MODELLI Il tempo libero secondo Don Milani Federica Bellicanta "Dicesi commerciante colui che cerca di contentare i gusti dei suoi clienti. Dicesi maestro colui che cerca di contraddire e mutare i gusti dei suoi clienti". Chi formula questa perentoria definizione, intorno alla metà degli anni '50, è il°maestro don Lorenzo Milani nelle riflessioni raccolte nel libro Esperienze pastorali. Oggi la si può leggere anche in un libretto, pubblicato con il titolo La ricreazione (e/o, collana "Piccola biblioteca morale"), che dell'opera pubblicata nel 1957 costituisce solo un piccolo ma significativo estratto. In queste pagine le parole di don Milani sono veramente d~ "mae~tro": per nulla compiacenti e neppure appena tolleranti dei gusti dei suoi alunni: Anzi, sono aspre, di un moralismo che potrebbe apparire bieco e pesante e, cosa sommamente riprovevole in anni di progresso accelerato, sono parole che non stanno al passo con i tempi e indugiano, quasi si arroccano, su concetti e valori irrimediabilmente fuori moda. Ma cominciamo dall'inizio, dal contesto da cui nasce il tema del pamphlet. Alla scuola di San Donato la ricreazione è stata abolita, perché non serve, perché non se ne sente l'esigenza, perché - addirittura - è considerata del tutto dannosa alla formazione dei ragazzi. A San Donato, quell'atipico insegnante che è don Lorenzo Milani ha stabilito che tra un'ora e l'altra non vi sia soluzione di continuità, in modo che ogni attimo della giornata sia sfruttato al meglio e fino in fondo. Ma come - si obietterà - e il potere sovvertitore del gioco e l'evasione dalla routine pesante e frustrante delle ore prestabilite e programmate, e la creatività che si esercita solo nel tempo libero? Secondo don Milani sono invenzioni borghesi, estranee alle abitudini dei montanari, dei figli di operai e contadini che frequentano la scuola di San Donato. Per questi ragazzi, il lavoro è il loro svago di studenti, lo studio è il loro passatempo di lavoratori, cosicché tempo libero non ce n'è proprio per nessuno. Non la pensavano così né i preti né i dirigenti comunisti che allora si contendevano l'influenza su giovani e meno giovani a suon di cinematografi e calcetti: c_asadel p_opolo contro oratorio, uguali nella sostanza, entrambe roccaforti del dogma, caserme che addestravano opposte milizie e cattedrali nelle quali si predicava la redenzione futura per i discepoli. In parrocchia o al partito, per addolcire la medicina amara della dottrina o dell'ideologia, si ricorreva, appunto, alla ricreazione. Più era organizzata e all' avanguardia, maggiore sarebbe stato il consenso e maggiore il consenso maggiore il potere. Ma a don Milani non interessano né l'uno né l'altro. O meglio: il potere e il consenso a cui mirava erano qualcosa di meno esteriore e superficiale di quello facile e festaiolo di cui si accontentavano tanto i suoi colleghi sacerdoti, quanto i segretari delle sezioni comuniste. Al futuro parroco di Barbiana importava niente di meno che la formazione e trasformazione, addirittura l'elevazione delle coscienze dei suoi allievi. E poi non gli piaceva rincorrere, voleva precedere. Non gli andava di farsi prendere dall'ansia dello stare appresso agli ultimi ritrovati dell'arte di distrarre e di intrattenere, non voleva arrancare dietro alle mode, aspirava piuttosto a distinguersi per l'originalità dell'offerta. Nell'esposizione e nella difesa delle sue ragioni don Milani è estremamente serio e rigoroso. Affronta la questione niente meno che con le antiche, stringenti e affilate armi di una logica che sembra ricalcare quella degli antichi libelli scritti per confutare le eresie teologiche. Il primo movimento del suo discorso è la Giustificazione, ovvero l'enunciazione di una tesi che lui stesso riassume n questi termini: la scuola è "il bene · della classe operaia", la ricreazione è "la rovina della classe operaia". Poi l' argomentazione si sviluppa con il Racconto della propria esperienza di maestro controcorrente e termina con la Metodica, ovvero con la confutazione, punto per punto, di tutte quelle ragioni di cui i nemici di solito si avvalgono o si possono avvalere per contrastare le sue convinzioni. Come in tutte le arringhe che si rispettino, non mancano neppure le citazioni latine da testi considerati universalmente autorevoli, cosicchè tutto l'impianto del ragionamento è suffragato non solo da un'esperienza che è pur sempre limitata e contingente, ma anche ex cathedra e in base al principio di autorità. La morale - afferma don Milani - parla chiaro: Agere propter solam delectationes peccatum est; e San Tommaso aggiunge che Dio delectationes apponit propter operationes. , L'impianto del discorso, logicamente r~gido e assolut~- sta, accentua il carattere umlaterale ed estremista dell'argomentazione del prete di Barbiana. Chi volesse smontare il ragionamento, chi volesse divertirsi a confutare frase per frase, su un piano puramente teorico, le tesi di don Milani non avrebbe un compito difficile. Non occorre sforzarsi troppo per accu - sarlo di essere un moralista non solo rigoroso, ma rigorista, sbilanciato su un'etica dell'impegno e della concentrazione contro ogni tipo di . disimpegno e di distrazione. Qualche citazione potrà bastare per capire il tono di tutto il libro: "Cine, radio e televisione sono istrumenti di ateismo attivo", "macchinette elettriche antipensiero", mentre "il totocalcio è un sistema per concentrare la ricchezza". "Nel tifo per una squadra di calcio ... c'è ... un peccato di frode" e l'agonismo altro non è che "la gioia del vincitore di aver umiliato gli altri". Ciò che si vende al bar o è veleno, o è un "puro vizio di gola" oppure sono "calorie troppo care". Per finire: essendo la YQQ.
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