La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

ampio che ha cominciato con il doposcuola, soprattutto per affiatare e responsabilizzare i propri componenti, per arrivare dopo un po' a organizzare i giochi e il laboratorio di manualità con la ceramica, i colori e altri materiali. Un altro gruppo, formato da studentesse e donne del quartiere, è cresciuto col tempo, sopratt1:1ttodopo essersi assicurato la disponibilità e l'esperienza di una psicologa e di una sessuologa. In realtà è chiaro un po' a tutti (tra l'altro molti dei primi occupanti sono ragazzi della zona) che con il quartiere alla fine bisognerà fare i conti, a maggior ragione dopo aver constatato l'astuta posizione di attesa del Comune, da un lato impossibilitato a farsi carico della struttura tanto da restare indifferente anche all'apt'ello di alcuni intellettuali a favore dell'archivio, dall'altro restio a compiere un atto impopolare, fidando piuttosto nell'azione logorante del tempo. Dai.rapporti con l'ambiente circostante dipende la vita stessa dei centro. Dal quartiere bisogna difendersi. Bisogna difendersi dagli atti di vandalismo, dai furti, dalla violenza degli stessi.ragazzi che trascorrono i loro pomeriggi ciondolando nel parco, ben disposti a orgamzzare i giochi, a collaborare e anche a confidarsi, ma ancora troppo "lontani" per frenare l'istinto (auto)distruttivo verso un luogo che ancora non gli appartiene. Bisogna difendersi anche da entità immateriali, dalle parole, dalle voci, dalle dicerie che alimentano l'ostilità, sqllecitate e raccolte da forze ben concrete che allestiscono per l'occasio.ne subdoli comitati di quartiere e petizioni popolari, quelli a cui fa comodo che il parco ntorni terra di nessuno, e poi gli altri, per i loro scopi espansionistici e di consenso, a cominciare dal circolo locale di Rifondazione. Con il quartiere bisogna soprattutto convivere e collaborare. Un modo è, per esempio, la raccolta dei piatti casa per casa, avviata all'inizio dell'anno senza svelarne lo scopo - chiedendo semplicemente un piatto per il Dam -, una raccolta che culminerà nella costruzione di una grande installazione nel parco a marzo, durante le quattro giornate dedicate ad Antonio Neiwiller, attore e regista teatrale napoletano scomparso due anni fa; un'occasione di partecipazione e al tempo stesso un modo per farsi conoscere e per conoscere meglio il quartiere, per cat'ire se ci sono lotte e iniziative che si possono mtraprendere insieme, magari per rendersi conto che vale la pena farlo proprio con gli ultimi arrivati, i tanti immigrati che si incontrano nella zona ma di cui al centro non si è mai vista traccia. Naturalmente si tratta di un cammino accidentato, in cui chi non vuole mettersi in gioco e andare fino in fondo prima o poi cede alla tentazione di rinunciare di fronte all'ostacolo. Al momento, per quanto riguarda in particolare l'intervento sul territorio, dove si è affiancati ·e sorretti da una guida competente ed esperta si fanno progressi e passi in avanti, mentre non se ne fanno dove questa competenza non c'è, e soprattutto manca la curiosità necessaria per acquisirla e il sentimento della necessità di farlo. ♦ SUOLEDI VENTO CENTRI SOCIALI BOLOGNA, PADOVA: DAL LINK AL PEDRO PieroPugliese .. Ecco due tappe di un viaggio nei centri sociali in Italia, due realtà molto diverse tra loro che hanno in comune l'esperienza dell'autogestione. Si tratta di Link Project a Bologna in via Fioravanti e del Pedro a Padova in via Ticino. A•Bologna accanto al mercato ortofrutticolo di via F10ravanti, quindi in un gemellaggio tutto metropolitano con Pirateria a Roma, ha sede Link Project. L'ingresso è contrassegnato da un lungo affresco ondulare in campo blu dove risaltano ingranaggi color oro. Aperto sei giorni su sette, questo progetto viene animato da una quarantina di persone, divisi in gruppi di lavoro dette "redazioni". Silvia spiega con puntiglio origini e finalità di questa esperienza di autogestione: "Non è un posto occupato il Link. Ha una storia molto strana rispetto alla città e direi anche rispetto all'Italia, perché nasce da una serie di trattative che abbiamo voluto fare con l'amministrazione comunale uscendo da storie precedenti di occupazioni. Però questo .è uno spazio che è stato dato dal Comune. È uno spazio anche abbastanza grande che ci è stato dato nudo e crudo e che noi abbiamo riempito con progetti e attività." Breve passo indietro sulla storia dell'occupazione degli spazi a Bologna. "È importante aa segnalare l'esperienza de L'isola del cantiere che è durata circa due anni e che è finita tre anni fa. È stata una realtà anomala rispetto a quelle di tipo ortodosso, quelle solo politiche. Era animata da un'area punk-creativa, come qualcuno la chiama. Questo essere slegati da una visione strettamente politica ha consentito di fare delle proposte culturali davvero interessanti come per esempio l'esperienza del Nuovo Cinema Inferno che è nata lì dentro. I primi film horror, splatter, il B-Movies americano di cui oggi tanti parlano, sono stati fatti vedere a Bologna cinque anni fa in uno scantinato umido che adesso è il retro dell'Arena del Sole, un grande teatro bolognese. Tutti i gruppi dei graffitisti che adesso lavorano a Bologna sono nati da quello spazio." "Finita questa storia, parte degli abitanti de L'isola del cantiere sono confluiti in un movimento di occupazione di case in via del Pratello, una strada storica bolognese che non era stata ancora mangiata dal centro commerciale. Anche lì sono stati fatti esperimenti produttivi, come Prati Tv, una televisione di quartiere che ha trasmesso ventiquattro ore non-stop mettendo in movimento tutta l'~rea di filmmaker e video-maker della zona." "L'ultima occupazione, il Livello 57, si è trasformata in un esperimento simile al Link. Hanno lasciato lo spazio occupato in origine per prenderne in gestione un altro dato dal Comune. Se qualcuno inizialmente aveva dei

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