La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

pur nella tradizione non violenta che da sempre ci contraddistingue. Invece, all'interno della chiesa, si tende ad essere ecumenici e ad aver paura delle divisioni. Ma con quegli italiani che condividono le parole del senatore Boso biso~na decidere con fermezza d1 non voler averci nulla a che fare". Zanotelli: "Per don Ciotti il peccato grave della Chiesa italiana è proprio la neutralità". \ Quarto giovane: "Il fatto è che ci manca una chiara percezion_edi cosa s~a"giustizia", per cm non sappiamo neppure da che parte metterci. Quinto giovane: "Sono d'accordo. Oggi i due mali da sconfiggere sono l'indifferenza per la giustizia e la legalità e, di conseguenza, l'impossibilità di prendere posizione, di schierarsi. N e1 tre mesi passati in Brasile come volontario, mi sono reso conto che, se non ti schieri dalla loro parte - dalla parte di chi sta male, di chi sta peggio - sei comunque contro e fai una scelta di potere, la scelta di poter avere in tasca quanti soldi vuoi da spendere come meglio credi". Tornando in Italia che impressione hai avuto? Esiste o meglio resiste ancora una cultura della solidarietà o non stiamo piuttosto vivendo un clima di restaurazione, di chiusura e difesa corporativa di interessi egoistici? A dire il vero già dai tempi di Nigrizia guardavamo con preoccupazione alla realtà italiana. Il degrado, credo, è cominciato già molto tempo fa e ora che sono di ritorno dai sotterranei della storia di Korogocho, risulta ancora più evidente. Quello che mi ha lasciato sconcertato è che ora non si tratta più solo di un clima generale che coinvolge quella cosa indefinita che chiamiamo società: il degrado ha intaccato anche i rapporti personali, disgrega i legami, coinvolge i singoli individui. Per non parlare poi del degrado politico. La classe politica precedente era corrotta all'ennesima potenza però era nata e cresciuta nella politica. Non nutrivo certo stima nei suoi confronti, eppure temo che i politici attuali siano anche peggiori di quelli vecchi. Neppure i sindacati si salvano da questo quadro desolante perché anche loro sono parte integrante del sistema. La verità è che il problema non è più la destra o la sinistra: si tratta di una questione più grande e complessa legata al fatto che ormai le persone non sono altro che prodotti economici. L'economia è onnipervasiva e omologa tutto e tutti. Quando dirigevi Nigrizia hai denunciato i guasti della cooperazione internazionale e anche una certa cultura della cooperazione. Adesso ci troviamo nellaparadossalesituazione per cui non c'èpiù nulla da criticare, perché la cooperazione non esiste quasi più. Non è anche questo un sintomo preoccupante? Sì, senza dubbio, anche se è difficile giudicare. Quando ero a Nigrizia un po' di sensibilità c'era, forse perché c'era ancora una sinistra, c'erano i radicali, c'erano certe campagne ... Oggi tutto questo non esiste più. Per colpa del crollo della sinistra? No, la questione sta più a monte. È che sono scomparsi gli ideali, le passioni. È vero che anche prima tanta cooperazione internazionale altro non era se non affari e mercato, ma per lo meno c'era una certa apparenza. Ora manca anche quella. Anche le parole del passato sono ormai del tutto inservibili. La stessa parola cooperazione dovrebbe essere abolita, perché si è macchiata di troppe colpe per poter essere ancora credibile, per potere coagulare intorno a sé impegno e entusiasmo. Ed è più o meno lo stesso anche per la parola solidarietà. Bisognerebbe riscoprire altri termini, come "giustizia", per esempio, o come "restituzione", introdotto e poi purtroppo lasciato cadere dal Papa qualche anno fa. Al sinodo africano aveva parlato di "restituzione" all'Africa: il termine era im.Ji:>ortan:epe_rché implicava g1a UP gmdiz10, una presa di posizione ben precisa. Come valuti il lavoro delle Ong? Qual è la tua idea di cooperazione? ~ mi<?rapporto con le ?rgaruzzaz1om non governative è stato travagliato, perché loro sostengono che io sono statQ troppo duro nei loro confronti. Però oggi bisogna ammettere che Nigrizia aveva ragione. Nel marzo dell'85 avevamo pubblicato un articolo dal titolo "Semaforo giallo" che aveva scatenato il putiferio. In sostanza dicevamo alle Ong e al volontariato: «Attenzione, rischiate grosso, perché state diventando troppo dipendenti dallo Stato e vi impegnate con dei progetti immensi che sono ingestibili dai paesi in via di sviluppo. Va a finire che buttate via i soldi, innescate processi mentali pericolosi, alimentate un tipo di sviluppo insostenibile e correte il rischio di diventare la testa di ponte dell'affari- -smo italiano». Il risultato di questo articolo? Decine di lettere di insulti. In verità io non ho mai detto a nessuno di tagliare completamente con il Ministero degli esteri, perché abbiamo sempre bisogno del suo aiuto, se non altro a livello di burocrazia e di diplomazia. Il mio consiglio era solo quello di non dipendere dal Ministero al 100 per cento ma solo al 30 o al 40 o al 50. Il resto dei soldi bisognava trovarli da soli. Allora si sarebbe seguita la politica dei piccoli progetti, della collaborazione con le associazioni locali, della sensibilizzazione della gente in Italia. Si trattava anche di un problema di coerenza culturale tra il merito e il metodo della propria azione. Oggi, finiti i soldi del Ministero, la gran parte delle Ong è in crisi. Allora bisogna imporsi di ripartire dal basso anche per relazionarsi in modo diverso con il Sud del mondo. In questo periodo si parla tanto di terzo settore, di banca etica, di risparmio etico. Questo interesse per l'economia da parte del volontariato e delle Ong ribadisce ancora una volta quella centralità e quel potere del denaro che tu prima denunciavi o non si tratta piuttosto di un tentativo di sottrarsia questo pericolo mortale e di percorrere strade diverse?. Penso che tutte queste iniziative - comprese le mag e il commercio equo-solidale - non siano la soluzione di tutto. Sono piuttosto degli strumenti, dei tentativi per coniugare etica ed economia. Noi depositavamo i nostri soldi in banche che magari li utilizzavano per il narcotraffico o il commercio di armi e credevamo di non poter fare altrimenti. La banca etica invece garantisce anche l'eticità dell'investimento, fa capire alla gente .che è possibile controllare la destinazione dei propri soldi e che talvolta il senso di VOCI

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