La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

PIANETA TERRA Lettera aperta a Boris Eltsin Sergej Kovaliiv · (traauzione di Raffaella Belletti) Sergej Kovaliiv è deputato della Duma russa.Da sempre dissidente, è uno dei maggiori attivisti russi in materia di diritti umani. Per la sua aperta disapprovazione nei confronti della politica russa in Cecenia e per la sua denuncia della manipolazione dell'informazione da parte del governo russonel corsodel conflitto è stato rimosso dalle cariche di membro della Commissione presidenziale sui diritti umani e di commissario per i diritti umani della Duma. ♦ Al presidente della Federazione Russa B. N. Eltsin Signor presidente! Nel corso degli ultimi sei anni ho ritenuto mio dovere sostenere in tutti i modi quella che, pur tra mille riserve, si poteva definire la politica della "trasformazione democratica della Russia". Politica che è stata a lungo saldamente legata al Suo nome. Trovandosi a capo di uno stato che procedeva sulla via della democrazia, in un primo tempo Lei è stato addirittura considerato leader dei democratici. Finché è rimasto all'interno di tale orientamento mi sono reputato Suo alleato e, nei casi in cui i Suoi atti si distaccavano dall'indirizzo generale del movimento o ne rallentavano bruscamente il ritmo, un leale oppositore. Il cammino della Russia verso la libertà non si presentava certo agevole. Se molte difficoltà apparivano evidenti fin dall'imzio, molte erano quelle che sorgevano inaspettatamente. Per superarle noi tutti (autorità, società e singoli individui) dovevamo prendere decisioni ardue o addirittura tragiche. La cosa fondamentale che il paese si attendeva da Lei era la volontà di cambiamento e di onestà. Soprattutto di onestà. Nello scegliere Lei, la Russia vedeva innanzi a sé non solo un politico pronto a spezzare il vecchio ordinamento statale, ma anche un uomo che aspirava sinceramente a cambiare se stesso, le proprie opinioni, i pregiudizi, nonché le abitudini legate al potere. Lei ha convinto molti, me compreso, che i valori umanitari e democratici potevano diventare il fondamento della Sua vita, del Suo lavoro, della Sua politica. Non eravamo ciechi: vedevamo tutti gli stereotipi della vecchia vita di partito insiti nella Sua condotta. Ma in fin dei conti l'intera Russia era come un uomo che, schiavo di un grave vizio, lottasse contro se stesso. Pur non amandola, La capivamo. Tuttavia negli ultimi anni, pur continuando in ogni dichiarazione pubblica ad assicurare gli ascoltatori della Sua incrollabile fedeltà agli ideali democratici, Lei ha cominciato a modificare dapprima lentamente, quindi m maniera sempre più energica, il corso della politica statale cui sovrintende. Attualmente la Sua amministrazione cerca di imprimere al paese una svolta diametralmente opposta a quella proclamata nell'agosto 1991. Ciò mi obbliga a manifest~r.e pubblicamente la mia pos1z10ne. Non starò a ricordare tutti i Suoi innumerevoli errori e pronostici sbagliati: si troverà certo una marea di persone disposte a farlo. Il problema non sta nei fallimenti concreti, bensì nelle loro cause: in primo luogo nella scelta scorretta delle priorità e dei criteri da seguire nella politica statale. A partire almeno dalla fine del 1993 Lei ha preso di volta in volta non le decisioni che avrebbero rinsaldato la forza del diritto di una società democratica, ma quelle che hanno ridato vita a un potere ottuso e disumano di una macchina statale al di sopra del diritto, della leg&e, della gente. I Suoi nemici sostengono che l'abbia fatto per rafforzare il Suo potere personale. Ma anche se così non fosse, la sostanza della cosa non cambierebbe. Nei tragici giorni dell'autunno 1993 ho deciso di sostenerla, non senza seri dubbi interiori; non declino la responsabilità del mio appoggio. Supponevo che in quel frangente, di fronte a una guerra civile che minacciava di scoppiare da un momento all'altro, l'uso della forza fosse una fatale necessità. Ero già allora consapevole di come, in conseguenza dei fatti di ottobre,· il potere avrebbe potuto cominciare a considerare la violenza uno strumento comodo e abituale per risolvere i problemi politici. Ma accarezzavo un'altra speranza: che, superata la crisi di legittimità e creata una base di partenza giuridica per la Russia, il presidente e il governo avrebbero fatto tutto il r,ossibile per lo sviluppo pacifico e libero del paese. Nella scelta dell'alternativa molto dipendeva personalmente da Lei, Boris Nikolaevic. Credevo che avrebbe scelto la seconda via. Mi sono sbagliato. La costituzione del 1993 assegna al presidente poteri enormi, ma lo investe altresì di un'enorme responsabilità, e precisamente, essere garante dei diritti e delle libertà dei cittadini, tutelarne la sicurezza, mantenere la legge e l'ordine nel paese. Come ha disposto di tali poteri? Come si è comportato nei confronti della responsabilità di cui era stato investito? Lei ha di fatto arrestato una riforma giudiziaria destinata a rendere la giustizia davvero autonoma dagli altri rami del potere. Si è messo a predicare apertamente il seguente erincipio: "soffrano pure gli mnocenti, a patto che vengano puniti i colpevoli". Ha annunciato a gran voce al paese l'apertura delle ostilità contro la criminalità organizzata. A tal fine ha concesso alle strutture preposte alla sicurezza poteri enormi, che travalicano i limiti del diritto e della legge. Risultato? I criminali sono come prima a piede libero, mentre i cittadini obbedienti alla legge non solo non hanno acquistato maggiore sicurezza, ma sono oltretutto obbligati a sopporta~e. l_apr~potenza degli uomm1m umforme. Lei ha dichiarato che Suo obbiettivo era mantenere e rafforzare l'integrità territoriale della federazione. Risultato Una guerra civile vergognosa e inutile, che divampa

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