La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

scioperi spontanei, l' organizzazione sindacale) degli individui ad assicurare un piano che li contempla soltanto "a termine". La seconda parte del testo, induttiva come la prima, sposta appunto lo sguardo dalle "cose" alle "persone". Cosa c'è oggi e cosa c'è stato ieri nel crogiolo di Chicago? Chi popola le strade, i quartieri residenziali, i suburbi, le inner city, gli slum della città di vento? Come si sono stratificate le varie etnie che, in tempi successivi e rincorrendo sogni diversi, sono approdate sulle rive del lago Michigan? Come convivono o si osteggiano? Dove e come abitavano e abitano? Da quali aree, ciclicamente, vengono allontanate e perché? Come mai Chicago è, per popolazione, la prima città polacca, nonché la seconda città messicana degli Stati Uniti? E come mai, nonostante le attente e ostinate ingegnerie razziali del grande capitale locale, oggi i chicagoans sono al 40% neri? Pur affollata di dati, date, cifre, questa parte del libro si legge con la stessa voracità (un'altra metafora alimentare indotta dal maiale di D'Eramo?) con cui si potrebbe leggere un'epopea o un romanzo storico-sociale tipo Cali it sleep, di Henry Roth. In queste pagine i numeri, curiosamente, non producono il repellente effetto di straniamento tipico del discorso statistico-sociologico e sono, invece, un irresistibile strumento diegetico. Proprio ad essi si devono, di frequente, la suspence, i colpi di scena, i repentini spiazzamenti a cui veniamo sottoposti legge'ndo. Credo dipenda dall'uso che ne fa l'autore: sempre al di là del freddo-quantitativo, sempre leggermente oltre il dimostrativo-esplicativo. Le cifre, qui, non danno risposte né esauriscono sul nascere potenziali domande. Sembra piuttosto che abbiano la funzione di spostare il discorso sempre leggermente altrove, dove il terreno non è solido o non abbastanza inesplorato. Ancora una volta si tratta di angolatura dello sguardo: al raccapricciante classicismo dei più esclusivi atenei privati, a cui si accede pressoché ereditariamente per via di censo e di merito (che poi è la stessa identica cosa), D'Eramo risponde con un imprevedibile, "sensato" quesito. Avendo 100.000 dollari da investire, meglio puntarli sul proprio rampollo e - in quattro anni - farne un avvocato con pedigree University of Chicago (la più prestigiosa della città) o acquistare azioni sul mercato dei future? Cos'è più sicuro, oggi? Quale dei due investimenti garantisce maggior resa al proprio denaro e, come effetto collaterale ma non secondario, maggior continuità alla propria classe? E siamo sull'orlo della terza e ultima parte del libro. Non di un finale, perché Il Maiale e il grattacielo virtualmente continua o, meglio, non può concludersi. Qui la lente dell'autore zoomma all'indietro e il campo si allarga. Chicago stessa, nel suo insieme, diventa metonimia di qualcos'altro e questo altro è l'intera America a stelle e strisce. La windy city ne è il test, il laboratorio o semplicemente il sintomo. Sono tra i capitoli più belli e illuminanti del libro. Qui le tessere o i "preliminari" raccolti con spregiudicata accuratezza nel resto dell'opera fanno corto circuito. Chicago, capitale della Nation of Islam, luogo di nascita o - per altri occhi - di incubazione delle Pantere nere, diventa la cartina al tornasole attraverso cui analizzare i fenomeni sociali, politici, religiosi, culturali in atto negli Usa di questo millenaristico fine millennio. Muovendosi tra asse sincronico e asse diacronico, D'Eramo fotografa un'archeologia futuribile che altro non è se non l'ossatura del1'America contemporanea: quel che è stato è ancora lì, visibile e disattivato, tangibile e obsoleto, esplosivo. Il futuro non è di là da venire, bensì già tutto inscritto nell'euforico e desolato paesaggio interiore di una città (di una nazione) che ha fatto da snodo all'esperimento capitalistico più lucido e spregiudicato della nostra epoca. Qui passato, remoto e futuro sono davvero inestricabili. Nostalgiche fughe all'indietro, di lato (tutta la paccottiglia new age), in avanti, riportano ineluttabilmente all'assoluto presente nella realtà americana. Di un paese dove "tutto ciò che era stabile si dissolve nell'aria" e che, di questa esperienza, fa la sua forza. ♦ YQQ.

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