ciascuno ha: appunto quando si entra in contatto con ragazzi che mostrano le problematiche prima citate, nella relazione con loro bisogna tener presenti molti elementi di conoscenza della loro storia personale - oltre al fatto che in quello stesso momento inizia una relazione in progress: è essenziale, per quanto più è possibile, conoscere l'habitat familiare e la rete sociale in cui l'allievo fino a quel momento è vissuto. Non voglio dimenticare di dire che i meccanismi della relazione (ricerca dell'affettività, conferma della stima, possibili gelosie, innamoramenti, logiche di potere tra gli individui, affermazione di sé, ecc.) ci sono tutti e spessissimo sono palesi e scoperti. Avere una relazione educativo-formativa con un gruppo di persone significa sempre tener presente le esigenze (e i meccanismi) di ciascuno e contemporaneamente del gruppo e finalizzare la tensione che si crea, minuto per minuto nel corso dell'intera giornata, all'obiettivo principe: fornire strumenti di comunicazione, autonomia, capacità relazionali adeguate. Dunque: ho perso il controllo e le staffe. G. è una ragazza Down e ha vent'anni, ha cominciato a frequentare il nostro centro nel settembre scorso. Certo occorreva un primo periodo d'ambientamento (nonostante che lei frequenti di pomeriggio un gruppo parrocchiale che le ha sostanzialmente facilitato il nuovo inserimento) per la conoscenza del gruppo allievi, l'adeguamento all'orario scolastico, la conoscenza degli insegnanti, l'approccio alle materie: in genere dopo tre mesi le difficoltà dell'ambientamento sono superate ecomincia una vera e l?ropria relazione conoscitiva reciproca fra l'msegnante e gli allievi che porta a una crescita e a uno sviluppo formativo significativo. G. ha buone capacità di comprensione - anche se finge di essere non presente al gruppo - alcune difficoltà sono presenti invece nel rendere palpabile il suo apprendimento. G. è figlia umca e si può sul?porre che abbia avuto attenzioni relazionali superlative: certo il gruppo la costringe a continui ripensamenti di sé e quindi la riporta a una condizione della realtà che sicuramente le riesce poco simpatica. Ciò nonostante viene volentieri e quando il gruppo degli insegnanti ha voluto incontrare i gemtori di G. lei ha scritto una lettera a ciascuno di loro (insegnanti) dichiarando che farà la brava ragazza e cercherà di comportarsi meglio: lettera che ci ha permesso di affrontare con maggiore serenità quell'incontro in cui eravamo sul punto di comunicare alla sua famiglia le nostre perplessità circa la frequentazione proficua d1G. al Centro. Passata la paura di quell'incontro - e le vacanze natalizie - tutto è ricominciato a pié pari. L'atteggiamento infantile da bimbetta viziata che bisogna sempre trattare con guanti bianchi è riemerso e la sua opposizione al modo di fare del gruppo la rende più diffidente e maggiormente caparbia. Oggi allora ho perso le staffe: ero sicurissimo che lei avesse appreso la lezione e che fosse in perfetto grado di ripetere le nozioni elencate sul suo quaderno. Invece teneva, come al solito, la testa bassa e non rispondeva a nessuna sollecitazione, né mia personale né del gruppo. Io so che avrei dovuto chiederle con voce quasi supplichevole, so che avrei dovuto continuare a rinforzare quel suo atteggiamento infantile - se avessi voluto ottenere risposte relativamente celeri che la confermassero ancora ·una volta e invece ho operato diversamente. Per darle uno scossone, metaforico e reale, (io ero in piedi accanto a lei, lei seduta al tavolo) hQ cercato di colpire con il mio piede la gamba della sedia ma non vedendo bene ho colpito la sua. Scena madre: ha cominciato a lacrimare dicendo di voler andar via e che non sarebbe più voluta venire in questa scuola. Sul momento sono stato preso dal panico temendo di averla colpita fortemente. Poi le ho detto di farmi vedere, e sul polpaccio non aveva alcun segno visibile. Si è tranquillizzata subito, ma nel corso dei successivi minuti mi è sembrato che zoppicasse (sapeva che la stavo guardando): non ho dato "ufficialmente" peso alla cosa, ma dentro fremevo. Alla pausa della ricreaziòne, un'ora dopo, correva giuliva con i compagni di un altro gruppo. Verso la fine della giornata sono tornato sopra l'episodio - poiché, nel gruppo, si usa discutere di tutti gli avvenimenti della giornata e ciascun allievo dice di sé il lavoro svolto e giudica il proprio comportamento, successivamente il resto del gruppo esprime un giudizio sul comportamento dell'allievo in questione. Nel riaccostare l'episodio G. ha ammesso di avere avuto comportamenti non adeguati ma ha sottolineato che questo è il suo atteggiamento e che lei non lo cambia. Ho approfittato della sua ammissione per proporle uno scambio: io cercherò di essere più "dolce", lei cercherà di essere più partecipe e meno infantile. . Ogn\ istante !ras~ors_odal gru.J?pOè un i~- s1eme d1 comumcaz10m - verbali e non - m cui le capacità e potenzialità di ciascuno vengono fuori. È necessario e indispensabile avere reciproca conoscenza, codificazione dei ruoli poiché tutto questo conduce a un'identità alta del gruppo e all'individualità certa di ciascuno. L'abilità dell'insegnante nel far sì che l'individuo sia specificatamente rispettato in rapporto al gruppo e che il gruppo assuma una connotazione omogenea e riconoscibile, è fondamentale perché il gruppo amalgamandosi possa esistere. In esso ciascuno ha i propri tempi, il proprio linguaggio e ogni sfumatura fonetica - e non solo - ci riporta all'origine dell'apprendimento (genitoriale, delle esperienze socializzanti della scuola, dei gruppi nel quartiere, del bar sotto casa...). Forse il primo round con G. l'ho perduto ma un punto di rottura, seppure non del tutto volontario, era necessario. G. ha dalla sua la sicurezza dei suoi comportamenti tendenzialmente infantili , che le permettono di conoscere e farsi riconoscere nel suo ambiente più strettamente familiare, in un ambiente cioè altamente protettivo. Io oggi sono arrivato a un punto limite, a cui spesso, volutamente o meno, approdo. È un punto che determina cambiamenti, entrano in gioco, qui, la relazione affettiva e una capacità immediata di adattamento alla realtà (così rapidamente mutevole) che si presenta. È un punto che fa intravedere possibili ritorni (che in genere accadono) in cui è insito uno scambio profondo e da cui si torna indietro insieme per lo più canticchiando. ♦ hilUTE E MALATTIA
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