oppongano _in alcun modo. Ecco perché faccio mostre o libri con le mie foto per informare e, in un certo senso, educare chi le vede: è il mio modo di dare qualcosa in cambio. Questo mestiere ha anche l'effetto di farti odiare la guerra, di farti sentire indignato di fronte a chi ha scatenato un conflitto per nessuna altra ragione che non sia il potere o un nazionalismo perverso. Non puoi che diventare un appassionato antimilitarista. quando vedi che, in una guerra, a soffrire sono sempre gli innocenti, i bambini, le donne, i vecchi. Ma a Sarajevo non c'erano solo atrocità: ho visto anche cose belle, ho visto anche l'uomo al meglio di sé, ho visto coraggio, grande gentilezza e umanità, nonostante le disperate condizioni di vita. Per me-è un privilegio poter raccontare anche tutto questo. Mi rendo conto della difficoltà di far capire a chi vive in Italia quello che ho visto. Come spiegare l'oscurità permanente delle cantine di Sarajevo, quando per accendere la luce a noi basta allungare una mano e girare l'interruttore? È difficile raccontare l'esistenza di chi, vicino a casa tua, vive rifugiato sotto terra come i topi, senz'acqua, senza elettricità, s_enzariscaldamento. - Le tue foto non ritraggono una città morta. Piuttosto si ricava l'immagine di una Sarajevo vitale, dove tutti f uggono o corrono verso qualcosa, dove il tempo è accelerato e l'energia è ,concentrata, quasi visibile. E un 'impressione giustificata dalla realtà.? Sì, per molti aspetti è proprio così. La dimostrazione più immediata è fornita dalle donne, che forse hanno sofferto la guerra più di ogni altro a Sarajevo. Le donne della capitale bosniaca sono tutte molto magre, perché si sono preoccupate di nutrire i figli e i famigliari prima di loro stesse. Parlando con loro mi sono reso conto che, nonostante le privazioni, alcune ritengono che la guerra le abbia rese più belle. L'alimentazione molto povera, senza grassi o formaggi ha reso migliore l'aspetto della loro pelle. Le corse continue per schivare le pallottole dei cecchini-hanno fatto acquisire una forma fisica perfetta. Loro chiamano questo regime alimentare "dieta di Karadzic", perché è stato Karadzic l'artefice del loro dimagrimento. Mi dicevano che riuscivano a indossare vestiti che prima dovevano lasciare nell'armadio perché stavano troppo stretti. Le donne di Sarajevo, nonostante la guerra, non hanno rinunciato a curare il loro aspetto. Perciò hanno imparato a fare profumi con i fiori e a preparare la permanente per i capelli lasciando a macerare nell'acool i semi di alcune piante. Tutto questo nono-' / · stante la-mancanza di cose essenziali ed elementari come gli assorbenti igienici, che le forze Onu non hanno pensato di mandare insieme agli altri aiuti: senza dubbio è stato un uomo poco sensibile alle esigenze femminili il responsabile di una simile dimenticanza. A Sarajevo mancavano anche i.profilattici così, mentre tutti i giorni la guerra mieteva qualche vittima, nascevano anche molti bambini. Ecco cosa significa vivere - anzi, provare a vivere in modo dignitoso - in una città assediata. La situazione comunque è cambiata parecchio durante gli anni di guerra. Una delle mie foto scattate nel 1992 ritrae ~n giovane che sta amoregg1and o con una ragazza. Queste scene quasi felici non erano rare nel primo anno di guerra. Dopo gli anni del comunismo di Tito, ai giovani il conflitto poteva anche sembrare un'avventura, un'occasione per diventare protagonisti, per sentirsi forti imbracciando un fucile. Gradualmente le sofferenze sono aumentate e gli abitanti di Sarajevo si sono resi conto che la guerra non era nulla di tutto ciò. Il pri!llo drammatico inverno di guerra-ha dissipato qualsiasi illusione e anche le mie foto documentano questo cambiamento. Ma l'esistenza di Sarajevo, una città che è sempre stata vitale dal punto di vista artistico e intellettuale, non è mai stata annientata del tutto. Per esempio non si è mai smesso di suonare, di ballare, di allestire spettacoli. La vita, una vita intensa e vibrante, doveva continuare. ... " Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Voglio fare un libro con le mie foto di Sarajevo. Le immagini saranno accompagnate non dalle parole di uno scrittore professionista ma da frasi, lettere, poesie scritte dagli abitanti della capitale bosniaca durante gli anni di guerra. Poi farò qualcosa in America. Credo che si tratti di un continente interessante, oltre che di una potenza mondiale a cui l'Europa ha dovuto ricorrere per mettere fine al conflitto nella ex Jugoslavia. Tu parli di Europa, ma qualcuno ritiene che l'Europa, dopo l'inerzia. dimostrata a Sarajevo, non esistapiù. Non lo so. Ma è certo che la guerra poteva essere fermata tre anni fa. Solo nella città di Sarajevo sono state uccise undici mila persone. I feriti sono stati settanta mila, i profughi costretti ad andarsene duecento mila. È stata una grande perdita per tutta una generazione di persone. Sarà molto difficile ricominciare da capo. ♦ YQQ
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