nella ricerca della verità. Il ricorso alla democrazia non risolve questo problema, perché la democrazia non fa verità, fa solo maggioranza; ·e il governo della maggioranza è una soluzione politica, non una soluzione sul piano della verità etica; senza contare, sul piano politico, i rischi della dittatura di una maggioranza che fosse totalmente svincolata dalle ragioni della verità e obbedisca unicamente a quelle dell'interesse. Bisogna trovare elementi di verità etica (di giustizia, di rispetto dei diritti dell'uomo, ecc.) a cui anche la maggioranza sia tenuta, li condivida o meno. Perciò si ricorre a degli "esperti" (in etica e in diritto) che, si presume, possiedano una ragione etica più consapevole, più alta. In tal modo si riconosce che ci sono coscienze più illuminate, altre meno; e questo senso della differenziazione delle coscienze è l'elemento da mantenere del principio classico d'autorità basato sul principio di verità. 2) Seconda soluzione: è ancora un principio. d'autorità, ma non più basata sulla verità. È l'autorità del patto tra uguali, per rendere possibile la convivenza: l'Autorità dello Stato. Dunque, l'analogia con la soluzione precedente è che anche qui si tratta di trovare un vertice in cui riconoscere un'autorità. La differenza è che il vertice che detiene l'autorità-diverità è tendenzialmente infallibilista, perché la verità non dipende dai numeri, mentre il vertice dello Stato (nel senso moderno e democratico del termine) viene costituito dal consenso dei cittadini e dal compromesso tra la dimensione numerica (il principio-maggioranza) e la dimensione qualitativa (il principioverità). 3) La terza soluzione è il dialogo: il consenso propriamente etico tra le diverse culture, siano esse religiose (come quasi sempre nel passato) o meno. Questo consenso non è l'etica mondiale, perché tale etica rischia di essere una forma di neorazionalismo, ma è un processo, un cammino reale delle coscienze nella loro diversità verso ùn punto ideale che è il riconoscimento effettivamente universale della verità etica, almeno negli ambiti di maggior rilevanza. Se creare un governo mondiale significa trovare il minimo comun denominatore, al quale tutti attenersi per amore o per forza, trovare la verità etica è invece trovare il massimo comun denominatore, il sensus plenior dell'etica. Come fare? Leggo una pagina di un libro di P.C. Bori, che parla di un'etica dei convincimenti fondamentali già presenti nelle grandi culture e nelle grandi religioni. "La certezza che il diritto non si attua senza il sentimento I dell'obbligo verso ogni esse~e umano, il privilegio e l'onore riconosciuto ai deboli, la superiorità di chi sa non rispondere al male con il male ma con la forza persuasiva della parola indifesa, il valore dell'agire secondo coscienza, a prescindere dai frutti, l'idea che occorre saper governare anzitutto sé stessi e la propria casa per poter governare anche gli altri, l'idea che la maggior guerra sia quella contro se stessi, l'esistenza assunta come somma di benefici che occorra restituire, il rispetto e la pietà verso ogni vivente, la vita che si acquista perdendola, la tranquillità e la pace che vengono dalla certezza di una giustizia non affidata alla storia, questi e altri sono gli antichi, profondi convincimenti che molta parte, la parte migliore dell'umanità, ha posto a base del suo vivere in società, ha espresso in una straordinaria varietà di culture popolari tra loro non isolate e ha trasmesso, soprattutto attraverso la sapienza della donna, sino al momento presente" (1). Questa pagina non indica né un consenso universale già esistente né la delineazione di un semplice principio o ideale; dicendo "molta parte, la parte migliore dell'umanità" formula insieme un fatto ("molta parte") e un giudizio ("la parte migliore"); come a dire che siamo in cammino verso il consenso: né già arrivati né sul punto di partenza, ma in una situazione in cui l'incontro, il dialogo delle culture, è insieme necessario e possibile, irrinunciabile e percorribile. In questo dialogo bisognerà distinguere e insieme connettere due momenti: da un lato determinare una base comune, e questo è il compito delle istituzioni politiche e giuridiche; dall'altro arrivare a un consenso delle coscienze, e questo mi sembra urgente soprattutto in Occidente, dove sempre più forte appare lo scollamento tra il livello istituzionale, che è alto (coscienza dei diritti dell'uomo, del rispetto, ecc.), e il livello di coscienza vissuta (non solo nel senso della coerenza, ma anche in quello del riconoscimento convinto), che è di grande di incertezza. A questo punto possiamo dire che nuova laicità è la convinzione che non c'è nessuna cultura (religiosa o laica) che non possa dare il suo contributo positivo alla scrittura di questo codice etico ideale, e d'altra parte non c'è nessuna cultura che possa considerarsene il luogo integrale. (1) P.C. Bori, Per un consenso etico tra culture. Tesi sulla lettura secolare delle scritture ebraico-cristiane, Marietti, Genova 1991, 88-91. ♦ LEZIONI
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