La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

menti si pongano in relazione a condizioni, costrutti e costrizioni sociali, o come la collettività agisca nel modellare la vita degli individui. Da questo modello/ideologia sorgono altri problemi, che riguardano questioni fondamentali di obiettività scientifica e di produzione delle conoscenze scientifiche. I canoni dell'obiettività scientifica, secondo il modello biomedico in auge, tende a screditare le opinioni e le esperienze dei pazienti, visti solo come "oggetti" della ricerca scientifica e della pratica medica. Solo i medici e gli scienziati vengono considerati come i possessori delle conoscenze e delle capacità tecniche per definire le malattie e proporre motivi di ricerca. Solo in casi rarissimi è aperta una discussione con le persone direttamente colpite dalla malattia. Ciò che il/aziente crede o sente viene a essere considerato come superstizione , o cattiva informazione. Il lato soggettivo e la cultura personale ~sia del medico che del paziente- vengono ritenuti irrilevanti per la "vera" conoscenza scientifica, che quindi viene a collocarsi al di fuori del contesto sociale. L'individualismo biomedico imperante comporta dunque che il medico consideri I pazienti-individui senza tener conto del contesto sociale delle loro vite, della loro storia e delle loro prospettive future. Negli Stati uniti d' America, questa distorsione fondamen tale è agsravata dalla struttura del sistema sanitario, basato in primo luogo sul pr~fi,~to ~~,onomico. Non so~ lo I casi vengono trattati solo se economicamente remunerativi, ma devono essere trattati anche in modo da evitare problemi economici in seguito, problemi che in genere si presentano sotto forma di richieste di risarcimento per malpractice medica. Il metodo per evitare richieste di risarcimento che vengano accolte da un tribunale è quello di seguire rigidamente protocolli diagnostico-terapeutici standard, che appunto non diano adito a contestazioni. I medici statunitensi si trovano dunque a seguire non persone (i loro "pazienti") ma procedure. Ponete la donna che abbiamo in breve delineato più sopra a confronto con questo sistema medico, imbevuto di questa ideologia, e avrete il disastro più completo. La donna, che ha appena avuto una crisi respiratoria che l'ha portata a una grave emorragia che per r,oco non la uccide, secondo il medico "amico" di famiglia è sana. Le analisi vanno bene, non si evidenzia alcuno dei segni specifici di alcuna patologia, e quindi lei è a posto. Ci devono essere "in lei" dei motivi che la spingono a star male senza essere malata: le viene consigliato di rivolgersi a uno psichiatra. L'incontro con lo psichiatra sarà un nuovo fallimento dato che si svolge nello stesso ambito culturale appena descritto. A questo punto nel film si rende evidente un'altra delle distorsioni causate dall'individualismo biomedico: siccome l'individuo è libero, ha tutte le opportunità di scegliere, se ha dei problemi "la colpa è solo sua". Il passo successivo, necessario, è quindi quello di "estrarre la soluzione da se stessi" - secondo una formula ricorrente, ad . . . esempio, nei personaggi straziati (anoressiche, suicidi, stupratori) di Frank Bidart. La donna inizia a frequentare un "gruppo" di auto-aiuto che riunisce un insieme di individui che non costituiscono in nessun caso una collettività, che enunc;ano i propri problemi collegandoli sì al proJ?rio ambiente ma fermandosi a cause superficiali, per cui i rimedi proposti sono praticamente "cosmetici" (vestire fibre naturali, usare filtri per l'aria in una stanza che sia il proprio rifugio, evitare sostanze chimiche, porcellanare la propria stanza ... ) e naturalmente non danno sollievo oggettivo se non quellò legato alla sensazione che si stia "facendo il possibile" per guarire. La conseguenza successiva è la segregazione in una "comunità di recupero". I,,a comunità new age che accoglie la donna è un classico museo degli orrori che raccoglie macerie umane illudendole di poter trovare una soluzione, che è quella - ovvia, a questo punto - di ricreare se stessi ricreando quindi il proprio mondo. Si tratta di una comunità chiusa dove regna la più barbara mistificazione, dove il lavaggio del cervello attraverso l'autoaccusa (la ricerca e la minuziosa diesamina delle proprie "colpe") parossistica porta ad ancora più gravi stati di alienazione e malessere. Gli unici che traggono benefici da queste comunità sono coloro che le gestiscono: "in riabilitazione, anch'essi" (proprio come nella poesia di Merrill), loro sì che hanno "creato un mondo", un mondo che controllano dispoticamente e dal quale estraggono non indifferenti remunerazioni materiali. Lasciamo la donna mentre si osserva allo specchio dentro un igloo porcellanato lasciato libero da un ospite della comunità appena deceduto. ♦

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