del Fondo Sociale Europeo. Vanno trovate altre risorse per questo nuovo tipo di intervento comunitario: la tassazione su redditi, lavoro, consumi e proprietà è ormai giunta a un livello non ulteriormente espandibile. Mentre si possono esplorare nuove forme di pressione fiscale che tengano conto di un'economia sempre più globalizzata: la bit-tax (sulle comunicazoni informatiche nel mondo finanziario) e la tassa sui movimenti e le transazioni finanziarie e di capitali potrebbero due strade da seguire. Non peserebbero essere sui capitali produttivi, sul lavoro e sui consumi. L'Unione Europea potrebbe esplorarne la realizzabilità naturalmente in un ambito globale. I poteri: dai governi nazionali alla rappresentanza democratica Alla Conferenza Intergovernativa di Torino l'Europarlamento è stato il convitato di pietra. La sua assenza, senza poter influenzare le decisioni che i governi prende-

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