La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

delle macchine e per le spese di gestione, alla fornitura dei materiali ed alla commercializzazione del prodorto finito. Questo tipo di assistenza all'insediamento non sembra estendersi, invece, al corretto approccio alla struttura normativa ed amministrativa del nostro paese che risulta abbastanza grezzo, anche se alla fine l'impressione è che venga seguita grossolanamente una prassi scorretta ed evasiva ampiamente utilizzata, in maniera forse più fine, anche tra le aziende italiane. L'intervento iniziato nel 1987 ha interessato laboratori di pelletteria. Inizialmente, il quadro era caratterizzato da numerose ditte, in genere individuali o familiari, iscritte alla Camera di Commercio ma spesso prive delle autorizzazioni previste dal regolamento Comunale ed insediate in locali con numerose carenze di tipo igienico, almeno in relazione all'uso che ne veniva fatto. Negli stessi locali, infatti, affittati ad alto costo, coesistevano ambienti di vita e di lavoro e le condizioni igieniche erano precarie anche in rapporto al sovraffollamento ed all'uso promiscuo. Vi erano ricavati dormitori con soppalchi in legno dalle discutibili caratteristiche di stabilità, dimensioni ed igiene. Non infrequente è stato il riscontro di condizioni di inabitabilità, fino a casi di locali interrati assolutamente malsani di cui si è imposto il sequestro e lo sgombero. L'attività lavorativa consiste, so_prattutto, nella cucitura di pellame, tessuti o finta pelle. In pochi casi è stata rilevata la presenza di mastici al solvente, utilizzati però senza nessuna precauzione igienico-ambientale; ciò impone una particolare attenzione per i ben noti rischi che l'uso massiccio di mastici nella situazione descritta potrebbe avere per la salute degli addetti e delle loro famiglie. Le macchine per la lavorazione delle pelli, in uso o riscattate, sono risultate in genere a ·norma antinfortunistica ma talvolta manomesse. Gli impianti elettrici che servono le zone di lavoro, sempre di recente costruzione, sono in cattivo stato di manutenzione; molto carenti quelli delle zone di vita, tanto da far chiedere, in alcuni casi, la sospensione della erogazione di energia elettrica fino al loro rifacimento. Nel temeo la situazione si è modificata, sia pure in mamera diversa nelle diverse zone. La tendenza sembra quella di utilizzare grandi capannoni industriali ubicati nelle zone meglio raggiungibili dai clienti, nei quali trovano· collocazione numerosissime ditte che hanno abbandonato i fondi ed i piccoli laboratori delle zone abitative. È meno frequente la coesistenza di ambienti di vita e di lavoro ma, a causa dei lung~i turni, perm~?e la pres:nza di spazi attrezzati con cucme pm o meno 1mprovv1sate a cui accedono a turno gli addetti delle ·ditte che condividono lo stesso capannone o laboratorio. Elevata è la presenza di neonati e fanciulli con i loro giochi, carrozzine, lettini. I periodici e ~ravissimi episodi di intolleranza da parte d1 residenti sembrano essersi stemperati con il tempo in rapporto alla progressiva riorganizzazione dei luoghi di v1t~ e di lavoro ed alla graduale integrazione del sistema produttivo cinese con quello autoctono; in alcuni casi hanno lasciato il passo a più civili, motivati e mirati esposti ai quali sarebbe indispensabile che le Autorità fornissero risposte adeguate. Le maggiori tensioni nascono ancora a causa dei diversi ritmi di vita e della diversa utilizzazione degli spazi e dell'ambiente che caratterizzano i due grupfi etnici. I cinesi, infatti, cercano di sfruttare a massimo spazio e tempo disponibili; ciascun laboratorio è occupato da molte ditte con numerosi lavoranti, con turni di 14-16 ore giornaliere, anche per fare fronte ad una continua emergenza economica legata alla condizione di immigrati, alle spese sostenute per giungere in Italia, allo sfruttamento cui sono soggetti nel lavoro e nella vita; la comunità cinese alimenta, infatti, un esoso mercato degli affitti di fondi ed abitazioni gesti,to anche da ex artigiani pellettieri italiani; alle spalle dell'artigianato cinese fiorisce inoltre un ricco indotto commerciale che ne sfrutta l'estrema flessibilità ed il prodotto a basso costo che rivende con larghissimi margini di profitto. I limiti di un approccio settoriale Nella situazione descritta è facile intuire come i risultati della attività dei Servizi di prevenzione ottenuti attraverso i tradizionali modelli di intervento siano stati pressochè nulli. Le Amministrazioni comunali si sono mosse solo quando la situazione si è fatta tesa al punto da costituire un problema di ordine pubblico, tentando a quel punto di utilizzare i Servizi territoriali di prevenzione per avallare provvedimenti di tipo repressivo. Sono state emesse ordinanze di chiusura, motivate dalla inabitabilità dei locali ma, talvolta, giustificate più da motivi di ordine pubblico. Al contrario, proposte di chiusura avanzate dai Servizi territoriali in situazioni davvero malsane od a rischio, non hanno avuto adeguata risposta. Difficoltà oggettive, del resto, rendono spesso problematica la chiusura di locali dove abitano e lavorano nuclei familiari se non si riescono a prospettare soluzioni plausibili che necessitano di programmi e di impegni precisi. Le competenze dei Servizi territoriali non possono da sole sciogliere i gravi nodi di questa situazione che richiederebbe una attenta sorveglianza sulla diffusione e sulla tipologia degli insediamenti, non solo dal punto di vista lavorativo ma anche scolastico, abitativo, ricreativo etc .. Si potrebbe, ad esempio, riconsiderare in modo critico il valore di molti adempimenti relativi ai problemi di igiene e di sicurezza abitativa e del lavoro (autorizzazione sanitaria, notifiche ex DPR 303/56, per non parlare delle incombenze relative al DLgs 626/94 con la sua "valutazione di rischio") che dovrebbero consentire di armonizzare le attività lavorative con il territorio; purtroppo, per il modo in cui sono state gestite, salvo rare eccezioni, appaiono all'utente come faraginosi ed inutili adempimenti burocratici. Se il senso civico di questi adempimenti è difficilmente comprensibile da parte di molti italiani, ancor più lo deve essere per chi non vi è culturalmente preparato provenendo da ben diverse realtà. E evidente la contraddizione di norme, corrette di per sé, ma connaturate in maniera errata nei nostri meccanismi sociali fino all'assurdo per cui è più conveniente evaderle dato che, oltre tutto, non sembrano offrire alcun apparente vantaggio. In questa situazione, sono scarse le possibilità di una efficace formazione e/o informazione nei confronti degli imprenditori cinesi, come scarsi sono stati del resto i risultati dei corsi di formazione tenuti negli anni '80 ai pellettieri italiani. È doveroso riflettere sul fatto che attività come l'artigianato pellettiero di minor SALUTE E MALATTIA

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