La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 14 - aprile 1996

PIANETA TERRA Israele e Palestina dopo Shamir Mario TedeschiniLalli Mario Tedeschini Lalli scrive di esterisu "la Repubblica". ♦ Due settimane prima dell'assassinio di Yitzhak Shamir mi sono goduto la pace in Medio Oriente. Erano anni che mia moglie e io avevamo deciso di concederci una "vera vacanza" in Israele. Grane di lavoro e difficoltà logistiche connesse alla sistemazione di due figli per due settimane ci avevano costretti a rimandare di anno in anno. Il caso ha voluto che le "condizioni al contorno" favorevoli alla nostra vacanza si siano realizzate alla metà di ottobre, in un momento particolarmente felice per la regione mediorientale. In estate era stato firmato il cosiddetto "Oslo-2", l'accordo per il ritiro dell'esercito israeliano dalle maggiori città dei territori occupati e per la convocazione delle prime elezioni libere palestinesi. I "territori", _per lunghi periodi chiusi dagli israeliani per motivi di sicurezza, erano aperti. I nuovi posti di frontiera con la Giordania, frutto del trattato di pace del '94, erano regolarmente funzionanti. E noi ne abbiamo approfittato: in due settimane abbiamo attraversato sei volte la frontiera d 'Israele, un fatto materialmente impossibile e teoricamente inimmaginabile solo poco tempo fa. Girando liberamente per quindici giorni tra Israele, Giordania, Egitto e zone dell'Autonomia palestinese abbiamo avuto, insomma, un assaggio di che cosa P?trebbe diventare questa regione. In parte di 9.uello che è $ià diventata. Al d, là degli alt, e bassi, o dei veri drammi che la politica, l'ideologia e la propaganda potranno ancora causarle. Sul monte Nebo, in Giordania, si incontrano carovane di turisti israeliani che finalmente possono guardare Y.QQ. il loro Paese dall'altura da dove si dice l'abbia potuto ammirare Mosè prima di morire. Nella zona archeologica di Petra, sempre in Giordania, i tre o quattro alberghi esistenti appena tre anni or sono si stanno moltiplicando per dieci, in un boom edilizio dovuto non solo agli israeliani, ma a migliaia di turisti europei o americani che ormai si permettono di tagliare fuori Gerusalemme e Amman e "fanno un salto" a Petra partendo dai loro alberghi sulle spiagge di Eliat nel Mar Rosso. L'ultima sera siamo stati a cena da un vecchio amico di famiglia a Te! Aviv. Pochi giorni dopo, a meno di trecento metri dall'appartamento del nostro ospite, lo studente modello Yigal Amir scaricava la sua pistola nel corea di Yitzhak Rabin. E sembrato, per un momento, che con Rabin, con il vecchio generale "falco" trasformatosi in un primo ministro "colomba" per am<;>redel suo paese, potesse monre anche il processo di pace. Quella breve r.arentesi di "normale tranquillità" appariva definitivamente chiusa. Un tragico "ritorno alla realtà" simboleggiato dalla immediata chiusura dei territori occupati per ragioni di sicurezza. Ancora una volta centinaia di migliaia di palestinesi erano costretti a restare nelle loro case, nelle baracche dei loro campi profughi, senza poter andare a guadagnarsi da vivere in Israele. Ma chiunque voglia dare un senso agli avvenimenti in quella regione deve cercare di mettere da parte le emozioni del momento. Deve tentare di scorgere il quadro d'insieme che la grande, frenetica corsa sulle montagne russe della politica e della strategia mediorientale imeedisce di vedere. Non che sta facile. In ogni momento ti sembra che la realtà ti sfugga di mano, contraddica se stessa. Vediamo allora se riusciamo a indicare alcuni punti fermi, le pietre angolari intorno alle quali ne~li ultimi mesi si è costruito o s1è disfatto l'edificio della pace. Oslo-2. C'è stato e nessuno pensa seriamente che possa essere disfatto. Con mesi di ritardo e nuove importanti concessioni da parte dei palestinesi, la cosiddetta "fase 2" del processo di pace è ormai in atto e il cammino iniziato con il reciproco riconoscimento tra Israele e l'Olp (Oslo-1, gli accordi firmati a Washington) ha ormai davanti a sé la prospettiva - sia pure lunga e faticosa - della "fase 3", cioè del negoziato per la sistemazione definitiva di tutto il contenzioso. La trattativa, insomma, che dovrà decidere di cose come la formazione e i poteri dello Stato palestinese, il futuro di Gerusalemme, la sorte degli insediamenti israeliani nei territori occupati, che cosa fare dei milioni di palestinesi che vivono nei campi profughi o comunque fuori da Israele e dall'area dell'autonomia. L'autonomia. Intanto lo Stato palestinese esiste di fatto, sia pure sotto la ferula del grande vicino israeliano e con poteri limitati. Si chiama ancora Autonomia palestinese, ma governa la grande maggioranza degli abitanti arabi che dal 1967 non avevano conosciuto altra autorità che 9.uella degli occupanti israeliani. Israele ha mantenuto gran parte delle promesse fatte in estate e, nonostante l'assassinio di Rabin, il calendario del ritiro dell'esercito dalle maggiori città è stato rispettato: alla fine di ~ennaio la polizia palestinese (m effetti una forza armata che assomiglia da vicino a un esercito, ma senza armamenti pesanti) controllava Jenin e Tulkarem, Neblus e Ramallah, Betlemme e Qalqilyah, oltre che Gerico e la striscia di Gaza, affidate agli uomini di Yasser Arafat sin dal 1993. Unica grande eccezione, quella di Hebron, ostaggio in questi giorni della ripresa degli attentati suicidi aei fondamentalisti islamici di Hamas. La democrazia palestinese. Il ritiro israeliano ha consentito che a gennaio si tenessero regolarmente le prime elezioni veramente democra-

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