non creare nessun momento di recitazione. Dal nostro punto di vista è anche un fatto politico, perché portare la propria cultura, il proprio modo di esprimersi, senza alcuna mediazione sor.ra un palco è un modo per affermare nei fatti 11 discorso di convivenza delle culture che noi portiamo avanti in politica; non basta dirlo, cioè, che siamo per la società multirazziale e multiculturale: va fatto -. · Quello che colpisce nei cinque grandi capitoli che costituiscono il libro è la precisione del quadro che viene fuori. L'impianto è così solido che le osservazioni linguistiche non sono mai fini a sé stesse, ma sono elementi che provano il discorso. Ed ecco che alcune annotazioni sul lessico delle passe sono l'occasione per un discorso di più ampio respiro: -A dispetto delle differenti provenienze resionali, le passe e i ra~per della ricca scena italiana sembrano condividere, oltre allo stile ritmico, anche il vocabolario, che, a una lettura rapida, si presenta tutto sommato ben riconoscibile. La compattezza lessicale deve naturalmente molto al sostrato fortemente coesivo dell'ideologia. Qui si consolida e si giustifica la gran parte delle scelte espressive, omogenea al punto che quanti si cimentano in questo genere musicale sembrano costituire una sola comunità transregionale, che pensa e canta quasi coralmente, di là dai rispettivi manifesti di poetica e dalle innegabili differenze stilistiche tra autore e autore"; è solo a questo punto che iniziano lè "dimostrazioni": "I testi sono in genere puntellati di modismi e termini caratteristici. Alcuni si riferiscono al mondo stesso dei rapper: casa 'casa discografica' [... ];altri rimandano ai principali bersagli tematici, in particolare ai potenti (Frankie Hi-Nrg, Potere alla parola; Generale, Poca vela) e al sistema( ... ); altri ancora provengono dalla cultura rasta e afroamericana in genere: fratello (... ), sorella (... ), rispetto ... -. Insomma l'analisi linguistica intesa innanzitutto come metodo, che è quello della fedeltà al testo: si tratta di leggere le parole di una canzone così come si legge un sonetto petrarchesco, andando a cercare gli antecedenti, i modelli, le riprese nascoste nel testo; andando a vedere se per caso i rimanti usati non siano stati già usati da Dante, anche se questa scoperta ci metterà in contrasto con l'autore, che da seicento anni giura di non aver copiato da Dante, anzi, di non averlo letto proprio per non farsi influenzare. Ecco come l'analisi "scrausa" (per la cronaSUOLEDI VENTO ca, "scrauso" nell'uso dei "coatti" delle periferie romane significa "scadente", ed è voce attestata fin dal '500) di una delle canzoni più note di Fabrizio De André, "La guerra di Piero", oltre a mettere in luce elementi strutturali di grande importanza (l'alternanza tra la voce anonima del "cantastorie", che si rivolge a Piero con la seconda persona, e quella di Piero stesso, che parla in prima persona e in una forma molto colloquiale; l'uso sapiente di figure retoriche come la metafora, l'anastrofe, la prosopopea (niente paura, alla fine del libro c'è un gl_ossario che spiega tutto), ci svela come la presenza dei "mille papaveri rossi" (né rose, né tulipani, quindi) sia motivata dal fatto che il papavero è il simbolo positivo della natura violata dalla guerra, attraverso il quale i caduti divengono parte del ciclo naturale di morte e rinascita (non se lo sono inventato, lo dicono le cronache della prima guerra mondiale, e poi c'è anche una poesia popolare). Tra l'altro il libro si presta ad una lettura a balzi che produce effetti esilaranti. Provate a passare dall'analisi della canzone d'amore sanremese, con i suoi moduli sempre uguali, alle pagine dedicate alle nuove frontiere del rock. Ed ecco che il discorso si rivolta, per colpa dei Cccp. Altro che rime amore/cuore, "i Cccp fanno cozzare frammenti di linguaggio lirico ("un'amorosa quiete [... ] I un rapimento mistico, un'estasi ... ") con un freddo linguaggio scientifico, grazie al quale anche il sesso viene demitizzato ("Un'erezione un'erezione, un'erezione triste / per un coito molesto, per un coito modesto, per un coito molesto")". Il libro è finito, l'università pure (no, mi dispiace deludervi, non si tratta di una profezia apocalittica, volevo solo dire che è tardi e l'università sta chiudendo). Sull'autobus che mi porta a casa, per un attimo mi salta in testa l'idea che sia tutta una montatura giornalistica, che non è vero niente: non ci sono polemiche tra professori, non ci sono separazioni in vista, né tanto meno ci sono baroni all'università. Chissà. Io intanto tra poco sarò a casa, mi butterò sul letto e, fregandomene altamente dei vicini, ascolterò Rino Gaetano a tutto volume, specialmente quella canzone che fa: "beati i bulli di quartiere/ perché non sanno quello che fanno/ e i parlamentari ladri/ che sicuramente lo sanno" e poi continua così: "beati i professori/ beati gli arrivisti/ i nobili e i baroni/ specie se comunisti". ♦
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