prendere i limiti di un approccio settoriale, di non riuscire ad essere incisive per il sostanziale isolamento in cui operano. L'isolamento para-· dossalmente è ancora più stridente con l'Ispettorato del Lavoro, competente per la sorveglianza sui rapporti di lavoro, con il quale non è facile impostare programmi comuni per mancanza d1chiari indirizzi centrali su obbiettivi, priorità e strumenti, ma anche per insufficienza degli organici. Analoghi problemi di-armonizzazione degli interventi esistono nei confronti delle Amministrazioni Locali e Regionali che si muovono sempre in ritardo e spesso sull'onda di episodi di intolleranza che possono portare ad eludere i veri problemi. Poche esperienze nel settore sono state condotte in Italia, nonostante la letteratura di altri paesi abbia già descritto i termini del problema e le possibili conseguenze sulla salute dei lavoratori (2-3-4-5-6-7). Questa povertà di iniziative è emersa anche in occasione di un recente convegno tenutosi a Bologna ed organizzato dal Servizio di Prevenzione nei luoghi di lavoro della Azienda Usi. Le considerazioni e le esperienze fin qui disponibili portano a concludere che esiste la necessità di adottare interventi specifici a tutela della salute sul lavoro degli immigrati, ma che tali interventi hanno bisogno di strumenti appropriati (1-812). Non vi è alcun contenuto discriminatorio in tale affermazione, ma la consapevolezza che mancano di fatto pari opportunità di lavoro tra italiani ed immigrati nei paesi in via di sviluppo e che diverse sono le modalità di ingresso nel mondo del lavoro per gli stranieri, talvolta non regolari o clandestini e per i quali, comunque, la posizione di "regolari" e la possibilità di godere di fondamentali diritti umani sono legate a quella stessa collocazione lavorativa. È indiscutibile, ad esempio, che nonostante la clandestinità non possa essere considerata una discriminante da chi si occupa di sanità pubblica e di prevenzione, pure, nei fatti, gli strumenti che abbiamo a disposizione per tutelare la salute dei lavoratori, possono sortire effetti ben diversi se applicati in condizioni di lavoro "regolare", di lavoro nero oppure di lavoro nero svolto da clandestini o irregolari, già oggetto di sfruttamento da parte del datore di lavoro ed ora vittime anche dell'azione di vigilanza con conseguenze quali la perdita di impiego ed il rischio di espulsione. Come garantire la prevenzione sui posti di lavoro? Ci sembra che due strategie di intervento, che non si escludono a vicenda, possano essere adottate da parte delle Istituzioni che operano sul versante della tutela della salute e della sicurezza nelle attività lavorative: 1) dove sono presenti particolari concentrazioni di lavoratori stranieri, sia dipendenti che "autonomi", è opportuno definire obbiettivi di prevenzione nei comparti lavorativi in- . teressati, tali da garantire il diffuso mantenimento degli standard di sicurezza fin qui raggiunti e quindi, almeno di riflesso, accettabili condizioni di tutela anche per chi è costretto a lavorare al nero. Tale obbiettivo rièhiede una specifica attenzione da parte del datore di lavoro nell'approntare la sua "valutazione dei rischi" in base al DLgs 626/94 in modo da considerare le esigenze relative alla presenza di lavoratori stranieri. Da parte dei servizi di prevenzione-organo di vigilanza è auspicabile una azione non isolata ma integrata con quella di altre istituzioni od amministrazioni in maniera che il controllo avvenga, contemporaneamente, sul versante della sicurezza dei luoghi di lavoro e sulla correttezza amministrativa e fiscale dei datori di lavoro e non sia disgiunta da iniziative di assistenza sociale e sanitaria, di informazione e di educazione anche linguistica. !1:1 qu~ste ~ondizioni, i lavoratori 1mm1grat1sono spesso in grado, sopratutto se orientati, di assumere il ruolo di "soggetto sociale attivo" e di esprimere anche propri rappresentanti e l'azione dei servizi di prevenzione, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro può avvicinarsi molto al proprio, tradizionale modello di tipo partecipativo; 2) se, invece, i lavoratori immigrati non sono impiegati in comparti specifici, la loro presenza è ·diffusa ed è più difficile stabilire modalità di comunicazione; quando non è possibile promuovere un intervento integrato come quello precedentemente descritfo, allora si rendono opportune iniziative capaci di cogliere eventi "sentinella" che costituiscano un indicatore precoce di condizioni di particolare degrado o sfruttame·mo e permettano di intraprendere azioni mirate. Esempi in tal senso sono la raccolta d1 informazioni dai pronto soccorsi su infortuni a stranieri, anche se apparentemente non professionali, o la creazione di ambulatori per stranieri dotati di interpreti o di punti di informazione. È ovvio come questa seconda ipotesi, da sola, presenti il limite di ricercare indicatori che spesso rappresentano il segno di un danno grave che si è già verificato e pertanto non può essere disgiunta da una attenta azione di vigilanza sul territorio. Va però sottolineato che in assenza di politiche sociali e sanitarie mirate al problema, è spesso questa l'unica fonte di conoscenza su dati utili alla programmazione ed alla organizzazione degli interventi a livello locale. Un esempio concreto: il caso di Firenze Il Servizio di Prevenzione nei Luoghi di Lavoro ha iniziato nel 1988 a considerare i problemi di sicurezza e di igiene del lavoro che potevano presentarsi per coloro che venSALUTE E MALATTIA
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