FEDE CRISTIANA E APPARTENENZA CONFESSIONALE Giancarlo Gaeta Misurarsi con interrogativi su ciò che dovrebbe essere e fare una grande e millenaria istituzione quale è la chiesa cattolica, è un esercizio morale certo significativo per chi lo pratica ma di dubbia se non impossibile efficacia pratica. Molti nel passato vi si sono provati, muovendo da convincimenti intellettuali e spirituali radicati in un'esperienza religiosa intensamente vissuta; e sempre l'esito del confronto è stato drammatico quanto inefficace. Lo fu, in epoche diverse e sotto diversi cieli id~ologici, per Pascal, per Kierkegaard, per Tolstoj, per Simone Weil e, prima di loro e più duramente, anche per Francesco di Assisi. Peraltro a ben guardare, cioè a voler guardare senza lo schermo del primato dell' appartenenza, la storia del cristianesimo è una storia tragica, grandiosamente tragica, ma pur sempre tragica dal momento che non si è trovato fin qui il modo di risolvere la sua contraddizione di fondo, una contraddizione pressoché originaria. Tra la predicazione di Gesù e il consolidarsi in forma istituzionale della coscienza ecclesiastica c'è stato un breve periodo, l'epoca neotestamentaria o poco più, in cui la chiesa fu concepita essenzialmente come l'espressione comunitaria di una trasformazione interiore, cioè l'esperienza di non appartenere più a se stessi, e dunque all'ordin~ mondano, ma a un altro, al Cristo risorto, e dunque all'ordine trascendente. Così la chiesa, cioè ogni singola comunità cristiana, altro non era per l'essenziale che la testimonianza pubblica di una discontinuità, di una frattura, di un rovesciamento della logica mondana, dei saperi e dei poteri di questo mondo. Poi l'istituzione, vale a dire la classe sacerdotale e intellettuale, ha preso il sopravvento e ha ritenuto che occorreva risolvere quell'alterità, insanabile e ben dura da sostenere, in un confronto da pari a pari con i poteri culturali e politici di tempo in tempo dominanti, facendo valere quanto più possibile il superiore compito affidato alla chiesa per la salvezza dell'umanità. Si dirà che la chiesa, proprio grazie a questa scelta realistica ha, se non altro, consentito la trasmissione dell'originario messaggio cristiano che, seppur compresso nelle maglie dell'istituzione, non ha mancato di dare i suoi frutti di civiltà e spiritualità nel corso di una storia bimillenaria. Ma allora bisognerebbe riconoscere che la scelta fu dettata più da spirito di sopravvivenza che dallo spirito di Dio, e che il cattolicesimo altro non è che una espressione storica del cristianesimo, non identificabile con la verità cristiana, e che dunque il suo compito è storicamente limitato come tutte le opere umane, nonché pienamente suscettibile di giudizio storico, e quindi di riconsiderazione del suo ruolo in funzione della piena e 1ibeliZKlli1. ra espressione della fede cristiana. È questo, mi sembra, l'unico modo per affrontare la contraddizione senza eluderla o dissolverla, cioè evitando la duplice tentazione di immaginare un cristianesimo senza chiesa oppure di ritenere l'appartenenz;i. alla chiesa come indispensabile per avere parte alla salvezza. Basta per altro uno sguardo agli ultimi secoli per verificare a qual punto quella antica scelta risulti oramai fallimentare. Bene o male che si giudichi il ruolo storico dell'istituzione ecclesiastica, sta di fatto che essa non appare più in grado di confrontarsi da pari a pari con i saperi e i poteri di questa epoca, per il semplice fatto che la modernità si è oramai resa del tutto indipendente da ogni sapere e potere religioso; non li teme _piùe si sente sempre meno in obbligo di confrontarsi con essi. D'altra parte la vita pratica della grande maggioranza dei fedeli è talmente assorbita e condizionata dai modelli culturali e sociali imperanti, che solo con grande difficoltà possono arrivare a riconoscere una qualche incompatibilità tra la fede ·e il mondo. Ma tale situazione, di cui la chiesa si lamenta grandemente, non si è certo determinata senza sue gravi responsabilità. Negli ultimi tre secoli essa ha vissuto il confronto con la modernità come lotta epocale per il dominio ideologico e l'effettivo controllo sociale. Ha pertanto assunto come interlocutore privilegiato la borghesia in quanto classe portatrice della cultura moderna: illuminismo, razionalismo, marxismo, liberalismo; ha cioè ritenuto che la confutazione di tali ideologie fosse sufficiente a restituirle l'egemonia. Non si è invece posta, se non secondariamente e marginalmente, il problema di una comprensione adeguata della realtà socioeconomica del mondo moderno e dunque della condizione moderna, di questo mondo come è in realtà e non solo come si riflette nell'ideologia. Le conseguenze si misurano chiaramente oggi: venute meno le ideologie moderne, la chiesa scopre che nel frattempo il messaggio cristiano è diventato culturalmente e socialmente irrilevante, ovvero che esso sopravvive come puro ornamento, come luogo comune, come residuo storico impotente ad incidere nei processi reali. Dunque, trascinata nell'agone ideologico, la chiesa è in larga misura venuta meno alla sua stessa vocazione: assumere la condizione moderna n'.elsuo stato di massima contraddizione, e deprivazione, e violenza subita. E tuttavia in questo complesso processo, segnato soprattutto dagli orrori del secolo che volge al termine, qualcosa di prezioso è stato faticosamente acquisito dalla coscienza religiosa. Cioè la consapevolezza, seppure germinale, che il p_atrimonio cul~rale e. spirituale del cristia_ne: simo non va pm considerato come propneta esclusiva delle chiese; vale a dire che per riconoscersi cristiani non è più nece~ario sentirsi in sintonia con il modo in cui la fede cristiana è interpretata dal potere ecclesiastico. Né questo significa che ci si debba sentire necessariamente fuori dalla chiesa, ma piuttosto che positivamente ci si assume in prima persona la piena responsabilità di essere cristiani in questo mondo, e pertanto in comunione con la chiesa reale, che è il Cristo stesso. Quanto alla chiesa istituzione, ci si comporterà nei suoi confronti con la libertà dei figli di Dio, con amore e severità, ma comunque rifiutando ogni sua intromissione nella propria coscienza religiosa e ogni impedimen-
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