La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 13 - marzo 1996

to d'autorità a sperimentare nuove forme di vita cristiana comunitaria. In conclusione, mi sembra si debba prendere atto che il cattolicesimo moderno, e non solo esso tra le confessioni cristiane, ha fallito il proprio compito nella misura in cui lo ha interpretato in termini quasi esclusivamente polemici e dunque di conservazione del proprio potere ideologico e sociale. Che di conseguenza esso non è stato in grado né di prestare attenzione a quegli spiriti grandi, da Pascal a Simone Weil, che hanno vissuto le gravi questioni poste dalla modernità alla luce della fede cristiana, né e soprattutto di farsi carico fino in fondo delle immani miserie di questa epoca tragica. Dunque esso non ha alcuna ragione di lamentarsi della crescente marginalizzazione del cristianesimo nelle società attuali; né saranno gli appelli verbali, per quanto sofferti, a mutare la situazione, e neppure il riconoscimento, pur dovuto, degli errori ed orrori del passato. Occorrerebbe piuttosto che si dichiarasse e mettesse in atto una netta discontinuità col passato; che vorrebbe dire mettere seriamente in questione poteri e forme dell'istituzione ecclesiastica; ma si sa che nessun potere rinuncia a se stesso se non v,iè costretto. D'altra parte, proprio tale fallimento rende tanto più necessaria e urgente la testimonianza evangelica nel mondo moderno; e dunque non c'è tempo né si possono occupare grandi energie per riformare la chiesa, peraltro con il rischio altissimo di essere assorbiti nella logica di una lotta di potere. È ben più importante trovare le vie che consentano di liberare il patrimonio religioso cristiano, o meglio ebraicocristiano, dall'involucro culturale e istituzionale, e di renderlo pienamente visibile e liberamente attivo nella società profana, affinché torni a sprigionare tutta la sua forza di contraddizione. Per questo è, credo, necessario e sufficiente che la fede non venga più fatta coincidere con l'appartenenza confessionale, ma che si pratichi la loro distinzione, collocandole ciascuna al proprio livello, trascendente la prima, storico la seconda. Che non vuol dire disconoscere il magistero, il cui insegnamento merita al contrario la più grande attenzione, ma affermare che la fede è solo nel Cristo e non anche nella chiesa. ♦ UNA QUESTIONE DI DISCERNIMENTO Alberto Gallas Questa è la rielaborazione di un .testopubblicato su "Ricerca", mrnsile della Fuci, nel 1990. ♦ Da tempo le categorie della secolarizzazione prima, e della laicità poi, hanno perduto il carattere di ovvietà che le ha caratterizzate per un lungo periodo. Fino all'altroieri, assumere un atteggiamento favorevole o contrario alla tendenza e alla mentalità indicata con queste categorie era cosa ovvia, in dipendenza dal fatto di essere o progressisti, o conciliari, o conservatori, o tradizionalisti. Spesso, l'essere a favore appariva semplicemente come la disponibilità a riconoscere nella secolarizzazione un dato di fatto irreversibile, cioè come un atteggiamento obiettivo; poteva succedere dun9ue che negli ambienti cattolici "progressisti' si p;irlasse tranquillamente di secolarizzazione come di un processo lineare ancora alla fine degli anni '70, mentre già nel 1973 era uscito un fascicolo di Concilium interamente dedicato a mostrare la complessità dei processi di secolarizzazione e il carattere pendolare, in molti casi, del movimento che intercorre tra sacro e profano. 1 Questo non significa che si possa disconoscere alla secolarizzazione e soprattutto alla laicità lo statuto di caratteristica epocale che definisce il moderno nella sua essenza stessa; già nel famoso saggio sulla demitizzazione Bultmann aveva mostrato come la irreversibilità del tramonto dell'epoca "mitologica" non sia messa in questione dalla sopravvivenza e neppure dalla eventuale nuova diff'.2sione di credenze "mitologiche" tra la gente . Tuttavia una più adeguata consapevolezza della complessità dei fenomeni legati al religioso e al sacro da una parte, e al pensiero moderno dall'altra, avreboe risparmiato a molti la sorpresa davanti al fenomeno della cosiddetta rinascita del religioso, e avrebbe anche impedito molte decurtazioni .del pensiero di quelli che sono stati indicati come i profeti della secolarizzazione, in primo luogo Bonhoeffer. Il paradigma della secolarizzazione comporta l'idea di un dualismo, e più precisamente, di un dualismo ristabilito dopo una fase di monismo. Ciò è già presente nella storia del concetto: la secolarizzazione dei beni ecclesiastici comportava la sottrazione alla èhiesa e la re attribuzione al saeculum di proprietà che dipendevano dall'amministrazione ecclesiastica. Ma secondo il teologo che ha riflettuto più sistematicamente su questo tema, Gogarten, il dualismo è il segno peculiare della fede cristiana in rapporto ad ogni altra religione. Nei suoi primi scntti questo autore si limitava a cogliere il lato esistenziale e dialogico del dualismo ("qui 'nel cristianesimo' è dato .il soggetto e l'oggetto, l'Io e il Tu, la creatura e il creatore ... qm si tratta senz'altro del più rig9roso dualismo"3), ma in quelli più maturi allargava la viLEZIONI

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