impotenza dietro cui ci si nasconde è del tutto ingiustificato. Pur dentro al sistema è possibile tenere dei comportamenti che sono contrari al sistema. Queste iniziative allora sono impor~anti per far nascere una coscienza nuova, anzi, quell'uomo geneticamente nuovo, planetario, di cui parlava Balducci. A questo proposito la Chiesa ha delle responsabilità enormi. Quando enfatizza solo la morale sessuale elaborando oltretutto una casistica incredibile, quando non si pronuncia sull'utilizzo che le banche fanno dei soldi o sulla liceità delle lotterie, allora la Chiesa non fa altro che prendere in giro se stessa e diventa funzionale al sistema. Se il quadro è fosco, quasi disperato, da dove ricominciare? Che consigli daresti a chi è impegnato o vuole impegnarsi o non si rassegna a questo stato di cose? Da dove cominciare? Non è facile rispondere. In giro per l'Italia ho incontrato mille gruppi grandi e piccoli di · persone che si danno da fare. Però questa ricchezza rimane sommersa e non si traduce in una presa di posizione politica. Invece bisogna parlare, far sentire delle voci alternative, pur con i nostri poveri mezzi, bisogna fare venire alla luce questo sommerso e renderlo visibile a livello di of inione pubblica: è questo i primo passo da compiere. È importante che nasca dal basso un movimento che spinga i politici a fare discorsi nuovi; cosa che in Italia non è avvenuta neppure sull'onda di Mani pulite. L'occasione, purtroppo, è stata perduta. In secondo luogo bisogna far capire alla gente che il cambiamento non lo dobbiamo fare per aiutare chissà chi in Africa o in America Latina, lo dobbiamo fare per noi. Bisogna capire e far capire che o la storia fa un salto, una svolta - ma in fretta, _senz~perdere tempo - o c1 avvieremo verso un'immane tragedia. E, di questi tempi, non si sa a cosa possano condurre le tragedie. È su questi argomenti che dobbiamo far leva, perché nessun uomo ha istinti suicidi, a meno che non sia traumatizzato o non si trovi in situazioni disperate. Sono convinto che sarà la logica stessa di questo sistema che ci porterà a scelte radicali, perché 'LQQ. ormai siamo arrivati alla fine di questo ciclo e anche gli scienziati amerciani ci danno al massimo 80 anni per correggere la rotta. La gente deve avere ben chiaro in mente che non si chiede a nessuno di fare l'asceta. Magari almeno il 20 per cento dell'umanità fosse veramente felice!Ma non è Nigeria: così, perché ci si sente oggetti, non si hanno speranze e non si sa per cosa si vive. E allora, se questo benessere non solo non ci rende felici ma oltretutto ammazza milioni di persone, significa proprio che siamo alla fine della corsa. ♦ la via dello sfruttamento Alex Zanotelli , Alex Zanotelli è missionario comboniano, già direttore di "Nigrizia". Il testo che pubblichiamo è apparso sul n.2, febbraio 1996, di "Aspe". ♦ L'impiccagi~ne dello scrittore Ken Sara Wiwa avvenuta il 1 Onovembre .1995 è emblematica per chi vuol capire quali legami esistono fra lo sfruttamento delle multinazionali e la distruzione ambientale e culturale. Lo scrittore è stato impiccato dal regime militare di Sani Abacha che governa con pugno di ferro la Nigeria. Ken era diventato, negli anni, l'esponente più ascoltato del popolo ogoni, un'etnia di 500.000 persone che vive nel delta del fiume Niger. In Nigeria si parla degli ogoni in tono di disprezzo forse perché si tratta di un gruppo economicamente arretrato, che ha vissuto in relativo isolamento. Le terre degli ogoni sono devastate dall'industria petrolifera, ma gli alti redditi prodotti da quest'industria non si sono materializzati sul delta, bensì in territorio hausa a nord. Lo scrittore nigeriano denuncia va lo sviluppo delle multinazionali del petrolio e sottolineava come il denaro proveniente dal petrolio venisse ingoiato dalla classe corrotta aei militari e dei politici. Per questo si è dedicato all'organizzazione della resistenza giungendo fino a bloccare nel 1993 il progetto di sviluppo del Meng, il cui principale azionista è la Shell con il 24%, mentre l'Agip ne detiene il 10%. Saro Wiwa ha visto con estrema chiarezza quello che il progetto di sviluppo petrolifero avrebbe prodotto sia in chiave ambientale sia in chiave di destrutturazione culturale! "I danni ambientali sono devàstanti", afferma Komenee Famaa, attivista nigeriano. "Il nostro è un piccolo territorio sul quale si intrecciano oleodotti, non interrati ma esposti al s.ole e alle intemperie. Così arrugginiscono (anche per la totale mancanza di manutenzione) e s'incrinano. L'inguinamento idrico e atmosferico (per via degli impianti che vengono usati ininterrottamente giorno e notte) ha raggiunto livelli tali che le piante muoiono e la terra risulta non più coltivabile. I pesci muoiono o fuggono in mare... Le lamiere ondulate che ricoprono i tetti sono corrose dallepiogge acide." Ken aveva reclamato una quota degli introiti petroliferi come compenso dell'abbassamento del livello di vita. Introiti che finiscono in buona parte nelle tasche dei militar~. Di g_1;1lai reazione del regime miluare. L'altro aspetto della denuncia di Saro Wiwa è il legame esistente fra distruzione ambientale e distruzione culturale. E il nesso fra i due è molto stretto. Quello che ci dimentichiamo in tutta questa storia sono le nostre responsabilità. Infatti dietro alla Shell ci sta l'Agip ... La Nigeria è il paese del1' Africa nera da cui l'Italia importa più petrolio. Ma guarda caso, è anche il paese
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