tori di handicap", e comunque non a scuola. La loro realtà, la loro vita, era l'istituto: un istituto diverso per i diversi possibili "casi". Durante un viaggio, un amico paraplegico per una poliomelite infantile volle portarmi, a Salerno, a visitare l'istituto dove era cresciuto da ragazzo. L'istituto si affacciava direttamente sul mare, ma guardando dalla parte, opr.osta, di fronte a un muro, alto e impenetrabile, mi disse: - Noi non potevamo vedere "la città", ma dai suoni e dai rumori che ci giungevano da oltre il muro, cercavamo di immaginare come scorreva la vita "fuori". E noi sentivamo di esistere in un altro mondo. Da Ivan a Carla Nell'immaginario collettivo il "matto" e il "manicomio" sono diventati indissolubilmente legaci l'uno all'altro. Era il "manicomio" il luogo per i matti, e non era nemmeno pensabile immaginare una realtà diversa. Chi si poneva degli interrogativi e dei dubbi, rispetto a questa certezza, proiettava la possibilità di un cambiamento in un futuro ipotetico e lontano. "Andrèj Efìmyc ( ... ) volle dirgli qualche cosa di gradevole, e calmarlo; si sedette al suo fianco, sul letto; meditò, poi disse: - (... ) Aspettate, quando in un avvenire lontano non ci saranno più prigioni né manicomi, non ci saranno più finestre con inferriate, né camici da ospedale. ( ... )Senza dubbio quel tempo verrà, presto o tardi. Ivàn Dmìtric sorrise ironicamente. - Voi scherzate, - disse socchiudendo un po' gli occhi - (...) e burlatevi pure di me: ma splenderà l'alba di una vita nuova, la giustizia trionferà ! Ci sarà gran festa per la nostra strada ! Io non la vedrò, sarò morto, ma i nipoti di qualcuno la vedranno. Li saluto di tutto cuore, e mi rallegro. Mi rallegro per loro. Avanti ! Che Dio v1aiuti, amici miei! ..." Andrèj Efìmyc è il medico, e Ivàn Dmìtric è uno dei cinque pazzi del padiglione psichiatrico, della Sala numero sei, nell'omologo racconto di Anton Cechov. Il racconto è del 1892. Passeranno più di settant'anni perché Carla possa così raccontare: "Adesso l'area è praticamente aperta a tutti, perché al posto del così frequente:·'è severamente proibito entrare se non ecc. ecc.', c'è un cartello che invita la gente a far visita agli ammalati quando e come vuole. ( ... ) Superati i cancelli, che sono sempre aperti, il visitatore occasionale avanza lungo i viali del parco ( ... ). Durante il tragitto avrà modo di incontrare numerose persone, uomini e donne che passeggiano, che stanno seduti all'esterno dei padiglioni, che giocano a bocce e che lavorano a maglia. Arrivato al bar troverà una piccola folla attorno ai tavolini all'esterno sotto un'ampia tettoia, oppure in una sala rumorosa e fumosa come quella di tutti i bar di periferia. A questo punto egli si sentirà completamente a disagio, perché non saprà più riconoscere l'ammalato, il medico, l'infermiere. Allora nel tentativo di ristabilire dei termini di parasone chiederà inevitabilmente: dove sono 1pencolosi ?" Carla è una degente della comunità goriziana, la comunità voluta e organizzata da Franco Basaglia e dai suoi collaboratori in alternativa al manicomio. Siamo negli anni sessanta (Basaglia dirige l'Ospedale psichiatrico provinciale di Gorizia dal 1961). È dunque Carla una di quei "nipoti" di qui parlava Ivàn, e sembra davvero rivivere la "grande festa", la "giustizia trionfante" che Ivàn aveva augurato, salutando e rallegrandosi, agli "amici" che verranno. Siamo realmente giunti all'"alba di una nuova vita" senza più "prigioni né manicomi", senza più "camici" né "111ferriate"? L'entusiasmo fu grande in quegli anni. Ne' sembrava esserci spazio per mediazioni o compromessi "perché l'azione ha preso l'avvio da una realtà che non può che essere violentemente rifiutata: il manicomio" (da L 'istituzione negata a cura di Franco Basaglia, Einaudi 1968). Eppure ci vollero ancora molti anni per arrivare a superare la "famigerata" legge n.36. Legge 180 "Articolo 11 - Sono abrogati ~li articoli 1,2,3, e 3 - bis della legge 14 Febbra10 1904, n. 36 (...)" La legge 180 è del 13 Maggio 1978. Nota fin dal suo nascere come "nuova legge sui manicomi", in realtà la "180" ha assunto il significato di "abrogazione e fine dei manicomi", o almeno l'avvio per il loro definitivo superamento. In questo senso l'articolo 11 assumeva un significato anche simbolico. Gli altri articoli hanno un linguaggio involuto e poco esplicito, forse frutto d1 difficili compromessi. Così li commentava Annarosa Pizzi, per cercare di chiarirne lo spirito, in occasione della prima pubblicazione della legge: "La legge n.180 è essenzialmente e precipuamente volta a disciplinare il regime dei ricoveri obbligatori per malattie mentali( ...) Nella linea indicata , si pongono, in particolare, le disposizioni volte ad eliminare il principio custodialistico, la caratterizzazione poliziesca del concetto di pericolosità sociale, l'estensione delle ipotesi di ricovero coattivo, ridotta ai soli casi di urgenza terapeutica motivata quindi, esclusivamente, in base a considerazioni di natura medica." Obiettivo principale delle legge era dunque quello di "assimilare i malati di mente a tutti gli altri malati, onde porre fine alle discriminazioni di cui i primi erano destinatari". Anche la dizione cambia: non si parla più di "alienazione mentale", come nella legge precedente ma di "malattia mentale". Sono passati più di trent'anni dalle prime esperienze innovative del gruppo di Basaglia, e meno di venti dall'approvaz10ne della nuova legge. Esiste ancora una tensione morale e un interesse diffuso intorno a g.uesti problemi, che coinvolga e vada oltre agli addetti ai lavori e a chi ne è direttamente coinvolto ? Ho invano cercato nelle librerie il testo e un commento alla legge. Mi sono rivolto a una libreria specializzata in testi giuridici: la libraia, dopo lunghe ricerche, ha scovato una sbiadita ultima copia stampata nel 1978, l'anno di approvazione della legge. Nella prima metà di marzo, nel corso di alcuni teleg1ornali, si è riparlato di manicomi per ricordare al vasto pubblico che sono ancora 23.000 gli "internati" in questi istituti. Sono state riproposte interviste e immagini dure, in tutto sunib a quelle che si imposero con forza SALUTE MALA7]'[A
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