La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 12 - febbraio 1996

ARTE E PARTE Il pesciolino rosso: Kiarostami e i desideri dell'infanzia Paolo Mereghetti Con la forza dirompente di uno sguardo infantile, Il palloncino bianco ci fa entrare in un mondo che altrimenti avremmo trovato chiuso per noi pubblico perché straniero e incomprensibile, ma chiuso anche per chi, c9me regista, avrebbe dovuto fare i conti con ciò che è proibito o sottoposto a censura. Una specie di miracolo, più potente di una parola magica, capace insieme di ridare vigore (e futuro) al cinema tutto.È !"'innocuo" realismo con cui Jafar Panahi segue, praticamente in tempo reale, un paio d'ore nella vita della Razieh non più solo la chiave espressiva di un cinema (e di un cineasta) che si affacciano timidamente al mondo, ma la scelta adulta di chi vuole percorrere con ostinazione un sentiero innovativo. Il palloncino bianco nasce da una sceneggiatura di Kiarostami, affidata per la realizzazione a chi gli aveva fatto da assistente sul set di attraverso gli ulivi; la storia è quella di Razieh, una bambina di sette anni, che un paio d'ore prima dello scoccare del capodanno iraniano - il 21 marzo - convince la mamma a darle la sua ultima banconota per comprare un pesciolino portafortuna; l'ora e mezza del film è occupata dalle peripezie di Razieh, che prima sembra farsi affascinare dal variopinto mondo che scopre fuori dalle mura protettive di casa (rischiando anche di fare Y.QQ_ "brutti" incontri) e poi si focalizza nel disperato tentativo di recuperare la banconota che le è caduta attraverso la grata di tombino: niente di più, ma anche niente di meno, perché il campionario d'umanità che la bambina incontra nel tentativo di cercare aiuto - un sarto, un militare in libera uscita, un venditore afgano di palloncini - più che servile per ripescare i soldi, aiuteranno lei (e noi) ad "aprire gli occhi anche su quello che è bello da vedere". Una lezione morale, dunque, filtrata attraverso le maglie di un episodio di vita vissuta, come ci hanno abituato da sempre le cinematografie dei Paesi (più o meno) totalitari. Una necessità per poter parlare della politica della società, della realtà attraverso l'esempio di un metafora o di un apologo. Ma mentre una certa tradizione che ci arriva soprattutto dai Paesi dell'Est - ci ha abituato a un linguaggio capace di "superare" la realtà con la forza delle propri e immagini più o meno espressionistiche ( Underground ne è l'ultimo significativo esempio), come se il mondo fosse guardato "dall'alto", la via aperta da Kiarostami e seguita anche da Panahi è come se ci arrivasse "dal basso", dal grado zero del realismo cinematografico, tornato a pedinare il mondo reale apparentemente senza il supporto di nessun bagaglio ideologico. Proprio con la ~ stessa innocenza e la stessa imme~iatezza dello sguardo di un bambino. Salvo poi scoprire che quello che potrebbe essere letto come semplificazione e inaridimento delle potenzialità del reale diventi - proprio per il miracolo di una . ritrovata "integrità" espressiva - la porta migliore per tornare a imparare come si deve guardare il mondo. Come già per i capolavori di Kiarostami, anche questo palloncino bianco ries_cenell'operazione che Wenders ha cercato invano di risolvere con troppi film presuntuosi: ritrovare un occhio innocente sulle cose, dove ·innocenza non vuol dire incapacità di capire davvero tutte le sfumature del reale, ma si rivela come l'unica strada per riuscire a guardare (e a far vedere) anche "quello che non è bello". O non è giusto. O non è permesso dalla censura. · Ecco che allora la disponibilità della piccola Razieh a coinvol~ere e farsi coinvolgere da chi passa, diventa il massimo di libertà espressiva possibile, la forma più immediata (e più semplice: nel senso più forte del termine. Verrebbe da dire "evangelico": se non tornerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli) m~ anche più alta di "realismo". Solo così, infatti, so possono apprezzare fino in fondo gli stimoli che ci arrivano dall'Iran, da questo cinema iraniano, dove non tutto è allo steso livello (Kiarostami - e i suoi allievi come Panahi - sono molto più avanti di qualsiasi lettura ideologicamente neorealistica), ma che nelle sue punte migliori ci insegna ad. aprire gli occhi di nuovo; La lezione del Palloncino Bianco, allora, diventa quella di chi da una parte riesce ad aggirare i condizionamenti della censura per dimostrare non esistono argomenti proibiti, ma piuttosto modi diversi di affrontarli; e dall'altra si trasforma nell'esempio limpidissimo e ficcante di come sia possibile ridare forza ed energia al cinema arrivato alla boa dei suoi cent'anni, liberandolo dalle pastoie di una asfittica cinefilia e ridando al "realismo" la forza dirompente della poesia capace di lasciare disarmato lo spettatore. ♦

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==