volgono la concezione stessa del prodotto e quindi entrano direttamente all'interno del progetto industriale. Non bastano più le idee "immagine", esse devono essere ancorate a valori irrinu_nciabili che ~ei:i&a~ no conto d1 una sostenibilita nei confronti delle risorse, di un rispetto nei confronti dèl1 'uomo. La comunicazione non è più solo persuasione ma anche trasmissione di senso. Si delinea così, forse, si spera, un alone "umanistico" nel territorio dei profitti, che non può trascurare il rapporto con quei settori della sperimentazione pura, della ricerca artistica. Proprio in quello spazio, cioè, dove le idee sono collegate alle visioni. Questo avvicinamento sarà condizione per rilanciare una cultura industriale legata a uno sviluppo tecnolo~ico non solo orientato sul piano strumentale, sarà un prezzo per l'arte per avere mezzi, potenzialità e efficacia espressiva. Lo Stato, in tutto ciò, dovrebbe sorvegliare lo sviluppo, l'equilibrio, l'autonomia di queste connessioni, intervenendo con leggi poco onerose ma con forti possibilità di ritorno su tutti i piani - per esempio con la detassazione degli interventi a favore di queste iniziative. Formazione continua L'altro segnale, ancor più lampante, viene dalla scuola, dalle università. È palese il gap che distanzia questi mondi dal mondo esterno, e si tratta di una distanza su tutti i fronti: quello dei contenuti, quello dei metodi, quello delle relazioni tra varie parti. Si manifesta col diffuso disinteresse degli studenti, la radicata demotivazione degli insegnanti e l'atmosfera depressa di tutto l'ambiente. Occorrerebbe ribaltare tutta l'istituzione ma credo che, date le proporzioni, sia pressoché impossibile. Inoltre c'è da dire che anche i tentativi di portare qualche aggiornamento all'interno che sia più riferito al contesto contemporaneo si scontrano con l'impossibilità di dare una "ragione" disciplinare a certe manifestazioni di oggi. Cioè fissare in schemi didattici una fluidità sociale, scientifica, espressiva che si trasforma giorno per giorno. Unico sbocco per agganciare alla scuola, e sarà necessario farlo, questa dinamica, sarà concepire la scuola più a forma laboratoriale affinché si crei in modo sperimentale questa relazione. In questo modo, l'istituzione dovrà "aprirsi nello spazio", coinvolgendo realtà esterne e a sua volta disseminandosi all'esterno, e "dilatarsi nel tempo", promuovendo accanto alle lauree brevi, quelle "infinite" - fuor di battuta, venendo incontro a quella esigenza di "formazione continua".che l'epoca richiede. Questo "esplodere" creerebbe un inevitabile intreccio tra pubblico e privato, tra formazione e industria, tra scuola e vita. Anche qui lo Stato vigilerebbe su questi equilibri e sulla distribuzione equa del suo servizio, ricevendo in cambio competenze ed esperienze fornite dall'esterno e orientate a scopo formativo. Le scuole diventerebbero da aree depresse (ospizi per giovani! dicevamo)_ cantieri_ di formaz10ne e sperimentazione, ambiti vitali e coinvolgenti che si prolungherebbero nell'area produttiva del Paese. Tra questi punti e in tutto questo caos, si possono in defini ti va intravvedere anche qualche luogo, qualche modo e mezzo eer riqualificare la ricerca artistica, per farla crescere e vivere all'interno di una dinamica sociale e farla tornare a produrre le sue visioni sensate. ♦ YJX1.
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