La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

dubbi di rimanere incastrato in pastoie burocratiche, devo sfatare subito questo timore. Al contrario vorremmo più riconoscimenti della nostra attività proprio dal punto di vista economico." Con Silvia possiamo avventurarci nel Link. Nell'insresso c'è un bar che ricorda la scenografia di Metropolis. "Questo era un rullo trasportatore che stava in questa struttura ed è stato trasformato in un bancone da un gruppo di persone che hanno un'officina .dove riciclano e riassemblano materiali di ferro per creare oggetti e sculture." Prima qui alloggiavano le farmacie comunali, un grande deposito di medicinali. Ora si ospitano eventi musicali e una programmazione cinema e video: schermo e cabina di proiezione rigorosamente autocostruiti. Nella sala blu Robert Altman, gli inediti; una video retrospettiva su Paul Garrin, documentarista americano del degrado sociale; rassegna sulle produzioni televisive di Jean-Luc Goclard; incontro con Ninì Candalino e Valentina Valentini, teoriche della produzione video. Vengono anche "prodotte" delle cose al Link, sia nel campo video e cinematografico che nella didattica. C'è una scuola popolare di musica che si chiama Ivan Ilich. La sala bianca viene utilizzata per teatro e danza. È grande, con una specie di mosaico disegnato sul pavimento, sulle pareti un grande murales verde e blu. " È la traccia dell'ultima produzione teatrale fatta qui al Link da Motus". In quello che una volta era il garage delle farmacie comunali troviamo altri ambienti. Un book-shop dove vendono da libri a videocassette di case editrici più o meno visibili. "Qui esiste un_'altra piccola sala cinema, per una quarantina di posti, in cui viene fatta una programmazione in super otto per quello che chiamiamo Cnn, cinema notropico notturno. Notropico è un termine che viene usato in farmacologia e significa nutrire il cervello. È una programmazione che inizia a mezzanotte e che mostra prodotti dell'immaginario televisivo che hanno rovinato le nostre vite come H eidi o i film dei Beatles." Semf're nei sotterranei c'è il laboratorio delle "officine J.F. Sebastian", stasera chiuso. "È il deposito, il rria_gmada cui attingono questi autocostruttori. E curioso vedere come abbiano attrezzato questo spazio per vivere ventiquattro ore su ventiquattro perché non è solo un cumulo di macerie a cui uno può pensare ma un luogo dove fare prove musicali, c'è l'angolo del tè con tavoli e divani. Le sculture spesso diventano parte delle scenografie di spettacoli teatrali: l'essere una macchina complessa significa anche mettere a disposizione reciprocamente capacità per potere andare oltre se stessi." La scultura rappresenta un cavaliere, è fatta di serbatoi di motocicletta, ammortizzatori e molle varie ed effettivamente guardando nel laboratorio si intravedono in fondo batteria, percussioni e divani ma soprattutto un gran numero di televisioni e biciclette scassate. Silvia risponde con aria stupita alla domanda se ci siano persone che dormono al Link. "Non è un'abitazione, è uno spazio che va vissuto ventiquattro ore al giorno. Capita che qualcuno decida di lavorare alle cinque di notte perché il suo bioritmo gli dice: devo fare quella salçiatura" . RiGmpire lo spazio e il tempo sembra essere l'occupazione maggiore di questo particolare spazio autogestito. Sul Link la critica più aspra è sintetizzata dalla battuta di un ragazzo di Torino: "Pensa, fatturano pure i concerti". A Padova, percorrendo via Annibale da Bassano sulla statale che porta a Trento, dopo un'interminabile serie di pompe di benzina c'è una scritta con lo spray rosso: a cento metri la libertà. Infatti in via Ticino sorgono i due capannoni in muratura col tetto spiovente che costituiscono la sede attuale del Csoa Pedro. È in una zona di abitazioni e depositi, l'inizio della periferia di una qualunque area urbana anche piccola come Padova, una città dove i postini girano in bicicletta. È pomeriggio e incontriamo il collettivo degli studenti medi del Pedro. Curioso come dalla loro prospettiva generazionale considerino l'occupazione come un fatto compiuto, che appartiene già alla memoria storica. Pietro spiega la sua visione del Pedro. "Questa è una zona abbastanza carica di spazi perché ci sono un sacco di capa_nnoni che non vengono utilizzati e che sono di privati oppure del Comune, come nel nostro caso. Noi riteniamo che sia un diritto avere spazi di asgregazione come questo, all'interno dei quali fare varie attività che vanno dalla politica ai concerti. Per esempio ieri sera c'è stata da una parte una proiezione cinematografica e dall'altra quella degli incontri di calcio della Coppa d'Africa, su un grande schermo." La città difatti è cosparsa di manifestini gialli con scritto in sette lmgue: dai un calcio al razzismo. Si invita la popolazione a partecipare al rito collettivo del calcio, seppur mediato dalla televisione. Probabilmente come in molti centri sociali d'Italia anche al Pedro c'è una particolare attenzione ai temi dell'immigrazione: "Abbiamo un'aula dove due volte alla settimana si tiene una lezione di italiano per stranieri, vi partecipano tra i venti e i trenta extracomunitari e il personale docente è costituito da insegnanti che fanno questo lavoro volontario per impegno sociale". Prima di raccontare la dinamica dell'occupazione Pietro premette: "Io ho diciassette anni e frequento il Pedro da un anno e mezzo. Questo posto c'è da otto anni e il nome deriva · da un compagno, Pietro Maria Walter, ammazzato dalla polizia a Trieste. È per ricordare, perché non deve morire mai il ricordo di ciò che Pedro ha portato ai movim•enti antagonisti. La sede del Pedro è cambiata varie volte per via degli sgomberi. Dopo sette anni il Comune si è arreso, nel vero senso SUOLE DI VENTOl

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