La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

CITTA' DI VETRO: GENITORI E FIGLI IN BALIA DEL CASO GiuseppePollicelli Nelle storie dello scrittore americano Paul Auster, autore, tra le altre cose, della apprezzata Trilogiadi New York e delle sceneggiature di due film di successo come Smoke e Blue in the face, hanno una grande importanza i rapporti che Auster racconta; infatti, sono relazioni tra genitori e figli, o meglio tra persone che vorrebbero essere genitori e altre che desidererebbero essere figli. È nell'ambito della famiglia, quindi tra persone legate da vincoli fortissimi, che, secondo Auster, ciascun individuo deve rintracciare, e possibilmente sciogliere, i propri nodi· esistenziali. Le differenze tra il ruolo di padre e quello di figlio non sono però così marcate: i tre protagonisti di Smoke, lo scrittore in crisi (oltre ché vedovo) Paul (William Hurt), il negoziante Auggie (Harvey Keitel), il meccanico Cyrus (Forest Whitaker), sono nello stesso tempo un po' padri e un po' figli, hanno bisogno di sentirsi riconosciuti come padri per soddisfare un bisogno di sicurezza e delle carenze affettive che sono tipici di un figlio. Paul pensa in uno primo momento di avere trovato un possibile figlio in Rashid (Harold Perrineau jr.), un ragazzo nero che, dal canto suo, vorrebbe sapere chi è il suo padre naturale; Cyrus ha sulla coscienza l'abbandono di un figlio che, trattandosi proprio di Rashid, ritroverà alla fine del film; Auggie scopre di avere una fi~lia drogata e disgustata dalla vita che lo odia pur non avendolo mai conosciuto, ma semplicemente in quanto genitore, colpevole cioè di averla messa al mondo. Padre incompiuto, Auggie racconterà a Paul la felicità provata nel fingersi nipote (che in questo caso è come dire figlio) di un'anziana donna cieca trascurata dai parenti, nella cui abitazione era casualmente capitato il giorno di Natale di qualche anno prima. Ma se i padri possono essere figli, i figli possono essere padri: nessun personaggio è tanto "padre", con la sua saggezza e il suo senso di responsabilità, quanto il ragazzo Rashid. Ugualmente, in Città di vetro, uno dei tre capitoli della trilogia sulla Grande Mela ottimamente adattato a fumetti da Paul Karasik e David Mazzucchelli, Auster racconta la vicenda di uqo scrittore, Daniel Quinn, che non riesce più a scrivere dopo che gli sono morti moglie e figlio. Egli è in crisi di identità e riempie alla meno peggio la sua solitudine dialogando interiormente con l'immaginario detective protagonista dei suoi romanzi gialli; quando il destino gli offre la possibilità di calarsi nei panni di un'altra persona, un investigatore privato (di nome, guarda caso, Paul Auster) cui viene chiesto di indagare intorno a un padre tiSUOLEDI VENTO rannico e religiosissimo e a un figlio autistico, non esita a farlo. Mentre svolge le indagini, durante le quali scorre che Paul Auster non è un investigatore privato ma uno scrittore di successo con una famiglia felice, Quinn cerca disperatamente una figura di riferimento: un padre (che trova in parte proprio nel genitore tirannico su cui sta indagando e che in seguito morirà); un'amante (la moglie dell'uomo autistico che dapprima sembra concederglisi e che poi sparirà nel nulla); un figlio (il bambino di Paul Auster, che ha lo stesso nome di Quinn, DanieO. Quinn ha in effetti la fragilità e il bisogno d'amore di un bambino, tanto che arriva a dire al piccolo Daniel Auster: - Sì, io sono te e tu sei me -. Città di vetro si conclude con un Daniel Quinn sempre più solo, spaesato e confuso, oramai preda di una placida e rassegnata follia. Un Daniel Quinn che, incapace di intervenire a suo vantaggio sui giochi del destino, preferirà abbandonarsi del tutto ad essi, dando inizio a un vagabondare senza meta (anzi, con un'unica, difficilmente raggiungibile meta: se stesso) di cui non conosceremo mai l'esito. A regnare sovrano nei racconti di Paul Auster (lo scrittore in carne e ossa Paul Auster) è il caso: egli sa che siamo in balia del destino e in Città di vetro mostra attraverso Daniel Quinn ciò che egli sarebbe potuto essere se non fosse stato invece lo scrittore di successo e padre e marito felice che nella realtà è. Nel ruolo primario che Auster affida al caso, ma anche nel continuo scavo interiore dei suoi personaggi, e nella loro continua ricerca del senso della vita, si riscontra il maggiore punto di contatto, sottolineato da più di un critico, tra la sua produzione e il romanzo picaresco (cui Auster stesso tributa del resto un esplicito omaggio facendo dichiarare sia a Daniel Quinn sia al Paul Auster fittizio il loro amore per il Don Chisciotte di Cervantes). In Città di vetro, poi, il rapporto padre-figlio è anche, fortemente, rapporto autore-opera: Auster non ha timore di affermare i doveri che il ruolo di padre comporta, e quelli che un autore ha nei confronti della propria opera; perciò, mostrando Daniel Quinn che si reca in casa di Paul Auster, un Paul Auster (l'autore) che non gli dedica quell'attenzione che Quinn (l'opera) avrebbe meritato, fa chiaramente dell'autocritica. Auster ama ambientare le sue storie newyorchesi nel quartiere di Brooklyn, un posto in cui, in mezzo al caos spersonalizzante della Grande Mela, è ancora possibile comunicare in una maniera che non sia del tutto mediata o formale; un posto in cui è più facile ascoltare storie vere, autentiche; un posto, insomma, che ha una dimensione in qualche modo "familiare". La famiglia, secondo Auster (posto che si intenda il termine "famiglia" in senso lato, non in senso tradizionale), può essere un'importante ancora di salvezza per chi naviga nel burrascoso mare dell'esistenza: nell'incertezza del destino, si abbia almeno la certezza di essere genitori, o figli. Due parole sulla trasposizione a fumetti: si tratta di un ottimo lavoro in cui i disegni, realizzati da un Mazzucchelli dal tratto molto essenziale, pulito, non realistico, sono al servizio del fitto testo: com'è tradizione del migliore fumetto statunitense degli ultimi tre lustri, difatti, le didascalie dominano incontrastate sui balloons; consentendo una narrazione fluida e non sincopata che si avvicina molto a quella di un romanzo vero e proprio. Da un punto di

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==